se uno non capisse subito che si tratta di un film giapponese (di Ryusuke Hamaguchi, non Tamagotchi) penserebbe di essere capitato dentro un film francese, magari di Éric Rohmer.
i tre episodi sono completamente slegati fra loro, autonomi, in comune hanno il caso, l'equivoco, le coincidenze, una qualche forma di amore o di affetto.
nel primo episodio un tombeur de femmes non sapeva una cosa, una sfortunata coincidenza, nel secondo un errore di scrittura provoca un danno enorme, una trappola che non lo era più, e poi tutto si complica, e nel terzo due donne si incontrano, e ognuna vede nell'altra quella che avrebbe voluto vedere, e nella finzione riescono a dirsi quello che avrebbero voluto, alla persona sbagliata, ma non importa, è come se fosse la persona giusta.
piccolo grande film, non perdetevelo, al cinema, in una ventina di sale - Ismaele
Tre storie di rivelazioni e coincidenze nel Giappone d'oggi.
Nella prima, una ragazza si rende conto che la sua amica ha incontrato e si sta
invaghendo del suo ex-fidanzato, e deve decidere come comportarsi. Nella
seconda, uno studente vuole vendicarsi di un professore che lo ha bocciato, e
persuade una studentessa a incastrarlo con un tentativo di seduzione dagli
esiti imprevisti. Nella terza, due donne si riconoscono reciprocamente per
strada come due importanti figure del rispettivo passato, ma un pomeriggio
insieme farà venire alla luce una realtà un po' diversa…
…Magia, Porta spalancata e Ancora una volta - questi i titoli dei tre 'mediometraggi' che
compongono il film - agiscono sullo spettatore
mentre il destino intessuto da Hamaguchi agisce sui personaggi,
in un film verbale che fa un uso incredibile del piano d'ascolto e sublima la
potenza del dialogo scritto e recitato, senza però dimenticare l'importanza fondamentale
delle immagini.
Il
film, che è arrivato in Italia all'inizio dell'estate in concorso al Far East
Festival di Udine, adesso è disponibile nei cinema grazie a Tucker Film e
ribadisce il talento di uno degli autori più impressionanti e originali del
cinema internazionale: del resto pochi al mondo sono
in grado di lavorare così bene con le parole e con gli attori come Hamaguchi,
in precedenza già autore di film potentissimi come Happy Hour (un dramma di cinque ore - ! - sulla
vita sentimentale di quattro protagoniste) e Asako I-II,
tormentato dramma sentimentale su una ragazza che dopo aver perso l'amore della
sua vita si invaghisce di un suo sosia. Senza dimenticare la
sceneggiatura di Wife of a Spy,
nuovo acclamato thriller di Kiyoshi Kurosawa firmata proprio da Hamaguchi…
Come
suggerito dal titolo, sono il destino e la fantasia i
concetti-chiave intorno ai quali ruotano i tre racconti e i personaggi che
animano Wheel of fortune and fantasy. Tre episodi, o forse sarebbe
meglio dire tre variazioni, tre movimenti della medesima sinfonia su schermo,
tre passi a due nel medesimo eterno ballo dell’esistenza, che mettono in scena
altrettante donne alle prese con le differenti manifestazioni della casualità
della vita, nello sviluppo e nel modificarsi di rapporti umani che, come tutti
i rapporti umani, non possono prescindere dall’inventiva e dall’immaginazione.
È il caso ciò che regola gli incontri, che fa passare proprio in quel momento
di fronte a quel bar, che fa salire proprio su quell’autobus, che fa incrociare
proprio su quella scala mobile, che fa sbagliare il destinatario di una mail o
che interrompe un ritrovato idillio per recuperare il computer in ufficio, ed è
la fantasia ciò che comanda le scelte con cui approdare all’uno o all’altro
finale, con cui sedurre o scoprirsi sedotti, con cui tentare di forzare la
mano, con cui definitivamente svelarsi o ancora impersonare i sentimenti di
chissà chi con il nobile scopo di rendere, almeno per un attimo, qualcun altro
felice. Eppure, fra le mille coincidenze che puntellano il film di Ryûsuke
Hamaguchi, non è in alcun modo fortuito che a fare da filo conduttore della
mini-trilogia ci siano le note romantiche del Kinderszenen e
del Waldszenen, opere 15 e 82 di Schumann di cui è forse massima
interprete mondiale la pianista Kei Itoh. Una donna che, nell’emblematica
iniquità di una società nipponica in cui ancora oggi sposarsi vuole dire
prendere il cognome del marito rinunciando per sempre a quello da nubile, ha
saputo emergere fino ad arrivare al successo e alla vetta, vincendo quella
sistemica repressione sessista per cui le brillanti protagoniste ancora
correggono bozze mentre i più mediocri fra i loro compagni di studi
diventeranno editori senza aver quasi mai letto un libro…
…Le
donne di Hamaguchi non hanno vita facile – il regista tratteggia in maniera
decisa la situazione femminile in un Paese in cui le pari opportunità sono un
traguardo ancora lontano, nel quale spesso alle donne, proprio come nel film, è
preclusa la possibilità di aspirare a posizioni lavorative di livello pari a
quello dei colleghi maschi -, ma si adattano con coraggio alla discontinuità e
alla realtà sempre più relativa. Tra dialoghi rohmeriani e rovesciamenti
improvvisi, lo spettatore non può non essere catturato dai colpi di scena, ma
anche da uno stile minimale - che rimanda ai grandi maestri del cinema
classico, a Ozu, a Naruse -, finendo per cedere al fascino di quel «qualcosa di
meno rassicurante» che si insinua nelle pieghe del film, così come della vita.
La ricerca dell’equilibrio, nel gioco delle rappresentazioni e dei sentimenti
che mutano e si trasformano, lascia il lieve frastornamento da galleria degli
specchi, ma è senz’altro coinvolgente.
Così
come risulta intrigante il sesso raccontato, che esordisce lieve nei dialoghi
del primo episodio per poi erompere, con intensità e ironia, nel secondo. Il
lungo insistito segmento di lettura erotica della ragazza che tenta di sedurre
il bizzarro docente, nella stanza con la porta sempre aperta (dal titolo
dell’episodio), è una perfetta composizione di elementi, a partire dalla
suadente voce della donna, alle espressioni sorprese dell’uomo, al movimento di
chiusura della porta (lei) e di riapertura (lui), all’interazione con il
corridoio al di fuori del piccolo studio, nel quale transitano altre persone e
in cui a tratti si sposta la macchina da presa, con un’alternanza
esterno/interno quanto mai evocativa.
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