mercoledì 6 novembre 2019

Tutto il mio folle amore - Gabriele Salvatores

avevo letto Se ti abbraccio non aver paura, il libro (che mi è piaciuto molto) a cui si ispira liberamente il film, e nel film si respira l'aria del libro.
gli interpreti sono bravissimi e sono un valore aggiunto della storia e sopratutto Claudio Santamaria e Giulio Pranno sono perfetti, quei due rendono il film indimenticabile.
non perdetevelo, non vi lascerà indifferenti, se siete ancora vivi.
buona visione - Ismaele






Salvatores ritorna al suo primo amore, il Road Movie. E lo ringraziamo per questo.
E' un genere che lo vede maestro, lo ama talmente tanto da autocitarsi facendo dire a Willy la famosa battuta di Marrrakesh Express "Erano anni che non mi divertivo così."
Tutto il mio folle amore (che è una canzone di Domenico Modugno) pur ispirandosi alla vita vera di Franco e Andrea Antonello non è un viaggio all'interno dell'autismo ma un confronto tra due mondi.
Quello disordinato e senza regole di Willy che la genitorialità impone un'inversione di tendenza e quello rigido e abitudinario di Vincent che in questo tour fatto di matrimoni e gare di danza scoprirà l'amore, l'alcool, il sesso, la musica ma soprattutto un modo diverso di vedere la vita nonostante la sua prospettiva.
A rendere magico questo film sconclusionato che avanza a strattoni ma che esplode con vette di poesia ci pensano i tre attori protagonisti decisamente bravissimi.
Un Diego Abatantuono da David di Donatello a cui spettano le battute più belle del film e a cui  Gabriele Salvatores gli riserva il ruolo forse più difficile quello di un uomo che ha deciso di non fare un figlio suo ma di dedicarsi anima e corpo in questo figlio adottato e dotato di una specialità d'animo. Cosa che ne ha assolutamente bisogno visto il cinismo e l'ignoranza che lo circonda. Valeria Golino molto misurata nella sua recitazione ma eccelsa nell'esprimere la bellezza e il tormento interiore di una donna che alla fine del film decide di prendere finalmente in mano la sua vita.
E poi lo strabordante Claudio Santamaria deliziosamente kitch, si è cucito addosso sia nel fisico che nella voce questo Domenico Modugno dei poveri e dei poveracci che lo vanno a sentire nelle sue serate.
E tra un'atmosfera che strizza l'occhio ad  Arizona Dream e Paolo Sorrentino, Tutto il mio folle amore riconsegna ai suoi fan della prima ora un Salvatores delicato e sognante, imperfetto e poetico.
E se la felicità non è un diritto ma una botta di culo, allora imbattetevi nella botta di culo di vedere questo film.
Uscirete felici.

Film riuscito bello ma imperfetto, interessante ma non scorrevole, in alcuni frangenti la sceneggiatura non è indirizzata in alto. Un racconto di basso profilo con intensità fluttuanti come le ‘dimostranze’ di nascita di Vincent (ripete la sua vita più volte nominando i veri genitori e chi lo ha protetto).
Sequenza finale a tre, stile duello senza nessun fuoco: quello dovrebbe ardere dentro; inaspettato (fino ad un certo punto) l’epilogo con ‘nessun’ vero padrone della scena…

Se il ritratto complessivo rimane semplicistico e ritoccato con un velo di zucchero filato, contemporaneamente sviscera una tenerezza irregolare e un istinto primordiale, che assegnano al film tonalità precise. In più, la musica dà un sostegno inequivocabile (ai pezzi dal vivo si aggiungono tracce da easy listening, ad esempio di Ben Harper), così come, preso in piccole dosi (e con le battute giuste), Diego Abatantuono è un valore aggiunto.
In sintesi, questo ritorno al passato di Gabriele Salvatores si fa voler bene, raggruppa parecchi stilemi divincolandosi, anche incautamente, dalla corsia del senno, senza concedere un attimo di tregua, ricercando una libertà di espressione che piega le difese, con un confronto obbligato che promuove i lati nascosti, quelli che invece avremmo bisogno di veder venire a galla.  
Sgangherato e frizzante.

…Salvatores ha annodato i fili di una storia meravigliosa, che racconta in maniera semplice la potenza della diversità e l’importanza delle affinità. Ciò che colpisce è come il rapporto padre figlio fiorisca nelle avversità, fino a creare uno spazio tra loro dove possono fare i conti, con le proprie sventure, con una realtà che non sempre ha gli strumenti per poterti comprendere, aiutare, in cui pochi fortunati hanno l’opportunità di poter mordere la vita. Vincent e Willi partono per un viaggio e disegnano la loro idea di vita, una vita che dovrebbe sempre essere all’altezza delle proprie aspettative. Willi vorrebbe rimanere in viaggio per sempre con lui, perché insieme il mondo è un po’ meno crudele.
Visto da vicino, nessuno è normale, cantava Caetano Veloso. Il bravissimo esordiente Giulio Pranno ricalca con delicatezza, autenticità e anche un pizzico di romanticismo questo piccolo uomo che trasferisce tutto se stesso attraverso baci e abbracci: sempre curioso e tempestoso, il giovane attore Pranno è riuscito a cucirsi addosso questo ruolo così arduo e complesso: è una gemma preziosa per il cinema italiano…

Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores rifugge qualsiasi velleitaria “autorialità” per porsi come opera popolare, con una schiettezza sentimentale che ha irritato parte della critica; un film che vuole appartenere al pubblico, rendendolo partecipe di un viaggio emotivo, affettivo e di formazione, dalla forma eterogenea e sinceramente ingenuo. L’assenza di ipocrisia, di volontà di manipolazione dello spettatore, mi sembra il dato più evidente di un film che ripone la più grande fede nei propri personaggi e conferisce loro una verità palpabile. E credo che questa ricerca di vero palpitante, questo desiderio di creare un rapporto tra l’esperienza di chi guarda e l’avventura del vivere messa in scena sullo schermo sia un dono che Salvatores, pur con i mezzi di un cinema imperfetto, abbia cercato in ogni modo di consegnarci…

Tutto il mio folle amore è un rimando al Pasolini di Cosa sono le nuvole (uno dei momenti più alti e poetici del cinema italiano) e soprattutto al brano cantato da Domenico Modugno, replicato nel film di Salvatores anche dall’intonatissimo Claudio Santamaria: proprio questa carriera da emulo del cantautore italiano è valsa a Willi il soprannome di “Modugno della Dalmazia”. Ma il folle amore è anche quello che Willi scopre di provare per Vincent, peraltro ricambiato; racchiuso in un guscio di apparente incomunicabilità, il ragazzo è in realtà un centro gravitazionale attorno al quale ruotano per tutta la durata del film i destini di Elena, Mario e Willi.
In Tutto il mio folle amore si nota subito il feeling attoriale che intercorre tra Claudio Santamaria e Giulio Pranno. A tratti, nell’interpretazione di quest’ultimo, sembra di rivedere il Leonardo Di Caprio di Buon compleanno Mr. Grape; e l’accostamento non è per niente azzardato, perché il giovane attore romano esprime un talento cristallino in un primo ruolo cinematografico subito molto difficile. Giulio ci mette tanta fisicità ma anche del sentimento; impossibile non empatizzare con il suo Vincent, vedere per credere…

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