domenica 17 novembre 2019

Le Mans '66 – La grande sfida - James Mangold

Christian Bale è Ken Miles in una interpretazione da Oscar.
già solo per questo dovrebbe esserci le file al cinema per questo film.
James Mangold gira i suoi film come se fossero degli western, ho letto da qualche parte, e questo film lo conferma, ci sono i buoni e i cattivi, i potentissimi proprietari di multinazioni che vogliono comprare l'anima dell'artigiano, lavoratore umile e geniale, senza riuscirci, ci sono l'amicizia e la famiglia, mancano i cavalli, ma ci sono quelli nascosti dentro i motori.
le due ore e mezza volano via, senza annoiare mai.
fra le tanti morali del film una è chiarissima, mai fidarsi dei potenti, ti fregheranno di sicuro.
qualcuno penserà a Rush, di Ron Howard, del 2013, ma sono film diversissimi, quello era sulla rivalità fra due piloti, questo no, c'è la sfida con se stessi e il coraggio di essere uno de los de abajo contro il todopoderoso di turno.
un film da non perdere, promesso - Ismaele








“Le Mans ’66 – La grande sfida” di James Mangold è una metafora della competizione umana, non un film unicamente sportivo ma un racconto di relazioni tra persone ambiziosissime, i cui sentimenti sono universali e vanno oltre l’ambiente in cui si muovono. La domanda sul valore della propria identità, sulla morte accettata nel rischio di vivere, sul bisogno antropico di trascendere se stessi, abbraccia sentimenti collettivi e per questo potrebbe piacere anche a chi non ama le corse automobilistiche, donne comprese. Un film rivolto al grande pubblico: spia ne è la scena di una moglie che scoprendo i due protagonisti, di cui uno è il marito, scazzottarsi davanti casa, invece di dividerli si siede a vedere lo spettacolo. Ma James Mangold ha chiarito che a lui interessavano i retroscena della gara, mostrare perché un pilota fa ciò che fa, illuminare il lato intimo dell’ambiente. C’è dunque una profondità di analisi psicologica nel film che ne accresce il valore: Mangold non risparmia le invidie, le lotte di potere nella stessa gerarchia aziendale. La sua abilità narrativa è nella fluidità, nella capacità di sorprendere e di tenere con il fiato sospeso per tutta la durata delle due ore e mezzo. Il regista ha precisato di aver fatto un film dove le auto non sono costruzioni digitali e sulla pista ci sono persone: l’effetto si vede e il cuore di chi guarda balza in gola. Parafrasando una battuta di Matt Damon, Mangold ha aggiunto che l’effetto speciale non acquistabile è sempre e comunque quello dell’“umanità”. “Le Mans 66” ha il merito di non parlare di supereroi e per questo stimola ancor più perché, per la maggioranza degli spettatori, il fattore umano nello sport è qualcosa di poco conosciuto.

James Mangold continua a stupire con un lungometraggio che fa bene il suo dovere: «Le Mans ‘66» è infatti un prodotto di buon intrattenimento, capace di appassionare per l'intera durata e di coinvolgere anche gli spettatori meno avvezzi al mondo delle corse automobilistiche.
Il merito va soprattutto al buon ritmo e a un montaggio adrenalinico al punto giusto, ma anche la sceneggiatura è efficace, grazie a dialoghi ben assestati e a una struttura narrativa capace di ricostruire efficacemente la vera storia che ha visto protagonisti questi personaggi.
Sono rarissimi i momenti di calo (nonostante le circa 2 ora e 30 minuti di durata) e i passaggi poco riusciti in questo film che arriva nelle sale italiane dopo essere passato in diversi festival, tra cui quelli di Telluride, Toronto e Londra.
Buona prova dell'intero cast, ma tra tutti svetta Christian Bale in una performance che conferma ancora una volta la sua grande intensità attoriale.

Christian Bale è il pilota britannico Ken Miles, brusco e ingovernabile eroe della Seconda guerra mondiale: “Macché beatnik, è sbarcato con un carro armato e lo ha guidato fino a Berlino” lo presenta agli azionisti il socio Matt Damon, l’ex pilota e progettista di automobili Carroll Shelby (passato dalla parte sbagliata dei box per problemi cardiaci). Il duetto è grandioso. Sappiamo, o almeno sospettiamo, come andrà a finire. Ma non c’è una sola scena banale, neanche nei passaggi obbligati. Le corse automobilistiche sono una scienza esatta, teorizza Ken Miles. Anche il cinema ben fatto. Come in pista, ci sono i segnali per affrontare bene le curve.

Una buona pellicola asciutta e realistica che fa osservare da vicino il mondo dei motori. Al giorno d'oggi è sempre bello rivedere le ambientazioni, le auto, i modi di vestire e di essere degli anni 60/70.
Non si tratta solo di lustrini, qua si assapora il gusto dell'asfalto, della corsa, del sacrificio e Christian Bale centra un'altra ottima recitazione dove sembra davvero stregato dalle corse e dai motori come sua unica ragione di vita.
Certo fa strano vedere la Ferrari come il "nemico" da battere soprattutto per noi italiani, con Enzo Ferrari catalogato come spocchioso e maleducato.
A parte questo risvolto, il film anche se abbastanza lungo è godibilissimo.

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