sabato 9 novembre 2019

Colpire al cuore - Gianni Amelio

dicono che sia il primo film che parla di terrorismo, ma non è corretto, perché un anno prima, ignorato da quasi tutti, era apparso un piccolo grande film, La festa perduta (recuperatelo, se potete). 
il film di Gianni Amelio è una straordinaria opera prima, che racconta due storie, una sul terrorismo, solo accennata, senza giudizi, e l'altra, più profonds, sui rapporti di un padre col figlio, sulla difficotà e sul mistero di questi rapporti, su ciò che ciascuno si aspetta dall'altro.
Jean-Louis Trintignant è straordinario, ma non è una novità.
film da non perdere, buona visione - Ismaele 




QUI il film completo



Il film è quindi costruito sullo sguardo di Emilio; il ragazzo non riesce a comprendere tutto, può solo avere una visione parziale e “falsata” delle cose – la sua -, è escluso e si esclude dal padre, fiancheggiatore delle Brigate Rosse. La divisione è gia chiara sin dal carrello iniziale, che nella durata del piano sequenza tenta disperatamente di tenere uniti i due in un rapporto complice, fallendo. E ancora nella villa della nonna a Bergamo, in quel bellissimo movimento di macchina laterale che unisce Giulia, Dario e Sandro, lasciando fuori Emilio, ad osservarli dalla finestra. Non ha sentito ciò che il padre ha detto a Sandro, suo allievo prediletto e terrorista, e poco dopo scoprirà che Dario parla di lui – ma non con lui – a Giulia, presenza femminile per la quale prova una certa attrazione – il pedinamento – ma della quale sembra essere geloso. In casa, tra quelle mura domestiche piene sì di cultura ma anche di vuoti, non c’è dialogo: in una scena fortissima Emilio si avvicina alla madre e la insulta più volte, lei indossa delle cuffie e non può sentirlo, non vuole sentirlo, gli sorride e continua il suo lavoro. Non c’è nessun viaggio in Colpire al cuore che possa aiutare a recuperare il tempo perduto – c’è invece nell’ultimo Le chiavi di casa e in molto cinema di Amelio -, se non quello che vorrebbe fare, troppo tardi, Dario con il proprio figlio. Vista oggi, la pellicola riesce ancora ad essere attuale proprio per questo suo saper schivare le trappole del film a tema, scandagliando invece un conflitto più profondo e forzando i limiti della contingenza storico-politica. Al suo primo lavoro per il grande schermo, Amelio riesce a compiere questo miracolo con un linguaggio già maturo, capace di restituire senso attraverso movimenti di macchina e inquadrature dense, come quella del cimitero-fabbrica, più eloquente di mille proclami…
da qui

Colpire al cuore è allora il ritratto di uno strappo tra generazioni che non riescono più a comunicare, ma dipinge anche la lacerazione di un intero paese durante gli anni di piombo e nel periodo buio della strategia della tensione. Il regista, all’epoca della presentazione del film, disse: “Del terrorismo io non conosco né le ragioni, né le radici, ma solo le sue manifestazioni. […] Si cerca di conoscerlo per combatterlo meglio, ma sappiamo solo che ha avvelenato i nostri rapporti privati. Questo è il tema del film. Io parlo solo di quello che conosco, perciò parlo di me, che non sono un terrorista ma ne sono toccato violentemente; dunque, un film su quello che il terrorismo ci ha fatto, individualmente, e sulle trasformazioni quasi biologiche che ha operato nella vita civile” (1). L’assenza di una presa di posizione chiara e definita innescò molte polemiche in seguito alla prima veneziana durante il Festival del cinema del 1982: il film arrivò nelle sale sei mesi dopo, e in televisione trascorsi cinque anni, nel 1987, relegato in seconda serata. Come ha scritto Emanuela Martini: “Chi cercava tesi da difendere, o un manifesto da esibire, non li trovò; chi cercava una conclusione politica non la trovò; trovò invece un film estremamente privato e schivo che invita a osservare la Storia a partire dalla propria storia” …

Colpire al cuore è film controverso e audace, che offre un’inedita prospettiva capovolta: non sono i padri a controllare i figli, quella provocatoria gioventù bruciata che vorrebbe sovvertire l’ordine, ma l’esatto contrario. Gianni Amelio ribalta gli stereotipi patriarcali e racconta un padre rivoluzionario che collabora con un’organizzazione eversiva, fermato da un figlio schiacciato dal bisogno di ordine e di regole e, forse, anche un po’ di punire quel padre che sente distante. La storia è semplice e agghiacciante insieme, perché racconta un tradimento insanabile: un adolescente, Emilio (Fausto Rossi), che denuncia il padre (Jean-Louis Trintignant), quando scopre che sta aiutando la compagna (Laura Morante) di un brigatista, morto in uno scontro a fuoco.
Il gap tra padre e figlio, la distanza siderale che li divide è chiara fin dalle prime scene, la macchina da presa li segue con discrezione con un carrello all’indietro: Dario corre nel parco e fatica a stare accanto al figlio in bicicletta, i due non riescono a coordinarsi e a mantenere il passo. Sono una nota stonata, un meccanismo che si inceppa: qualcosa non funziona e lo si avverte dal primo istante. Emilio sembra incapace di avvicinarsi a suo padre o a chiunque altro; simbolo assoluto di voyerismo, si mantiene distante e osserva tutti dall’obiettivo di una macchina fotografica o dalla fessura tra i frammenti di una vetrata. Tutto è distorto, perché dal buco della serratura sembriamo tutti ladri, tutti assassini.
Parafrasando uno dei dialoghi più famosi, Dario dice al figlio che lo sa che lui vorrebbe che gli dicesse cosa e bene o cosa è male, tutti vorrebbero qualcuno capace di semplificare in dicotomie nette la realtà, essere imboccati da certezze rassicuranti, ma padri perfetti così non ne esistono più e Emilio risponde: figli perfetti ancora menoEd è un po’ questa la chiave, il grumo dolorante dell’inadeguatezza di entrambi i personaggi in quelli che dovrebbero essere i loro ruoli naturali: si dice che un bambino impari cosa è la delusione quando cadono gli eroi, ovvero quando smette di idealizzare i genitori che crede onniscienti e infallibili e li scopre umani, imperfetti o peggio. Gli adulti la riscoprono quando capiscono di non poter convivere con la delusione di non potersi specchiare nel proprio figlio e infondo è un tradimento anche questo, forse il peggiore…

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