un giorno trova un'ebrea in fuga e la ospita a casa sua.
la convivenza diventa difficile, Leon si convince di avere dei diritti su quella donna in fuga.
il confine fra protezione e prigionia è molto stretto.
un bel film, secondo me, ma se avete voglia di ridere non fa per voi
buona visione - Ismaele
"Angry Harvest" seems to exist in a charmed land somewhere
just slightly over the rainbow from World War II. It is a land, to be sure, in
which Jews are persecuted and Nazi soldiers march through the village. But it
also is a land in which a farmer is allowed to cook an entire goose for his own
meal, and there is milk and bread and honey, and citizens chat with the most
alarming ease about the war, the Underground, and the business of selling
protection to Jews.
The world of this film simply doesn't suggest the urgency and despair
of the time…
…Armin Mueller-Stahl has some good moments as Leon, the
farmer who acutely feels the class distinction between himself and the elegant
Rosa (Elisabeth Trissenaar), the woman he is harboring. An early scene
establishes Leon as the son of a stableman, whereas Rosa, when first seen, is
huddling in the forest draped in a fur coat. Once Leon has rescued her and
nursed her back to health, he begins to find Rosa both formidable and
irresistible; for her part, she is a helpless fugitive who also, by virtue of
sheer personal authority, has a good deal of power over her benefactor.
Unfortunately, the complexity of this situation translates into a succession of
scenes in which Leon drinks too much, overturns furniture, paws Rosa, then
apologizes in the morning…
… The film is by an internationally famous director, was
nominated for an Oscar, and the leading actors are both well-respected. Much of
the film's plunge into obscurity is probably to do with the extremity of its
vision. Bittere Ernte simply does not make comfortable
viewing.
It destroys the prevailing wisdom of the last fifty years
which neatly divided people into two categories: those who supported Nazism and
those who opposed it. Holland, however, depicts a vast third category of people
and challenges our notions of how many people really fit the black and white
stereotypes which post-war culture has been so keen on propagating. People in her
third category by no means support fascism, but their attempts to live safely
under it bring them into an arena of dubious actions.
There even seems to be a certain desperation in this
tendency to polarise peoples attitudes to Nazism. If, after all, we don't
subscribe to it, what sort of moral mess would we be left with. Somehow it
seems far safer to admit the Leon Wolnys into the pantheon of wartime heroes
than to lay open the actions of millions of people in this shady third category
to judgement…
…la Holland riesce a identificare con eccellente
sobrietà gli elementi che compongono l’intreccio e lo sviluppo dell’azione
drammatica; da un lato il fiume carsico dei disperati, dei vinti e dei
perseguitati, che squarciando il buio iniziale dei titoli di testa, saltano
dentro la storia filmata ed invadono con la loro presenza quella vasta landa
desolata che è l’impassibile, e allo stesso tempo, inumano universo di chi si
prefigge di vivere il massacro come una normale epoca di transizione. Di
arricchimento, anzi. Un film che pare possa discutere di religione, che tremi
soffusamente di una riflessione teologica, che sostenga tesi e proponga antitesi
ma che, alla fine, si piega alla benedizione maledetta di una salvezza che
salvezza forse non è. La figlia ed il marito delle due vittime del campiere
Leon Wolny, salvati dal conflitto ora sperano in una nuova esistenza in America
e da New York, metropoli già tentacolare e multiforme, inviano la loro piccola
carta di emendamento per la coscienza di un uomo perso, ritrovatosi, perso
nuovamente ed in cerca di una sua identità mentre gioca, sbrana, afferra e nega
le identità degli altri. Ecco, la sintesi mancante. Perché rimane da chiedersi
cosa porta Wolny a salvare Donna Rosa, bella giudea fuggita - con figlia e
marito, la prima però morta ed il secondo disperso nel bosco – da un carro
bestiame diretto ad Auschwitz. Il paradosso percorre e vivifica questa
narrazione. Una pietà impietosa che rimane impigliata nella rete delle
ambizioni sociali (Leon è il figlio di un povero bracciante, al soldo di una
ricca famiglia di Cracovia), di conversioni inespresse (Leon frequenta il
seminario, vuole diventare prete ma non finisce il corso per la debolezza della
sua fede), di aneliti vigliacchi (Leon si avvicina alla resistenza ma, quando
deve dare prova di sé, manda a morte una ingenua donna che lo ama follemente
senza essere ricambiata), di istinti irrefrenabili (Leon non è sposato;
imprigiona tra le sue brame Rosa, tenta di circuire per interessi Eugenia, ed
infine diventa il padre del figlio che attende una serva debosciata e
ninfomane, molto più giovane di lui). Una empietà pietosa che spinge alla fine
Wolny a tentare di riparare all’irreparabile. Dunque, chi è davvero Leon Wolny?
O meglio cos’è?...
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