mercoledì 5 giugno 2019

Bittere Ernte (Raccolto amaro) - Agnieszka Holland

Armin Mueller-Stahl (Leon) è il contadino arricchito di un paesino polacco, molto cattolico e vive solo.
un giorno trova un'ebrea in fuga e la ospita a casa sua.
la convivenza diventa difficile, Leon si convince di avere dei diritti su quella donna in fuga.
il confine fra protezione e prigionia è molto stretto.
un bel film, secondo me, ma se avete voglia di ridere non fa per voi
buona visione - Ismaele







"Angry Harvest" seems to exist in a charmed land somewhere just slightly over the rainbow from World War II. It is a land, to be sure, in which Jews are persecuted and Nazi soldiers march through the village. But it also is a land in which a farmer is allowed to cook an entire goose for his own meal, and there is milk and bread and honey, and citizens chat with the most alarming ease about the war, the Underground, and the business of selling protection to Jews.
The world of this film simply doesn't suggest the urgency and despair of the time…

Armin Mueller-Stahl has some good moments as Leon, the farmer who acutely feels the class distinction between himself and the elegant Rosa (Elisabeth Trissenaar), the woman he is harboring. An early scene establishes Leon as the son of a stableman, whereas Rosa, when first seen, is huddling in the forest draped in a fur coat. Once Leon has rescued her and nursed her back to health, he begins to find Rosa both formidable and irresistible; for her part, she is a helpless fugitive who also, by virtue of sheer personal authority, has a good deal of power over her benefactor. Unfortunately, the complexity of this situation translates into a succession of scenes in which Leon drinks too much, overturns furniture, paws Rosa, then apologizes in the morning…

The film is by an internationally famous director, was nominated for an Oscar, and the leading actors are both well-respected. Much of the film's plunge into obscurity is probably to do with the extremity of its vision. Bittere Ernte simply does not make comfortable viewing.
It destroys the prevailing wisdom of the last fifty years which neatly divided people into two categories: those who supported Nazism and those who opposed it. Holland, however, depicts a vast third category of people and challenges our notions of how many people really fit the black and white stereotypes which post-war culture has been so keen on propagating. People in her third category by no means support fascism, but their attempts to live safely under it bring them into an arena of dubious actions.
There even seems to be a certain desperation in this tendency to polarise peoples attitudes to Nazism. If, after all, we don't subscribe to it, what sort of moral mess would we be left with. Somehow it seems far safer to admit the Leon Wolnys into the pantheon of wartime heroes than to lay open the actions of millions of people in this shady third category to judgement…

…la Holland riesce a identificare con eccellente sobrietà gli elementi che compongono l’intreccio e lo sviluppo dell’azione drammatica; da un lato il fiume carsico dei disperati, dei vinti e dei perseguitati, che squarciando il buio iniziale dei titoli di testa, saltano dentro la storia filmata ed invadono con la loro presenza quella vasta landa desolata che è l’impassibile, e allo stesso tempo, inumano universo di chi si prefigge di vivere il massacro come una normale epoca di transizione. Di arricchimento, anzi. Un film che pare possa discutere di religione, che tremi soffusamente di una riflessione teologica, che sostenga tesi e proponga antitesi ma che, alla fine, si piega alla benedizione maledetta di una salvezza che salvezza forse non è. La figlia ed il marito delle due vittime del campiere Leon Wolny, salvati dal conflitto ora sperano in una nuova esistenza in America e da New York, metropoli già tentacolare e multiforme, inviano la loro piccola carta di emendamento per la coscienza di un uomo perso, ritrovatosi, perso nuovamente ed in cerca di una sua identità mentre gioca, sbrana, afferra e nega le identità degli altri. Ecco, la sintesi mancante. Perché rimane da chiedersi cosa porta Wolny a salvare Donna Rosa, bella giudea fuggita - con figlia e marito, la prima però morta ed il secondo disperso nel bosco – da un carro bestiame diretto ad Auschwitz. Il paradosso percorre e vivifica questa narrazione. Una pietà impietosa che rimane impigliata nella rete delle ambizioni sociali (Leon è il figlio di un povero bracciante, al soldo di una ricca famiglia di Cracovia), di conversioni inespresse (Leon frequenta il seminario, vuole diventare prete ma non finisce il corso per la debolezza della sua fede), di aneliti vigliacchi (Leon si avvicina alla resistenza ma, quando deve dare prova di sé, manda a morte una ingenua donna che lo ama follemente senza essere ricambiata), di istinti irrefrenabili (Leon non è sposato; imprigiona tra le sue brame Rosa, tenta di circuire per interessi Eugenia, ed infine diventa il padre del figlio che attende una serva debosciata e ninfomane, molto più giovane di lui). Una empietà pietosa che spinge alla fine Wolny a tentare di riparare all’irreparabile. Dunque, chi è davvero Leon Wolny? O meglio cos’è?... 

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