aspetta la morte della moglie e intanto si piange addosso e fa di tutto per essere compatito, lo richiede, lo pretende.
farà delle cose inspiegabili, a prima vista, e poi farà anche di peggio.
gran film, per i miei gusti - Ismaele
L’attore è Makis Papadimitriou, che rappresenta
benissimo il momento che un avvocato sta vivendo, con la moglie in coma
all’ospedale e che approfitta e si compiace della compassione altrui: della
segretaria che lo abbraccia quando lascia lo studio per impegni esterni, della
vicina di casa che in quei giorni gli prepara delle torte appetitose,
dell’amico con cui frequenta palestra e spiaggia, dell’addetto della lavanderia
o del negoziante da cui compra un vestito nero per il probabile funerale…
Il cinema greco continua a regalare pellicole uniche ed
ibride, a metà strada tra il dramma a tinte forte ed il grottesco più
strampalato non privo però di significati abilmente nascosti, senza mai
avvicinarsi completamente a nessuno di questi due generi. Se il maestro
indiscusso degli anni 2000 del cinema ellenico ‘nonsense’ è Lanthimos, Babis
Makridis dimostra di esserne un ottimo allievo, grazie ad una seconda opera che
sembra seguire pienamente le linee guida di altre pellicole greche
bizzarre/disturbanti, sulla scia anche della crisi economica che ha
attraversato la penisola negli ultimi anni, come SUNTAN, LUTON, MISS VIOLENCE e
tantissimi altri, più o meno noti.
Se la prima parte, pur non indicandoci su quali binari si stia dirigendo la storia, appare statica, incomprensibile ma destinata a raccontare un dramma familiare, successivamente, quando finalmente inizieremo ad intuirne il senso, non ci resta che rimanere affascinati dell’involuzione del protagonista, per poi restare a lui aggrappati per scoprire fino a dove si spingerà per saziare la sua fame di vittimismo e disperazione…
Se la prima parte, pur non indicandoci su quali binari si stia dirigendo la storia, appare statica, incomprensibile ma destinata a raccontare un dramma familiare, successivamente, quando finalmente inizieremo ad intuirne il senso, non ci resta che rimanere affascinati dell’involuzione del protagonista, per poi restare a lui aggrappati per scoprire fino a dove si spingerà per saziare la sua fame di vittimismo e disperazione…
…Oiktos / Pity è un’opera intensa e disturbante, che muovendosi
con maestria negli schemi della commedia, del dramma e del thriller, porta
nello spettatore uno stato di costante inquietudine e suspense
sempre più esasperante. La macchina cinemafunziona
perfettamente, grazie ad uno script esaustivo ed efficace dà
vita ad una storia dove il calore del nido domestico diventa apice
di violenza e perversione, in un discorso filmico che pone le basi per
una nuova interpretazione del Dolore.
La tristezza, il dolore, il lutto, sono sentimenti
estremamente complessi, che in linea generale (e teorica) hanno in comune un
variabile grado di sofferenza ma concretamente assumono contorni differenti a
seconda delle persone in cui si manifestano. Pity è
un film che si concentra su una particolare modalità in cui è vissuta la
condizione del dolore, presentandosi come un'opera dalla storia inizialmente
molto drammatica ma dal registro grottesco e capace di mettere alla berlina
alcune contraddizioni umane con eccezionale acutezza.
Il protagonista del film è Giannis, un avvocato di
successo la cui vita è sconvolta dalla tragica condizione della moglie, la
quale è in coma da diverso tempo. La famiglia è completata da un figlio
adolescente, che condivide con il padre una serie di appuntamenti rituali che
vorrebbero onorare l'assenza della madre, ma che nella loro ostentazione
risultano soprattutto forme di patetico autoconvincimento vittimista. Il film
conosce un brusco turning point nel momento in cui la moglie del protagonista
si risveglia dal coma, rompendo un equilibrio fondato proprio sul dolore e
sulla condiscendenza da parte degli altri...
…Tanto
per cominciare, forma e contenuto dialogano alla perfezione. Segnatamente, la
messa in scena è di altera eleganza, con interni geometrici, particolarmente
attenti ad arredi e quadri, ed esterni che vivono dell’abissale contrasto tra
il tenore di quanto descritto e l’abbacinante luce fluita dal connubio tra il
mare e una stagione solare.
Nonostante questi pregi, la portata principale giunge dalla genialità
del guizzo narrativo, che vede il protagonista disposto a qualsiasi
contromisura per non perdere la sua dose di compassione quotidiana. Un taglio
imposto dalla sceneggiatura quanto mai originale, un ingranaggio psicologico
che scalfisce un pezzo per volta la razionalità, costruendosi nella prima metà
del film per poi ruotare di 360° e infilare una sequela di passaggi che
incrementano esponenzialmente la crudeltà e la scortesia, arrivando a livelli
inauditi.
In più, tutto ciò avviene controllando minuziosamente la spaziatura,
in una scansione di lacrime e glacialità nera come la pece accompagnate da
didascalie di pregiato compendio, che si lascia scappare un paio di sbavature –
per di più sostanzialmente evitabili - quando ormai il successo è già
agguantato.
Già, perché Pity è una di
quelle opere che non passa nell’indifferenza (mal che vada, può creare una
repulsione totale), arricchita anche dall’espressività dei volti degli
interpreti e dalla sua ostinazione nell’allontanare la luce che parrebbe
comparire in fondo al tunnel.
Uno schiaffo alla morale e alle consuetudini, di devastante bellezza.
…La mano registica di Makridis (che co-firma anche la
storia) non delude, e se vediamo confermato il talento già emerso in L,
non possiamo che notare anche una crescita stilistica e formale. Il linguaggio
rimane coerente con quello tipico di un certo cinema ellenico (così come la
fotografia, che pur segnando l’esordio al lungometraggio di Kostantinos
Koukoulios ricorda molto da vicino il lavoro di Thimios Bakatakis), ma il
piglio ironico e qualche soluzione intelligentissimamente ruffiana (come quella
della scena appena prima dei titoli di coda) suggeriscono che
Makridis sia pronto a fare il grande salto.
Senza nulla togliere a Makridis non possiamo però non
tornare a parlare ancora una volta della sceneggiatura, e considerare che
Filippou, vero responsabile della teatralità meccanica e fredda che tanto ha
condizionato le recenti pagine di un cinema greco sempre più straniante,
con Pity firma il suo lavoro più personale.
Nel proporre una riflessione sulle emozioni reali e su quelle simulate, sulla
funzione di queste come collante sociale e sulle conseguenze dell’incapacità di
‘sentire’ qualcosa, l’autore ateniese sembra parlare del suo stesso approccio
alla narrazione, riproponendo tematiche a lui care e cristallizzandole in un
concetto più ampio e assoluto; una sorta di comune denominatore della sua
filmografia…
…Meno
conosciuto di Yorgos Lanthimos, ma altrettanto velenoso e provocatore, Babis
Makridis cavalca quest'onda e un immaginario surreale che destabilizza. Il
filtro impiegato dal regista è quello dell'assurdo. Di un umorismo irresistibile,
prima di suscitare una tristezza inconsolabile, Pitymuove da
un'idea di partenza originale e intrigante che rimane miracolosamente coerente
fino alla fine. L'impresa non è facile per lo spettatore ma se ci si lascia
andare all'esperienza il film mantiene le premesse dispiegando un immaginario
più grande che altrove, uno sguardo inquieto sull'umanità. La ricerca di
(in)felicità del protagonista, everymandipendente dalla pietà del
titolo, è presa seriamente, fino alla follia e alla morte (arrecata).
La sua vita si consuma come in una tragedia greca, dove gli umani diventano animali, si cavano gli occhi per vedere meglio o praticano l'omicidio sacrificale per scaricare una violenza altrimenti distruttrice di qualsiasi consorzio umano. L'esercizio di deformazione del quotidiano costituisce l'anima di una commedia nera sotto un cielo blu e davanti a un mare brillante. Pity esplora con attitudine solare un racconto oscuro e un personaggio mediocre il cui ego risplende quando è al centro della compassione.
La sua vita si consuma come in una tragedia greca, dove gli umani diventano animali, si cavano gli occhi per vedere meglio o praticano l'omicidio sacrificale per scaricare una violenza altrimenti distruttrice di qualsiasi consorzio umano. L'esercizio di deformazione del quotidiano costituisce l'anima di una commedia nera sotto un cielo blu e davanti a un mare brillante. Pity esplora con attitudine solare un racconto oscuro e un personaggio mediocre il cui ego risplende quando è al centro della compassione.
…Il problema è che però, nel momento in cui la moglie
del protagonista si risveglia dal coma, il film o sembra appena iniziato o
sembra appena sul punto di finire; e invece siamo a circa metà della sua
durata. Se, effettivamente, come dice di voler fare, il Nostro eroe vuole
orchestrare un piano per tornare a essere compatito, che lo faccia però e che
non continui a ripeterlo allo spettatore senza mai decidere quale debba essere
il suo agire.
Va a finire così che Pity, partito come possibile parabola di tutta una tendenza del cinema greco, finisce per aderire completamente al contesto in cui è nato, con un protagonista negativo e sgradevole, ma soprattutto con un’idea di film che resta tale e che ha più il tono di una crudele barzelletta che quello di una riflessione filosofica sulle tendenze masochiste dell’essere umano…
Va a finire così che Pity, partito come possibile parabola di tutta una tendenza del cinema greco, finisce per aderire completamente al contesto in cui è nato, con un protagonista negativo e sgradevole, ma soprattutto con un’idea di film che resta tale e che ha più il tono di una crudele barzelletta che quello di una riflessione filosofica sulle tendenze masochiste dell’essere umano…
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