una pagina vergognosa del paese civile, ordinato ed ecologico, con gli orologi a cucù e il cioccolato (e la sterilizzazione delle donne jenisch (rom) e il rapimento dei loro bambini, per essere affidati, anche loro, a famiglie cattoliche),, quel paese è la Svizzera.
orfani e poveri venivano messi in istituti, per essere poi affidati, con l'aiuto dei parroci, presso famiglie che avevano bisogno di schiavi, nel secolo scorso.
una maestrina cerca di farsi sentire, ma invano.
Max e Berteli sognano di fuggire in Argentina, il resto lo vedrete voi.
gran bel film, per i miei gusti - Ismaele
orfani e poveri venivano messi in istituti, per essere poi affidati, con l'aiuto dei parroci, presso famiglie che avevano bisogno di schiavi, nel secolo scorso.
una maestrina cerca di farsi sentire, ma invano.
Max e Berteli sognano di fuggire in Argentina, il resto lo vedrete voi.
gran bel film, per i miei gusti - Ismaele
Spesso i film svizzeri di successo non arrivano
nelle sale ticinesi. È perciò da salutare con soddisfazione l'uscita di
Der Verdingbub (Vite rubate) del regista Markus Imboden. La pellicola, ha fatto
la sua figura in marzo ai Quarzi (sei candidature e due premi: al giovane
protagonista Max Hubacher e a Stefan Kurt come migliore non protagonista) e
soprattutto porta alla luce con una fiction emozionale una pagina oscura e a
lungo «insabbiata» della storia svizzera. Il tema tratta, in forma di dramma
sociale, il destino di orfani o figli di genitori separati che venivano dati -
dall'800 e fino alla metà del secolo scorso - a famiglie contadine affidatarie.
In cambio di vitto e alloggio, a volte pessimi, venivano usati come manovalanza
nelle campagne. Un vero sfruttamento in contesti famigliari a loro volta poveri
economicamente e moralmente. Il tutto con il tacito consenso delle autorità
locali. La cultura dell'epoca era spesso indifferente ai diritti dell'infanzia
e questo in varie parti del mondo. Der Verdingbub, che nelle scene iniziali nel
sottofinale mostra il passaggio di una piccola bara, racconta della fattoria
dei Bösinger, gente che lavora duro e non ha tempo per i sentimenti. Lì
arrivano l'adolescente Max (Max Hubacher) e la dodicenne Berteli, strappata
alla madre divorziata. Dal servizio militare torna il figlio, che mette subito
gli occhi su Berteli. E arriva in paese la nuova maestra, giovane e piena di
buone intenzioni. Intanto, per Max e Berteli la vita è sempre più dura e a
niente servono i tentativi della maestra di protestare con il sindaco e il
pastore perché la loro situazione migliori. Una cappa di omertà, di perbenismo
di facciata, di cattiva coscienza plana su tutto. Max, che suona benissimo la
fisarmonica, e Berteli, sognano di fuggire in Argentina, terra promessa di vita
migliore. Ma la situazione precipita. La maestra è licenziata e Berteli,
incinta del figlio del padrone, muore di aborto. Soltanto Max riesce a fuggire
e a realizzare il suo sogno. Molto coinvolgente, anche se la sceneggiatura non
è perfettamente controllata, il film mette in scena una società con
atmosfere degne dei romanzi di Dickens.
Nicely photographed, “The Foster Boy” will make
the Swiss movie industry proud. A family, living in a mountain farm, shelters
kids from poor families in change of help and some monthly amount of money. The
movie concentrates in very different types of abusing endured by these kids,
who had lost everything in their lives. The exception is Max and his passion
for playing accordion, which will give him strength to go on dreaming with a
better life. This is the kind of movie that you can’t help being involved with
and be indignant. Every single performance was crucial to attain a honorable
result. Not to be missed.
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