Angèle è fuori dalla galera, seguita dai servizi
sociali, per il reinserimanto, ha un figlio che vede poco e male, e Tony è un
pescatore che vive ancora con la madre, in un paesetto della Normandia.
si incontrano e si scontrano, in un film ruvido, dove nessuno ti regala niente.
Angèle e Tony sono davvero bravi, Angèle arranca sulla bici, Tony c'è, aspetta.
un film che merita - Ismaele
si incontrano e si scontrano, in un film ruvido, dove nessuno ti regala niente.
Angèle e Tony sono davvero bravi, Angèle arranca sulla bici, Tony c'è, aspetta.
un film che merita - Ismaele
…Una sceneggiatura capillare – abile nel modellare una
scrittura tesa e asciutta nelle forme arrotondate della scoperta dell’amore –
si dimostra ben capace di incasellare in questo contesto fortemente emotivo un
sottile richiamo alle dinamiche politico-sociali: il timore per la perdita del
proprio lavoro, il problematico rapportarsi con un mercato globalizzato sempre
più intricato e allo stesso tempo monopolizzante che rischia di ridurre
importanti poli produttivi a mere attività “periferiche” è quindi tratteggiato
con estrema lucidità grazie a un abile utilizzo del sottotesto narrativo.
Angèle e Tony è un film compatto, che fa leva sulla ricerca di forza e di verità che sta alla base stessa del progetto: un contributo determinante ai fini della riuscita della pellicola proviene senz’altro da un eccellente prova del cast, capitanato in primis da Clotilde Hesme e Grégory Gadebois che prestano i loro volti ai due protagonisti. La regista ha confessato di aver ricercato proprio nella solidità delle interpretazioni degli attori la chiave di realizzazione della pellicola, che elude determinati cliché proprio concentrandosi sull’alchimia e la fiducia davanti alla mdp: se talora i cineasti scelgono di portare sullo schermo la veridicità avvalendosi di attori non professionisti (nel cinema d’oltralpe ne sono un esempio i fratelli Dardenne), la Delaporte punta i riflettori sulla preparazione minuziosa del cast, coinvolto a 360° nel contribuire nei dettagli alla costruzione dei personaggi.
Angèle e Tony è un film compatto, che fa leva sulla ricerca di forza e di verità che sta alla base stessa del progetto: un contributo determinante ai fini della riuscita della pellicola proviene senz’altro da un eccellente prova del cast, capitanato in primis da Clotilde Hesme e Grégory Gadebois che prestano i loro volti ai due protagonisti. La regista ha confessato di aver ricercato proprio nella solidità delle interpretazioni degli attori la chiave di realizzazione della pellicola, che elude determinati cliché proprio concentrandosi sull’alchimia e la fiducia davanti alla mdp: se talora i cineasti scelgono di portare sullo schermo la veridicità avvalendosi di attori non professionisti (nel cinema d’oltralpe ne sono un esempio i fratelli Dardenne), la Delaporte punta i riflettori sulla preparazione minuziosa del cast, coinvolto a 360° nel contribuire nei dettagli alla costruzione dei personaggi.
Associato talora al cinema dei Dardenne per alcuni
slanci di metaforica evocazione del realismo, il film descrive con naturalezza
un incontro fra solitudini: lacerati e scalfiti da passati difficili, i due
protagonisti troveranno il conforto del reciproco sostegno, assorbendo ognuno
dalle esperienze dell’altro. Un’opera prima solida, commovente e non retorica
che sa restituire il sapore di ricordi d’infanzia, filtrati attraverso un
occhio allenato alla ricerca e con piglio emotivo soffuso e mai intrusivo: è
questo Angèle e Tony, un percorso nell’umanità priva di
sovrastrutture, fra sentimenti puri e spesso bistrattati, nel contesto quanto
mai attuale di una comunità che non si abbatte malgrado la crisi economica.
Chissà perché, ma il debutto di Alix Delaporte rimanda
al cinema di fratelli Dardenne. Sarà che la protagonista Angèle (l'incantevole
Clotilde Hesme) ha i modi da fare e la capigliatura di una Lorna, e un
suocero che fa il falegname e che ha perso il figlio, esattamente come Olivier
Gourmet nel film omonimo, anche se l'origine ultima del
personaggio risale evidentemente ai Vangeli, saranno più ragionevolmente le
vicende di due disadattati, ognuno a modo suo, e un ambientazione in una grigia
e fredda Normandia non così diversa dalla Vallonia, il Belgio francofono degli
autori di "Rosetta", fatto sta che un film che ricerca uno stile
elegiaco quasi antipodico alla frenesia della macchina da presa dardenniana
trova molti punti di contatto con quel tipo di cinema, che ha generato
innumerevoli proseliti da qualche anno a questa parte…
…Si le scénario de Angèle
e Tony est lumineux, les choix esthétiques opérés par
Alix Delaporte sont intelligents. Elle témoigne d’un réel sens du cadre et opte
pour une lumière qui semble naturelle si bien qu’émane du film un réalisme
délicat. Les gestes et les regards des protagonistes, ainsi révélés, revêtent
une importance capitale. Les silences sont ici bien plus importants que les
mots et la réalisatrice les met en scène avec adresse. La force première du
texte scénaristique s’impose alors sans que jamais l’écriture ne transparaisse à
l’écran. Le développement narratif est sensible, il dépeint la singularité
d’une rencontre, le trouble d’une jeune femme, l’éveil aux amours…
…Delicato, potente e vero, Angèle et Tony è il film francese che non ti
aspetti, una storia fatta di silenzi, giocata sulla sottrazione delle parole e
sulla contraddizione dei sentimenti, un dramma sentimentale non usuale che
abbraccia lo spettatore e lo conduce insieme ai protagonisti in un viaggio
meraviglioso alla scoperta dell'amore. Una maturità spiazzante nella messa in
scena, quella di Alix Delaporte, che non nasconde però le tipiche incertezze
dell'opera prima, anzi ne fa il proprio punto di forza. Perchè Angèle e Tony fa
letteralmente innamorare lo spettatore di tutti i personaggi, di quello
splendido villaggio della costa e di quell'atmosfera serena e riconciliante che
si respira tra le anime che lo popolano…
…Ritratto minimale, che ambisce alla
sfumatura sfiorandola soltanto, che gira attorno alla vicenda senza mai
centrare pienamente il bersaglio, Angèle et Tony è il debutto
al lungometraggio di Alix Delaporte, regista che aveva vinto il massimo
riconoscimento veneziano per il suo corto Comment on freine dans una
descente? (2006). Il film si snoda anonimo e innocuo senza mai
acquisire un’identità o un carattere precisi, ambendo anche a restituire le
caratteristiche di un ambiente e di una congiuntura (la crisi economica, le
incognite del futuro, la disillusione di un’intera comunità) e incardinando,
nella relativa riflessione, l’osservazione delle dinamiche relazionali dei
personaggi, ma nonostante le buone intenzioni, la studiata scarnezza dei
dialoghi e i volonterosi attori (ma Clotilde Hesme è fuori parte), rimane un
esercizio piuttosto inerte.
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