Tre Film Al Giorno, Tre Libri Alla Settimana, Dei Dischi Di Grande Musica Faranno La Mia Felicità Fino Alla Mia Morte. (François Truffaut)
lunedì 31 luglio 2017
domenica 30 luglio 2017
sabato 29 luglio 2017
venerdì 28 luglio 2017
giovedì 27 luglio 2017
mercoledì 26 luglio 2017
martedì 25 luglio 2017
lunedì 24 luglio 2017
Lion - La strada verso casa - Garth Davis
Saroo da
piccolo è immenso, corre corre corre, si merita la medaglia d'oro per la mezza
maratona, oltre che un Oscar.
la storia è terribile, e bellissima.
Saroo sembra il bambino dell'Elogio
dell'infanzia (di Peter Handke):
Quando il bambino era bambino,
camminava con le braccia ciondoloni,
voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume un torrente
e questa pozzanghera il mare.
voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume un torrente
e questa pozzanghera il mare.
Quando il bambino era bambino,
non sapeva di essere un bambino,
per lui tutto aveva un’anima
e tutte le anime erano un tutt’uno.
non sapeva di essere un bambino,
per lui tutto aveva un’anima
e tutte le anime erano un tutt’uno.
Quando il bambino era bambino
non aveva opinioni su nulla,
non aveva abitudini,
sedeva spesso con le gambe incrociate,
e di colpo si metteva a correre,
aveva un vortice tra i capelli
e non faceva facce da fotografo.
non aveva opinioni su nulla,
non aveva abitudini,
sedeva spesso con le gambe incrociate,
e di colpo si metteva a correre,
aveva un vortice tra i capelli
e non faceva facce da fotografo.
Quando il bambino era bambino,
era l’epoca di queste domande:
perché io sono io, e perché non sei tu?
perché sono qui, e perché non sono lì?
quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio?
la vita sotto il sole è forse solo un sogno?
non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo
quello che vedo, sento e odoro?
c’è veramente il male e gente veramente cattiva?
come può essere che io, che sono io,
non c’ero prima di diventare,
e che, una volta, io, che sono io,
non sarò più quello che sono?
era l’epoca di queste domande:
perché io sono io, e perché non sei tu?
perché sono qui, e perché non sono lì?
quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio?
la vita sotto il sole è forse solo un sogno?
non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo
quello che vedo, sento e odoro?
c’è veramente il male e gente veramente cattiva?
come può essere che io, che sono io,
non c’ero prima di diventare,
e che, una volta, io, che sono io,
non sarò più quello che sono?
Quando il bambino era bambino,
si strozzava con gli spinaci, i piselli, il riso al latte,
e con il cavolfiore bollito,
e adesso mangia tutto questo, e non solo per necessità.
si strozzava con gli spinaci, i piselli, il riso al latte,
e con il cavolfiore bollito,
e adesso mangia tutto questo, e non solo per necessità.
Quando il bambino era bambino,
una volta si svegliò in un letto sconosciuto,
e adesso questo gli succede sempre.
Molte persone gli sembravano belle,
e adesso questo gli succede solo in qualche raro caso di fortuna.
una volta si svegliò in un letto sconosciuto,
e adesso questo gli succede sempre.
Molte persone gli sembravano belle,
e adesso questo gli succede solo in qualche raro caso di fortuna.
Si immaginava chiaramente il Paradiso,
e adesso riesce appena a sospettarlo,
non riusciva a immaginarsi il nulla,
e oggi trema alla sua idea.
e adesso riesce appena a sospettarlo,
non riusciva a immaginarsi il nulla,
e oggi trema alla sua idea.
Quando il bambino era bambino,
giocava con entusiasmo,
e, adesso, è tutto immerso nella cosa come allora,
soltanto quando questa cosa è il suo lavoro.
giocava con entusiasmo,
e, adesso, è tutto immerso nella cosa come allora,
soltanto quando questa cosa è il suo lavoro.
Quando il bambino era bambino,
per nutrirsi gli bastavano pane e mela,
ed è ancora così.
per nutrirsi gli bastavano pane e mela,
ed è ancora così.
Quando il bambino era bambino,
le bacche gli cadevano in mano come solo le bacche sanno cadere,
ed è ancora così,
le noci fresche gli raspavano la lingua,
ed è ancora così,
a ogni monte,
sentiva nostalgia per una montagna ancora più alta,
e in ogni città,
sentiva nostalgia per una città ancora più grande,
ed è ancora così,
sulla cima di un albero prendeva le ciliegie tutto euforico,
com’è ancora oggi,
aveva timore davanti a ogni estraneo,
e continua ad averlo,
aspettava la prima neve,
e continua ad aspettarla.
le bacche gli cadevano in mano come solo le bacche sanno cadere,
ed è ancora così,
le noci fresche gli raspavano la lingua,
ed è ancora così,
a ogni monte,
sentiva nostalgia per una montagna ancora più alta,
e in ogni città,
sentiva nostalgia per una città ancora più grande,
ed è ancora così,
sulla cima di un albero prendeva le ciliegie tutto euforico,
com’è ancora oggi,
aveva timore davanti a ogni estraneo,
e continua ad averlo,
aspettava la prima neve,
e continua ad aspettarla.
Quando il bambino era bambino,
lanciava contro l’albero un bastone come fosse una lancia,
che ancora continua a vibrare. (da qui).
lanciava contro l’albero un bastone come fosse una lancia,
che ancora continua a vibrare. (da qui).
poi cresce e Dev Patel, sempre molto bravo, diventa Saroo.
bravissima anche Nicole Kidman, in una parte da casalinga, senza sex appeal.
se non avete paura che gli occhi si appannino è il film per voi, anch'io non ho resistito.
nel film ci sono mille cose, ma sono ben amalgamate, meno male che qualcosa di bello portano ai cinema estivi.
cercatelo, vi piacerà, una storia dei nostri tempi, dove convivono la schiavitù e Google Earth, gli obesi e i morti di fame, los todopoderosos y los de abajo - Ismaele
in questa recensione poetica come non citare Bertolt Brecht?
Il dormitorio
Sento che a New York
all'angolo fra la 26.a strada e Broadway
durante i mesi d'inverno ogni sera c'è un uomo
e ai senzatetto che là si radunano
pregando i passanti procura nel dormitorio un letto.
Il mondo così non si muta,
i rapporti fra gli uomini così non si fanno migliori
l’era dello sfruttamento così non diventa più breve.
Ma alcuni uomini hanno un letto per la notte,
il vento per una nottata viene tenuto lontano da loro,
la neve a loro destinata cade sulla strada.
Non chiudere il libro dove questo leggi, uomo.
Alcuni uomini hanno un letto per la notte,
il vento per una nottata viene tenuto lontano da loro,
la neve a loro destinata cade sulla strada.
Ma il mondo così non si muta,
i rapporti fra gli uomini così non si fanno migliori
l’era dello sfruttamento così non diventa più breve.
all'angolo fra la 26.a strada e Broadway
durante i mesi d'inverno ogni sera c'è un uomo
e ai senzatetto che là si radunano
pregando i passanti procura nel dormitorio un letto.
Il mondo così non si muta,
i rapporti fra gli uomini così non si fanno migliori
l’era dello sfruttamento così non diventa più breve.
Ma alcuni uomini hanno un letto per la notte,
il vento per una nottata viene tenuto lontano da loro,
la neve a loro destinata cade sulla strada.
Non chiudere il libro dove questo leggi, uomo.
Alcuni uomini hanno un letto per la notte,
il vento per una nottata viene tenuto lontano da loro,
la neve a loro destinata cade sulla strada.
Ma il mondo così non si muta,
i rapporti fra gli uomini così non si fanno migliori
l’era dello sfruttamento così non diventa più breve.
Un film molto emotivo e sincero, in cui non vi sono forzature
melodrammatiche. Garth Davis si fa portavoce di una storia sincera e lo fa
mantenendosi a distanza, facendo parlare la fragilità del giovane protagonista.
“Lion” é un abbraccio affettivo che ci fa entrare in una realtà totalmente
diversa dalla nostra, e lo fa con assoluta sensibilità e dedizione.
…Lion’s first half, which focuses on the young Saroo, is
exceptionally well done. Davis effectively captures the boy’s fear and
confusion at being separated from his brother then stranded in a strange
country where he understands nothing, can’t speak the language and doesn’t know
the culture. Non-professionally trained actor Sunny Pawar (who doesn’t speak
English) conveys the essence of a child’s view of this big, frightening world…
…Hay un plano que a mi especialmente me gusta repensar y
es cuando Saroo, perdido en Calcuta, se mira a los ojos (con una profundidad y
pureza que pocos actores consiguen) de los otros niños como si se tratase de un
espejo, sin ninguna intercesión del egoísmo identitario, viéndose reflejado en
las acciones del otro, mientras que cuando viaja a Australia, le enseñan a ser
un ego individualizado, a competir contra los demás. Por otra parte, la crudeza
de la realidad de Calcuta es bien reflejada casi sin filtros por el director.
Es un buen trabajo de inmersión.
Lion, al final pone sobre la mesa la búsqueda de nosotros
mismos, del hogar, de la familia como construcción, la infancia como nostalgia
y anhelo, el crecimiento y la superación personal, pero sobre todo, la
necesidad de la memoria en una civilización que engulle progresivamente a las
otras. Es una historia sobre la convivencia entre culturas y sus conflictos
personales.
…Certo, una di quelle storie
ricattatorie cui non ce la si fa a resistere, anche per non passare da cinici e
insensibili ai mali del mondo, con dentro tutte le miserie e le sofferenze atte
a suscitare il nostro senso di colpa di affluenti occidentali. Ma con un senso
robusto della narrazione, con un racconto che, finché si muove sullo sfondo
dell’India delle ultime caste e delle sue città-mostro, non annoia e perfino
avvince, anche grazie a un attore bambino di quelli che rubano la scena e
sembrano nati per la macchina da presa (nome da annotare: Sunny Pawar). Se Lion riesce a evitare il peggio è anche per la
regia, energetica e assai fisica, assai corporale, per niente formalistica e
ingessata, del giovane australiano (viene da lì, Australia e Nuova Zelanda, la
produzione, cui poi ha apposto il proprio sigillo Harvey Weinstein) Garth
Davis, al suo primo lungometraggio, ma con alle spalle la direzione condivisa
con Jane Campion di una serie di peso e di culto come Top of the Lake. E poi il cast, ottimo. Con un Dev
Patel – tutti i ruoli di giovane uomo di origine indiana vanno a lui – che sa
di avere una buona carta in mano e non se la lascia scappare, e con la migliore
Nicole Kidman degli ultimi anni, dimessa al punto giusto e qualunque al punto
giusto, quale madre adottiva del protagonista. Sì, c’è anche Rooney Mara, ma in
un ruolo inconsistente che spreca il suo talento e quella sua naturale grazia
audreyhepburniana. Storia vera signori, verissima, di vere lacrime e veri
dolori, perché si sa che la vita sa essere più romanzesca di ogni invenzione, e
questo è il caso, tantopiù che ci son di mezzo ambienti esotici dove diventa
possibile quel che da noi è perfino inimmaginabile…
…La seconda parte, con Saroo ormai grande
avvolto sì nel confortevole benessere della famiglia adottiva ma ansioso di
ritrovare come usa dirsi le proprie radici, è più di maniera e sentimentalista.
Eppure anche qui ci sono passaggi non così melensi che instillano qualche sano
dubbio e interrogativo sugli effetti collaterali che l’adozione, ogni adozione,
anche la meglio intenzionata, può comportare. Si guardi al fratello adottivo di
Saroo, che mai si integrerà sviluppando invece una sorda ostilità verso un
mondo che non è il suo e non ha scelto. Ma anche l’ottimo Saroo, consolazione
di mamma e papà d’Australia, ci ha sempre quel grumo dentro, quel bisogno di
ritrovare la vera madre, quel richiamo così prepotentemente biologico che
contraddice ogni versione semplificatoria e tranquillizzante dell’adozione,
quell’aura di correttezza che la circonda, quell’ideologia e mitologia
salvifica così autosbandierata: ma l’abbiamo fatto per lui! ma gli abbiamo
garantito un futuro e una vita migliore! ma l’abbiamo strappato alla fame e
alla miseria! ma gli abbiamo dato quell’amore che non avrebbe avuto! Sottacendo
magari poderosi egoismi e grovigli psicologici assai complessi…
…Dev Patel consigue transmitir con
sensibilidad, con delicadeza, la sensación de confusión, de sentimiento de
pérdida. Logra emocionar, pero es Sunny Pawar, el niño Saroo, el que está
maravilloso en su papel. Su interpretación (mejor verla en original, no
doblado) es auténtica, cautivadora.
“Lion” plantea cuestiones de peso en una
historia de superación de infancias difíciles, de vínculos familiares, de
pérdidas y reencuentros, logrando una película envolvente en su primera parte,
conmovedora y bien construida a pesar de ir de más a menos.
…en su tramo final es capaz Lion de
sobreponerse para entregar uno de esos desenlaces emotivos y capaces de sacar
la lágrima al público más duro de corazón. Broche final previsible para uno de
los filmes, en conjunto, más bellos e inspiradores del año, de esos que parecen
pensados al detalle para colarse en las carreras de premios.
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domenica 23 luglio 2017
sabato 22 luglio 2017
The Sweeney - Nick Love
inizio a vederlo prima di andare a letto, poi, se è interessante, lo finisco domani, mi sono detto.
invece, sorpresa, è un gran film, non mi sono annoiato un secondo, fino al termine, senza nessuna interruzione.
sceneggiatura come si deve, personaggi credibili, attori bravissimi.
chissà se è mai arrivato in sala.
non perdetevelo, non ve ne pentirete - Ismaele
sceneggiatura come si deve, personaggi credibili, attori bravissimi.
chissà se è mai arrivato in sala.
non perdetevelo, non ve ne pentirete - Ismaele
si può vedere QUI
…Un crime-noir di produzione inglese, questo The Sweeney, che ha il segno sporco, luridissimo dei più cattivi e sconvenienti poliziotteschi, quelli con gli agenti carogna incarnazione di tutti i mali però bravi come nessuno contro i delinquenti e pure capaci di bagliori ultimi di umanità e lealtà. Una Londra notturna di mille luci e con un serpentesco, inquietante Tamigi ad attraversarla, una città ripresa dal cielo simile a un’astronave in cerca di allunaggio, fantasmagoria luminiescente che somiglia a tutte le peggiori metropoli-trappole viste al cinema, la Los Angeles di Collateral, la Tokyo di Enter the Void,la città futura di Blade Runner. Il giorno ha sempre la luce livida dell’alba, sparatorie e inseguimenti e amazzamenti si svolgono in location-landmark come Trafalgar Square, eppure vuote, spettrali, fantasmatiche. Come se un metafisico alla De Chirico avesse ridisegnato la città a uso del film. Il regista Nick Love, di cui poco sappiamo, mostra di avere stile al massimo grado, racconta bene una bella storia e la mette in pagina ancora meglio…
…è non solo un magnifico action che si segue sussultando e senza un attimo di requie, ma una discesa in uno di quegli inferni in cui ogni legge è sospesa, dove il male si oppone al bene ma qualche volta lo incontra e gli si sovrappone. Uno di quei film, che con il pretesto del cinema di genere, affonda nel sottosuolo pernennemente barbaro del nostro Occidente e ti mette di fronte all’incoercibile esistenza e virulenza del selvaggio. Ray Winstone gigantesco, orsonwellesiano. Qualche incongruenza (la facilità con cui Regan esce di galera), ma sono difetti minimi in un gran film.
…all this criticism aside; it remains a perfectly watchable genre movie. It has good atmosphere to it and you have to remember this is a British production, so it's quite different from a more polished Hollywood production, so to speak.
You could call this a raw and gritty movie with its story but even more so with its characters. In essence the goods guys are sort of scoundrels as well, despite the fact they work for the police. The break the law to get suspects and evidence but also for their own personal benefit. I guess this also was what made the TV-series popular at the time and also still makes this movie distinct itself somewhat from other similar genre movies. You are sort of rooting for bad guys, which is not an easy thing to achieve, for any sort of movie.
But you can thank the cast for making it work out. Ray Winstone is a great main character, with the right sort of look as well. He looks tough and mean but you still know he can be a loyal and great guy to hang around with, as long as you stay on his good side.
There also is plenty of action to enjoy. Nothing too big but still quite spectacular at times. There are some long shootouts car chases and good old fashioned fist fights to enjoy in this, so you could hardly call this movie a boring one.
It all adds up this movie being a slightly better than average one, though the fact that it's a sort of low-key and low-budget production shall probably mean not that many people will ever see it.
You could call this a raw and gritty movie with its story but even more so with its characters. In essence the goods guys are sort of scoundrels as well, despite the fact they work for the police. The break the law to get suspects and evidence but also for their own personal benefit. I guess this also was what made the TV-series popular at the time and also still makes this movie distinct itself somewhat from other similar genre movies. You are sort of rooting for bad guys, which is not an easy thing to achieve, for any sort of movie.
But you can thank the cast for making it work out. Ray Winstone is a great main character, with the right sort of look as well. He looks tough and mean but you still know he can be a loyal and great guy to hang around with, as long as you stay on his good side.
There also is plenty of action to enjoy. Nothing too big but still quite spectacular at times. There are some long shootouts car chases and good old fashioned fist fights to enjoy in this, so you could hardly call this movie a boring one.
It all adds up this movie being a slightly better than average one, though the fact that it's a sort of low-key and low-budget production shall probably mean not that many people will ever see it.
…Ispirato all'omonimo protagonista della fortunata serie tv in onda negli anni '70, il personaggio interpretato da Ray Winstone si fa portavoce di una morale assai dubbia in cui il fine giustifica i mezzi e il fine, nel suo caso, è quello di sbattere dietro le sbarre i criminali usando ogni metodo, lecito o illecito. Regan non teme i rischi derivanti dal ritagliarsi un ricavo personale in ogni missione e così facendo si attira le ire dei superiori che mettono in piedi un'inchiesta interna sui comportamenti della sua squadra. L'ambiguità mostrata sul lavoro si rispecchia nel privato, visto che l'uomo ha una relazione con una dei suoi agenti, l'ottima Hayley Atwell, qui in un ruolo altrettanto spregiudicato, sposata con un altro superiore, eppure completamente disinibita sessualmente. Nick Love non ama le mezze misure. Nel suo universo niente è tutto bianco o tutto nero e ogni personaggio, pur trattato come figura di genere, senza un approfondimento psicologico realmente acuto, si distingue per le proprie ambiguità e incoerenze…
…La scena iniziale, che strizza l’occhio alle cold open dei telefilm, è UNA BOMBA, una mega-rissa tra guardie e ladri con certe mazzate (date con vere mazze da baseball!) che le senti pure te attraverso lo schermo. In generale, tutte le scene d’azione sono ben coordinate, compresi gli inseguimenti (marchio di fabbrica della serie originale, mi è parso di capire) che non sono proprio il mio genere eppure trovano sempre il modo di tenerti incollato allo schermo.
Bella e riuscita anche l’alchimia tra i due protagonisti: è chiaro che Drew non è proprio un attorone, ma Winstone lavora per entrambi e fa l’impossibile per non mangiarselo. E sentiti ringraziamenti a chi ha deciso di proporci una dinamica poliziotto giovane/poliziotto vecchio scevra da tutte le cagate e i luoghi comuni cui ci ha abituati la filmografia americana di genere (allievo/maestro, impulsivo/saggio, rampante/mi-mancano-5-giorni-alla-pensione eccetera eccetera)…
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venerdì 21 luglio 2017
Devil's Knot - Fino a prova contraria – Atom Egoyan
Atom Egoyan gira negli Usa una storia nella quale l'unica certezza è che tre bambini di otto anni vengono ritrovati ammazzati, con una fine crudele.
cosa è successo non lo sapremo mai, che quei tre ragazzi condannati non sono colpevoli è un'altra ipotesi.
non è un film dell'orrore o di violenza, per buona parte è girato in un tribunale.
Colin Firth è l'attore più famoso, un investigatore privato che fa bene la sua parte, in un gioco già deciso dalla vox populi (e dalla tv che amplifica gli umori).
chi si aspetta grandi scene madri sarà deluso, è un film fatto di silenzi, di sguardi, di attese.
a me è piaciuto - Ismaele
cosa è successo non lo sapremo mai, che quei tre ragazzi condannati non sono colpevoli è un'altra ipotesi.
non è un film dell'orrore o di violenza, per buona parte è girato in un tribunale.
Colin Firth è l'attore più famoso, un investigatore privato che fa bene la sua parte, in un gioco già deciso dalla vox populi (e dalla tv che amplifica gli umori).
chi si aspetta grandi scene madri sarà deluso, è un film fatto di silenzi, di sguardi, di attese.
a me è piaciuto - Ismaele
…Dotato di un gusto
particolare per l'essenziale, in questo caso il regista non lascia grande
spazio all'espressione emotiva della vicenda, ma si concentra sulla
ricostruzione del caso riuscendo allo stesso tempo a descrivere con particolare
"fastidio" l'ottusità di una certa provincia americana guidata dal
bisogno di aderire a delle convenzioni sociali obsolete.
Una scelta a prima vista fredda e piuttosto drastica ma che invece
rappresenta chiaramente la posizione assunta da Egoyan rispetto all'insieme
piuttosto confuso di stravolgimenti emotivi e prove inquinate che hanno
caratterizzato il caso. Attento, scrupoloso e non nascondendo una sua personale
opinione, il regista non cede alla tentazione d'imporre la propria presenza e,
utilizzando l'eleganza moderata di Colin Firth,
veste il doppio ruolo di osservatore e narratore. In questo modo l'attore,
anche se posizionato sempre in una posizione marginale rispetto alla scena del
delitto e allo svolgimento processuale, rappresenta lo sguardo con cui il
pubblico raccoglie informazioni sulla realtà rappresentata. Stanco e fiaccato
dai suoi insuccessi personali, il personaggio continua a lottare spinto
dall'ideale di giustizia e dalla necessità di salvaguardare un futuro
minacciato proprio dagli uomini. Per questo, seduto tra la folla o sul fondo
dell'aula, Colin Firth continua ad imporre la sua presenza mai invasiva per
definire il particolare all'interno di un insieme universale. Un lavoro che
Egoyan svolge, allo stesso tempo, con la macchina da presa intervallando close up intensi a campi lunghi per raccontare le
reazioni dei singoli in relazione con una comunità spesso soffocante e impersonale.
Il tutto con un minimalismo che potrebbe
rasentare la freddezza, ma che lascia spazio alla forza naturale del dramma liberato da ogni orpello narrativo.
…Egoyan mette in scena un film crudo,
freddo, quasi analitico. Il caso giudiziario viene preso in esame non
tralasciando nessuna parte. La sequenza del ritrovamento dei tre cadaveri è un
vero pugno nello stomaco oltre ad essere una delle rare volte in cui un
poliziotto americano viene mostrato sconvolto per un cadavere (siamo lontani
anni luce dalla situazione alla CSI dove i detective sono dei superumani immuni
alle emozioni). Di contro il lavoro che fa Egoyan alla regia è a tratti quasi
documentaristico: pochissimi esterni e molte scene in tribunale, è quasi un
esposizione pura dei fatti riportati sul verbale del caso. Più romanzata
è invece la parte che riguarda le motivazioni personali di Ron Lax. Egoyan però
non esagera mai e rimane sempre fedele all’impostazione “realistica”, non prova
nemmeno a dirci chi ha ucciso i tre ragazzi, nella realtà non si è mai saputo e
quindi lui non si sente in diritto di inventarselo. Insomma promosso a pieni
voti…
…Facile accostare, quantomeno per ambientazione,
quest’ultimo a Fino a prova contraria. Ma la spettrale freddezza
del racconto visivo e il peso quasi insostenibile di ogni suo fotogramma,
sottolineato da continui flashback e flashforward, rendono Fino a prova
contraria il frutto di un pessimismo senza fondo. Come se l’animo
umano non si potesse mondare dal marciume di cui è destinato a nutrirsi, e sia
costretto a convivere con i propri errori, a volte intravedendo una piccola
luce (come la madre di uno dei tre bimbi assassinati, interpretata da una
convincente e dolente Reese Whiterspoon), più spesso preferendo crogiolarsi
nelle sue sciocche certezze, alimentate dal peso delle menzogne.
Con astuzia, Egoyan e gli sceneggiatori non forniscono
certezze, ma accennano e ipotizzano delle possibili soluzioni, smentibili
perché anch’esse puramente indiziarie. Si spiegano così alcuni salti logici
nello script, come a sottolineare l’impossibilità del raggiungimento di una
verità universale. Nerissimo e cupo nel suo gelido spessore, Fino a
prova contraria inquieta, insinuandosi silenziosamente sotto pelle. Un
bel ritorno, per un maestro del cinema contemporaneo.
…Il problema è che Devil's Knot -
Fino a prova contraria non fa quel che sarebbe stato più intelligente
fare: osservare la storia attraverso i risvolti psicologici, dal punto di vista
dei personaggi, magari da un punto di vista popolare. In questo film invece non
c'è un vero e proprio approfondimento, tutto sembra trovarsi là per caso e i
margini su cui gli stessi attori hanno potuto lavorare sono minimi. E allora ci
ritroviamo con una brava e sfattissima Reese Witherspoon alle
prese con un personaggio (Pam Hobbs) insipido, quasi appena abbozzato
nonostante la sua importanza, e con un Colin Firth assolutamente
imbambolato e monocorde nel ruolo di un investigatore privato che chissà perché
prende tanto a cuore una vicenda del genere. Non parlo degli altri attori,
sarebbe come sparare sulla Croce Rossa.
Credo che le colpe però siano da dare
soprattutto alla coppia di sceneggiatori, Paul Harris Boardman e Scott
Derrickson. Quest'ultimo (regista di Sinister) delude ancora una volta in fase di scrittura
soprattutto quando affronta la componente religiosa, presente e per lui (si sa)
molto importante ma qui trattata come nel peggior film televisivo del
pomeriggio presto. Ed è proprio dal punto di vista della sceneggiatura che il
film vacilla maggiormente. E sembra che la lezione impartita in questi ultimi
anni da illustri predecessori (uno su tutti? Mystic River) non sia
stata realmente recepita. Un vero peccato, perché una storia del genere avrebbe
meritato molto di meglio. Non di certo questo film assolutamente inutile che
non lascia nulla se non un gran senso di delusione. E questa è la cosa peggiore
di tutte.
…Il grande assente alla fine è proprio la cultura metal
- occultistica, che avrebbe fornito sulla carta un ottimo spunto
cinematografico. In particolar modo essere riusciti a rendere non interessante
un personaggio come Damien Echols (il principale accusato) deve essere stato
non semplice dati i diversi livelli di lettura (dal disagio sociale, alla
follia, all'intellettualismo) con cui poteva essere affrontata la sua vicenda
umana. Sarebbe forse bastato assegnare il ruolo alla stella in ascesa Dane
DeHaan invece di relegarlo inspiegabilmente in un ruolo minore. Ma Egoyan non
persegue neanche la strada del film di critica sociale: alle gravissime colpe
della polizia o all'oppressione religiosa nella Bible belt viene
dedicato il minimo tempo possibile. Insomma questi fatti sono successi senza
contesto, senza significato, quasi verrebbe da dire senza conseguenze, e il
punto di vista da cui vengono guardate è quello della lettura del verbale.
Forse Egoyan si è fatto bloccare dal timore di dire qualcosa di improprio in
una vicenda che aveva già causato tanto dolore nella realtà?
Notare come il trailer sia volutamente ambiguo, dato che i) fa vedere DeHaan in manette (così suggerendo sia uno degli imputati, quindi uno dei protagonisti), ii) si basa in buona parte sui sogni in modo da tale da far credere che si tratti di un horror quando invece è un legal thriller e pure piuttosto piatto.
Notare come il trailer sia volutamente ambiguo, dato che i) fa vedere DeHaan in manette (così suggerendo sia uno degli imputati, quindi uno dei protagonisti), ii) si basa in buona parte sui sogni in modo da tale da far credere che si tratti di un horror quando invece è un legal thriller e pure piuttosto piatto.
giovedì 20 luglio 2017
De noorderlingen (Les Habitants) – Alex van Warmerdam
in un paese nel quale l'impresa ha finito i soldi, e solo poche case sono state costruite e abitate succedono un bel po' di cose strane, un po' Tati, un po' fantascienza, famiglie infelici, bambini in fuga dalla famiglia, nascondigli sottoterra (prove per Borgman), i miracoli, le corna, in quel villaggio c'è il mondo.
cercatelo e guardatelo, vi stupirà - Ismaele
cercatelo e guardatelo, vi stupirà - Ismaele
In una cittadina olandese
degli anni '60, che sembra un villaggio western, brulicano personaggi
inquietanti: dal postino che legge la corrispondenza di tutti all'autorità
pubblica che gira armata con un fucile da caccia, fino al macellaio erotomane.
L'insieme viene osservato attraverso lo sguardo del figlio adolescente di
quest'ultimo, un adolescente che si identifica con Lumumba, figura di primo
piano della rivolta indipendentista del Congo Belga.
L'inconfondibile registro
cinico-grottesco di Alex Van Warmerdam (il regista del capolavoro Il vestito) viene messo a servizio di
un'analisi spietata dei rapporti di vicinato. Con sequenze che stanno tra le
coreografie da musical e gli elementi fiabeschi, il regista olandese ci
consegna un ritratto corale spietato e straniato di una piccola comunità
voyeurista, rappresentata da individui sordidi e infingardi. L'assemblaggio dei
tanti personaggi però non riesce fino in fondo e nella seconda parte il film
perde mordente, finendo con l'esaurire le risorse migliori e avvitandosi su se
stesso…
When you're watching an Alex van Warmerdam movie you know you're to get
something interesting and unusual. He always fills his films with a large
amount of surrealism but at the same time knows to keep his films accessible
and watchable for the main stream public. It might very well be true that this
movie is his best known and most appreciated movie.
It's not the type of movie with a clear point or purpose but this doesn't
prevent this movie from being simply an enjoyable one to watch. This movie is
mostly so fun to watch due to its many eccentric characters and unusual
settings.
The entire movie is set in an housing development, that consists out of one
long street, without pavement on the road, with a school and butcher shop. At
the end of the road there is a bus-stop and an artificial planted small forest.
This is their entire world. It's set in the '60's, which of course also gives
the movie a certain atmosphere but really this movie could had also easily been
set in modern time and it just wouldn't make that much different to the story
or any of its characters.
The movie is filled with lots of eccentric characters. Every characters has
somethings strange or unusual around him or her, some more extreme than others.
It are mostly this quirky little aspects about each and every character that
makes this movie such a fine comedy, since its not a movie with an awful lot
amount of dialog and its also a rather slow moving movie, with long stretched
shots…
Anni '60, Olanda: in un aborto di quartiere residenziale sorto in
mezzo al nulla, campionario di varia umanità: il postino indiscreto
(interpretato dal regista), il macellaio in fregola con moglie casta sulla via
della santità, la guardia forestale miope e sterile... Commedia nera in cui
l'assurdo va a braccetto con la satira: la "gente del nord" del
titolo è limitata, meschina, razzista, oscillante fra sessuofobia e sessomania.
Si salva solo un ragazzino che, per trovare un eroe in cui immedesimarsi, se lo
deve andare a cercare in Congo. Film felicemente spiazzante, sorprende e
diverte.
… Film de groupe, davantage que film
choral, Les habitants évolue sur un ton et une forme
étranges, difficiles à saisir et classer, entre la rigueur burlesque des cadres
d’un Tati et un regard parfois quasi-documentaire sur des vies individuelles
dotées chacune de leur singularité. Alex van Warmerdam – précurseur en ce sens
d’un Kaurismaki ou d’un Von Trier – expérimente un emploi trouble du studio et
du décor naturel, dont les codes se modifient au fur et à mesure que la
psychologie collective de la ville évolue. Le personnage le plus important
des Habitants est peut-être l’espace, qui conditionne
la mentalité du groupe et crée une forme de huis-clos organisé selon des règles
originales. De manière paradoxale, les espaces faussement
« naturels » (la forêt) se révèlent les espaces de l’enfermement et
de l’intimité, en ce qu’ils sont riches de creux et de recoins obscurs, quand
les lieux d’habitation, troués de larges fenêtres et bouchés par le vis-à-vis,
sont précisément ceux où l’on peut soi-même observer et être observé…
… Reposant sur une galerie de personnages
excentriques et assez peu attachants, extrêmement économe en mot, très stylisé
- à la limite de la préciosité - dans sa direction artistique comme dans sa
narration un peu abstraite, rythmé sur un tempo plutôt lent mais composé d’une
succession de petits morceaux de bravoure, et habillé d’une bande-son qui
n’épargne ni les silences dérangeants ni les dissonances, Les Habitants pourra désarçonner, et il sera aisé
aux déçus de l’évacuer du revers d’une expression péjorative du type "cinéma
poseur" ou "arty". Il aura toutefois, à sa manière et aux côtés,
par exemple, d’un Aki Kaurismaki, contribué aux débuts des années 90 à
l’émergence d’un courant du cinéma nord-européen, habité par un véritable
regard sur le monde et une volonté constante de composer des images fortes et
insolites. A cet égard, il mérite indéniablement la (re)découverte.
…Assez difficile à définir, Les Habitants est une comédie surréaliste
empreinte d’un bel humour légèrement teinté de noir : insolite, baroque,
fantaisiste, original, saugrenu,… tous ces adjectifs peuvent s’appliquer au
film et, surtout, à ses personnages. Il y a de belles trouvailles, l’écriture
est précise et on comprend aisément que la préparation ait nécessité de
nombreux mois. Au-delà de l’humour, Alex van Warmerdam porte un regard sur
notre faculté à vivre ensemble, il oppose le monde de l’enfance et le monde des
adultes, ou plus exactement fait un parallèle entre les deux. Le réalisateur
utilise l’excentricité pour mieux faire ressortir certains traits de caractère
qui peuvent s’appliquer à tout un chacun. La photographie est assez belle, très
épurée et aux couleurs vives. Les Habitants donne
vraiment envie de découvrir les autres films de ce cinéaste néerlandais.
mercoledì 19 luglio 2017
martedì 18 luglio 2017
lunedì 17 luglio 2017
Glassland - Gerard Barrett
due attori straordinari come Toni Collette e Jack Reynor (già
visti in altri film, lei qui e
lui qui, per
esempio) sono mamma e figlio, e tocca a John farsi carico di Jean, la madre.
sceneggiatura perfetta, niente melensaggini, né prediche, le cose vanno davvero male, senza finte, con difficoltà enormi, come è la vita per quelli sfortunati.
solo se sei già morto questo film ti lascerà indifferente.
è piccolo grande film da non perdere - Ismaele
sceneggiatura perfetta, niente melensaggini, né prediche, le cose vanno davvero male, senza finte, con difficoltà enormi, come è la vita per quelli sfortunati.
solo se sei già morto questo film ti lascerà indifferente.
è piccolo grande film da non perdere - Ismaele
La presentación del protagonista es de un pragmatismo
ejemplar. Con tan sólo una escena somos capaces de conocer las rutinas
generales por las que discurre la vida de este taxista que, tras llegar a su
casa después de un largo turno de noche, se encuentra a su madre, con quien
comparte casa, inconsciente en su propio vómito. La precisión de cada
movimiento y la relativa calma con la que asume la penosa situación nos dan a
entender que éste es un escenario conocido para el personaje principal. No ha
sido la primera vez que ha tenido que llevar, con una mezcla de preocupación y
vergüenza, a su madre al hospital; sin embargo, a deducir por las palabras del
médico, sí que podría ser la última. El doctor ofrece pocas esperanzas a John.
Su madre debe dejar el alcohol inmediatamente o morirá, incluso si decidiera
dejarlo es posible que no sobreviva si no encuentra el tratamiento adecuado a
tiempo…
…Glassland se hace eco de toda esa violencia
hegemónica para componer su canto a la depresión y a la dramática situación de
cientos de familias desestructuradas. Pero ante todo, Glassland es
una historia de amor incondicional. Ese vínculo inquebrantable y único que se
crea entre una madre y un hijo.
Irish
writer-director Gerard Barrett’s second film, the sensitive and
heartbreaking Glassland, premiered at
Sundance last year. Jack Reynor stars as the almost grown
boy John who is dealing with the daily stress of being forced to become his
parent’s (Toni Collette) parent. His mother is an alcoholic and taking care of
her is a frequent source of frustration and anger. But you really see the love
shared between them even though she’s not able to take care of herself, let
alone her son. Most of the film is shot from John’s perspective, capturing
the loneliness of taking care of an adult who should be taking care of him —
exacerbated by the fact that his best friend (Will Poulter) is about to move
away…
Movies
alone don't have the power to discourage people from drinking or encourage them
to stop; but if they did, "Glassland," about the relationship between
an alcoholic mother and her grown son, might not be a bad candidate to show on
Intervention Movie Night. Written and directed by Gerard Barrett, this intimate Irish
drama travels a road that'll be familiar to anyone who's ever seen a film about
addiction, or known an addict, but the fact that all stories of addiction are
essentially the same doesn't blunt its impact…
domenica 16 luglio 2017
State of dogs - Peter Brosens, Dorjkhandyn Turmunkh
quando Peter Brosens ancora non faceva i film con Jessica
Woodworth.
la storia è quella di un cane che segue le vicissitudini della famiglia, che da pastori della steppa diventeranno, forse, baraccati della capitale.
e Basaar, uno della famiglia, viene, forse, abbandonato, o si perde, e diventa un cane randagio, uno dei tanti, troppi, e l'unica sua speranza è la reincarnazione.
film unico, che merita davvero - Ismaele
la storia è quella di un cane che segue le vicissitudini della famiglia, che da pastori della steppa diventeranno, forse, baraccati della capitale.
e Basaar, uno della famiglia, viene, forse, abbandonato, o si perde, e diventa un cane randagio, uno dei tanti, troppi, e l'unica sua speranza è la reincarnazione.
film unico, che merita davvero - Ismaele
Baasar è un cane randagio. Mentre sta vagando tra le strade
della capitale Ulan Bator, viene ucciso da cacciatori il cui compito è ridurre
il numero, altissimo, di cani senza padrone presenti in città. L’anima del cane
si deve quindi reincarnare e, come si narra in una leggenda mongola, potrà
avvenire sotto forma di essere umano, dopo aver passato una vita a vagare
libero. Ma Baasar non vuole rinascere come uomo. L’anima di Baasar inizia
quindi a ripercorrere tutta la sua esistenza: prima cane da pastore che viveva
nella steppa con una famiglia nomade, poi abbandonato dai proprio padroni,
infine l’incontro con una donna che aspetta un bambino.
Diretto dal mongolo Dorjkhandyn Turmunkh e dal belga Peter
Brosens, quest’ultimo autore anche dello splendido Khadak (2006), State
of Dogs è un film straordinario, sicuramente il migliore della
Mongolia post comunista e forse dell’intera storia cinematografica di quel
paese. Si tratta di una pellicola difficile da definire e inserire in un genere
preciso. Elementi di finzione si integrano con stralci documentari, quasi
etnografici, e altri fiabeschi, fantastici e impressionisti, come
impressionista è l’immagine di Ulan Bator e della Mongolia che gli autori
danno. Alle vicende del cane Baasar che non vuole diventare uomo, si affiancano
leggende mongole, miti di fondazioni, cerimonie e canti popolari. Il risultato
è un film profondo, riflessivo e altamente spirituale, dal sapore quasi
mistico, lento, ma mai noioso, che affascina sin dal primo istante.
La reincarnazione di Baasar si fa metafora della condizione umana, in cui tutto scorre e tutto è movimento. Come fa ben notare Carson Lund su Cinelogue, il movimento è il tema centrale della pellicola, il nodo focale: il fluire della vita e il rapporto vita-morte sono mostrati visivamente attraverso movimenti reali e concettuali. Si va dall’errare del cane randagio al vagare della sua anima, dal transito di treni e auto in paesaggi sconfinati sino al passaggio dai costumi tipici a quelli della modernità. Il tutto si conclude con la scena che vede protagonista una contorsionista, che si esibisce sulle note di Charo Calvo, e che dà bene l’idea quasi di un’astrazione della vita.
Il misticismo di State of Dogs è autentico e non infastidisce certo lo spettatore che si ritrova trasportato in una realtà lontana. Presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia e al Festival di Toronto, ha vinto 18 premi in giro per il mondo, tra cui il Grand Prix al Visions du Réel Film Festival di Nyon, Svizzera, tra le principali manifestazioni documentaristiche internazionali. Sono premi davvero meritati.
da quiLa reincarnazione di Baasar si fa metafora della condizione umana, in cui tutto scorre e tutto è movimento. Come fa ben notare Carson Lund su Cinelogue, il movimento è il tema centrale della pellicola, il nodo focale: il fluire della vita e il rapporto vita-morte sono mostrati visivamente attraverso movimenti reali e concettuali. Si va dall’errare del cane randagio al vagare della sua anima, dal transito di treni e auto in paesaggi sconfinati sino al passaggio dai costumi tipici a quelli della modernità. Il tutto si conclude con la scena che vede protagonista una contorsionista, che si esibisce sulle note di Charo Calvo, e che dà bene l’idea quasi di un’astrazione della vita.
Il misticismo di State of Dogs è autentico e non infastidisce certo lo spettatore che si ritrova trasportato in una realtà lontana. Presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia e al Festival di Toronto, ha vinto 18 premi in giro per il mondo, tra cui il Grand Prix al Visions du Réel Film Festival di Nyon, Svizzera, tra le principali manifestazioni documentaristiche internazionali. Sono premi davvero meritati.
sabato 15 luglio 2017
You, the Living (Du levande) - Roy Andersson
You,
the Living contiene già Un piccione seduto su un ramo
riflette sull'esistenza,
il film premiato a Venezia nel 2014.
comico e
tragico si alternano e si rincorrono, in quel mondo lontano che è il nostro.
secondo
me sarebbero piaciuti a Giacomo Leopardi, questi 50 piccoli e densi episodi da
Zibaldone dell'umanità.
gran
film, da recuperare senz'altro - Ismaele
ps: Roy Andersson ha fatto molti corti pubblicitari, imperdibili; per chi li vuole (ri)vedere, eccoli qui
…Andersson’s
“You, the Living” is hypnotic. Drab, weary people slog through another
depressing day in a world without any bright colors. A bitter alcoholic woman
sits on a park bench hatefully insulting a fat, meek man, screams that she will
never see him again, finds out there’s veal roast for dinner, and says she may
drop by later. A tuba player complains that the bank has lost 34 percent of his
retirement fund. He says this while a naked Brunnehilde with a Viking helmet
has loud sex with him. A carpet salesman loses a sale because someone sold the
end off a 10-foot runner.
So it goes. There are 50 vignettes in
this film, almost all shot with a static camera, in medium and long shots.
Sometimes the characters look directly at us and complain. A psychiatrist says
he has spent 27 years trying to help mean and selfish people be happy and asks,
what’s the point? A girl imagines her marriage with the rock guitarist she has
a crush on. The tuba player is hated by his wife and his downstairs neighbor. A
bass drum player is also unpopular when he rehearses…
…Andersson
-todo un director de culto- no volvió a filmar hasta 2007, cuando estrenó en
Cannes Du levande, aquí rebautizada como La comedia de la vida. Sin dejar de reconocerle méritos, la
visión -en un mucho más modesto microcine de la calle Ayacucho- de su nuevo
trabajo no me generó ninguna de las sensaciones que aún conservo de aquel film
que aprecié en 2001: fascinación, asombro, entusiasmo.
No sé quién cambió más (probablemente sea
yo), pero el efecto ya no fue el mismo. Y digo que el "problema" aquí
es el receptor porque el cineasta sueco sigue sosteniendo y hasta redoblando la
apuesta por historias corales, episódicas, que ofrecen una visión pesimista,
desesperanzada sobre la angustia existencial, sobre la vida más bien gris de
los centros urbanos, con sus atascamientos de tránsito, sus moles de hormigón,
sus borrachines de bar, sus penosos músicos, sus empresarios despiadados, las
pesadillas de sus antihéroes (como un albañil que es ejecutado en la silla
eléctrica por romper un juego de porcelana), bombardeos y lluvias bíblicas.
Entre el humor físico, el surrealismo/lo
onírico y la tragicomedia negra (una extraña mezcla entre Buster Keaton y
Jacques Tati, Delicatessen y Aki Kaurismäki),
Andersson construye una fábula que recurre siempre al humor absurdo, al
artificio, a la exageración y al desparpajo. Su cine, es innegable, está lleno
de ideas, muchas de ellas muy buenas, pero, al menos en el caso de La comedia de la vida, la acumulación abruma y la suma, el
resultado final, es menos interesante que cada una de sus partes por separado.
De todas maneras, aunque no es una
propuesta que me haya generado un efecto eufórico, la recomiendo. La recomiendo
porque es Andersson un autor a contracorriente, dueño de un cine diferente y
simpre arriesgado. Y porque es una proeza que se sigan estrenando este tipo de
películas, en fílmico, en un mercado tan diezmado como el actual. Ojalá le vaya
bien. Se lo merece.
…However, You,
the Living goes off the tracks in choosing its targets. In Songs
from the Second Floor, Andersson took aim at corporate hot shots and
government officials for their mendacious, clueless behavior. His satire was
barbed and appropriately savage. Unfortunately, You, the Living takes
aim at ordinary people. Andersson, who also wrote the script for the film,
makes fun of curious customs (strange movements to a song sung at a formal banquet),
infirmaties (a man using a walker pulling a dog hopelessly entangled in its
leash), and annoying behaviors (playing a tuba in the house). These bits are
laugh-out-loud funny, but they are cheap shots nonetheless and rather
pointless. Yes, some people will never be satisfied, and we might just blow
ourselves up because we don’t seem to know any better. But seeing the world as
populated with miserable grotesques is more than a caricature; it’s a deeply
misanthropic world view that really doesn’t offer much to movie audiences but a
chance to feel mean and superior, too…
venerdì 14 luglio 2017
giovedì 13 luglio 2017
Non dico altro - Nicole Holofcener
è il
primo film con James Gandolfini che vedo,è
davvero bravo, purtroppo non c'è più.
il film poteva essere una scemenza come tante, ma i
protagonisti sono davvero vivi, potrebbe essere un documentario, per quanto la
finzione è ben nascosta.
si resta senza parole, ed Eva
e Albert li vorresti come amici, davvero.
non privatevene, buona visione - Ismaele
Nicole Holofcener si accolla una sfida non banale: realizzare
una commedia romantica con tutti i crismi (corteggiamento, incertezze, coro di
comprimari chiacchieroni, scene madri) scegliendo due protagonisti che non
hanno (quasi) nulla di seducente. Due persone normali: entrambi hanno passato i
40 da un po', entrambi hanno un divorzio e una figlia da gestire, lui tende
all'obesità e lei tende ad avvizzire. Hanno lavori poco cinematografici e
carriere tutt'altro che rampanti: lui fa l'archivista di vecchi e dimenticati
programmi televisivi americani, lei la massaggiatrice a domicilio. Non hanno
voglia di strafare, non sono interessati al gioco estenuante della seduzione,
non vogliono piangersi addosso ma nemmeno spacciarsi per quello che non sono:
cinematograficamente, una bella sfida, soprattutto a livello di scrittura…
… E poi c'è James Gandolfini, cui il film è dedicato, in
un'interpretazione postuma che fa rimpiangere tutto ciò che non ha avuto il
tempo di dare al cinema. Principe azzurro fuori formato e fuori tempo, gli
occhi due pozze di malinconia, il sorriso dolente e una vulnerabilità esibita
con misura e pacatezza, Gandolfini scolpisce con perizia il proprio personaggio
sullo schermo…
Un’ipotesi: diretto da un uomo Non dico altro sarebbe
stata l’ennesima farsa degli equivoci, con corollario di stantie amenità
sessuali. Il tocco delicato dell’abile Nicole Holofcener, invece, riesce a fare
dell’inconsistenza uno spettacolo gradevole, partendo da un soggetto che non è
che un’ideina...
…Qui la storia è quella di una relazione
matura e di un intrigo nato da un equivoco, in cui la protagonista, la piacente
Eva, si innamora del goffo Albert. Ma Albert è James
Gandolfini, al quale il film è dedicato, che
forse ha chiuso la sua vita d’attore su questo set e la sua presenza valorizza
il film. Ma Non dico altro riesce a funzionare, anche per merito
della schiera d’attrici di consumata esperienza, Julia Lous-Dreyfuss, Catherine
Keener, Toni Collette che fanno da contorno al già citato
Gandolfini, grazie ad una scrittura incalzante, ad una struttura collaudata, in
altre parole è uno di quei film per cui alla fine ci si domanda cosa abbia
trattenuto in sala, tanti spettatori così attenti, accorgendoti di essere stato
uno di loro, condividendo la leggerezza della sua regista nel disegnare la vita
di quei personaggi, depurata dai momenti noiosi dell’esistenza, che, come
diceva qualcuno, pare sia uno dei compiti del cinema. Nicole Holofcener e la
sua equipe hanno imparato da tempo questa semplice, ma non semplicistica
lezione.
…la fisicità dei due attori
protagonisti è il punto di forza della narrazione: Julia Louis-Dreyfus, che
molti ricordano soprattutto come la Elaine della sitcom Seinfeld,
è una piccoletta il cui corpo infantile fa il paio con l'immaturità
sentimentale di Eva; James Gandolfini, qui alla sua ultima interpretazione, è
un orso dallo sguardo buono, il cui primo istinto è quello di abbracciare e
accogliere chiunque abbia di fronte. Non dico altro meriterebbe di
essere visto anche solo per come sa mostrare l'altra faccia di un attore noto
per i suoi ruoli di mafioso e di killer, e invece capace di infinita tenerezza
espressa in delicatissime sfumature di emozione.
Eva e Albert (basterebbe poco a trasformare i loro nomi in quelli della prima donna e del primo uomo) sono lo specchio della solitudine e dello smarrimento contemporaneo, dei tanti single"stanchi di guerra" e spaventati dalla propria ombra, tanto fragili e insicuri quanto terrorizzati dalle debolezze altrui e dagli altrui fallimenti. La loro paura di invecchiare da soli, ora che le figlie stanno prendendo il volo, li spinge a tenere lo sguardo abbassato verso il baratro invece che sollevato verso l'orizzonte. Ed è soprattutto la donna a cercare compulsivamente i punti deboli dell'uomo privandolo del suo diritto alla fallibilità, che è proprio quello che lo rende "sexy" e amabile. Eva sconta decenni di modelli plastificati, cerca con il lanternino i segnali d'allarme di un disastro imminente, e maschera con la propria intolleranza il disagio che prova verso se stessa e verso le proprie inadempienze…
Eva e Albert (basterebbe poco a trasformare i loro nomi in quelli della prima donna e del primo uomo) sono lo specchio della solitudine e dello smarrimento contemporaneo, dei tanti single"stanchi di guerra" e spaventati dalla propria ombra, tanto fragili e insicuri quanto terrorizzati dalle debolezze altrui e dagli altrui fallimenti. La loro paura di invecchiare da soli, ora che le figlie stanno prendendo il volo, li spinge a tenere lo sguardo abbassato verso il baratro invece che sollevato verso l'orizzonte. Ed è soprattutto la donna a cercare compulsivamente i punti deboli dell'uomo privandolo del suo diritto alla fallibilità, che è proprio quello che lo rende "sexy" e amabile. Eva sconta decenni di modelli plastificati, cerca con il lanternino i segnali d'allarme di un disastro imminente, e maschera con la propria intolleranza il disagio che prova verso se stessa e verso le proprie inadempienze…
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