lunedì 24 luglio 2017

Lion - La strada verso casa - Garth Davis

Saroo da piccolo è immenso, corre corre corre, si merita la medaglia d'oro per la mezza maratona, oltre che un Oscar.
la storia è terribile, e bellissima.

Saroo sembra il bambino dell'Elogio dell'infanzia (di Peter Handke):

Quando il bambino era bambino,
camminava con le braccia ciondoloni,
voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume un torrente
e questa pozzanghera il mare.
Quando il bambino era bambino,
non sapeva di essere un bambino,
per lui tutto aveva un’anima
e tutte le anime erano un tutt’uno.
Quando il bambino era bambino
non aveva opinioni su nulla,
non aveva abitudini,
sedeva spesso con le gambe incrociate,
e di colpo si metteva a correre,
aveva un vortice tra i capelli
e non faceva facce da fotografo.
Quando il bambino era bambino,
era l’epoca di queste domande:
perché io sono io, e perché non sei tu?
perché sono qui, e perché non sono lì?
quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio?
la vita sotto il sole è forse solo un sogno?
non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo
quello che vedo, sento e odoro?
c’è veramente il male e gente veramente cattiva?
come può essere che io, che sono io,
non c’ero prima di diventare,
e che, una volta, io, che sono io,
non sarò più quello che sono?
Quando il bambino era bambino,
si strozzava con gli spinaci, i piselli, il riso al latte,
e con il cavolfiore bollito,
e adesso mangia tutto questo, e non solo per necessità.
Quando il bambino era bambino,
una volta si svegliò in un letto sconosciuto,
e adesso questo gli succede sempre.
Molte persone gli sembravano belle,
e adesso questo gli succede solo in qualche raro caso di fortuna.
Si immaginava chiaramente il Paradiso,
e adesso riesce appena a sospettarlo,
non riusciva a immaginarsi il nulla,
e oggi trema alla sua idea.
Quando il bambino era bambino,
giocava con entusiasmo,
e, adesso, è tutto immerso nella cosa come allora,
soltanto quando questa cosa è il suo lavoro.
Quando il bambino era bambino,
per nutrirsi gli bastavano pane e mela,
ed è ancora così.
Quando il bambino era bambino,
le bacche gli cadevano in mano come solo le bacche sanno cadere,
ed è ancora così,
le noci fresche gli raspavano la lingua,
ed è ancora così,
a ogni monte,
sentiva nostalgia per una montagna ancora più alta,
e in ogni città,
sentiva nostalgia per una città ancora più grande,
ed è ancora così,
sulla cima di un albero prendeva le ciliegie tutto euforico,
com’è ancora oggi,
aveva timore davanti a ogni estraneo,
e continua ad averlo,
aspettava la prima neve,
e continua ad aspettarla.
Quando il bambino era bambino,
lanciava contro l’albero un bastone come fosse una lancia,
che ancora continua a vibrare. (da qui).

poi cresce e Dev Patel, sempre molto bravo, diventa Saroo.
bravissima anche Nicole Kidman, in una parte da casalinga, senza sex appeal.
se non avete paura che gli occhi si appannino è il film per voi, anch'io non ho resistito.
nel film ci sono mille cose, ma sono ben amalgamate, meno male che qualcosa di bello portano ai cinema estivi.

cercatelo, vi piacerà, una storia dei nostri tempi, dove convivono la schiavitù e Google Earth, gli obesi e i morti di fame, los todopoderosos y los de abajo - Ismaele

in questa recensione poetica come non citare Bertolt Brecht?
Il dormitorio
Sento che a New York
all'angolo fra la 26.a strada e Broadway
durante i mesi d'inverno ogni sera c'è un uomo
e ai senzatetto che là si radunano
pregando i passanti procura nel dormitorio un letto.

Il mondo così non si muta,
i rapporti fra gli uomini così non si fanno migliori
l’era dello sfruttamento così non diventa più breve.
Ma alcuni uomini hanno un letto per la notte,
il vento per una nottata viene tenuto lontano da loro,
la neve a loro destinata cade sulla strada.

Non chiudere il libro dove questo leggi, uomo.
Alcuni uomini hanno un letto per la notte,
il vento per una nottata viene tenuto lontano da loro,
la neve a loro destinata cade sulla strada.
Ma il mondo così non si muta,
i rapporti fra gli uomini così non si fanno migliori
l’era dello sfruttamento così non diventa più breve.


















Un film molto emotivo e sincero, in cui non vi sono forzature melodrammatiche. Garth Davis si fa portavoce di una storia sincera e lo fa mantenendosi a distanza, facendo parlare la fragilità del giovane protagonista. “Lion” é un abbraccio affettivo che ci fa entrare in una realtà totalmente diversa dalla nostra, e lo fa con assoluta sensibilità e dedizione.

Lion’s first half, which focuses on the young Saroo, is exceptionally well done. Davis effectively captures the boy’s fear and confusion at being separated from his brother then stranded in a strange country where he understands nothing, can’t speak the language and doesn’t know the culture. Non-professionally trained actor Sunny Pawar (who doesn’t speak English) conveys the essence of a child’s view of this big, frightening world…

Hay un plano que a mi especialmente me gusta repensar y es cuando Saroo, perdido en Calcuta, se mira a los ojos (con una profundidad y pureza que pocos actores consiguen) de los otros niños como si se tratase de un espejo, sin ninguna intercesión del egoísmo identitario, viéndose reflejado en las acciones del otro, mientras que cuando viaja a Australia, le enseñan a ser un ego individualizado, a competir contra los demás. Por otra parte, la crudeza de la realidad de Calcuta es bien reflejada casi sin filtros por el director. Es un buen trabajo de inmersión.
Lion, al final pone sobre la mesa la búsqueda de nosotros mismos, del hogar, de la familia como construcción, la infancia como nostalgia y anhelo, el crecimiento y la superación personal, pero sobre todo, la necesidad de la memoria en una civilización que engulle progresivamente a las otras. Es una historia sobre la convivencia entre culturas y sus conflictos personales.

Certo, una di quelle storie ricattatorie cui non ce la si fa a resistere, anche per non passare da cinici e insensibili ai mali del mondo, con dentro tutte le miserie e le sofferenze atte a suscitare il nostro senso di colpa di affluenti occidentali. Ma con un senso robusto della narrazione, con un racconto che, finché si muove sullo sfondo dell’India delle ultime caste e delle sue città-mostro, non annoia e perfino avvince, anche grazie a un attore bambino di quelli che rubano la scena e sembrano nati per la macchina da presa (nome da annotare: Sunny Pawar). Se Lion riesce a evitare il peggio è anche per la regia, energetica e assai fisica, assai corporale, per niente formalistica e ingessata, del giovane australiano (viene da lì, Australia e Nuova Zelanda, la produzione, cui poi ha apposto il proprio sigillo Harvey Weinstein) Garth Davis, al suo primo lungometraggio, ma con alle spalle la direzione condivisa con Jane Campion di una serie di peso e di culto come Top of the Lake. E poi il cast, ottimo. Con un Dev Patel – tutti i ruoli di giovane uomo di origine indiana vanno a lui – che sa di avere una buona carta in mano e non se la lascia scappare, e con la migliore Nicole Kidman degli ultimi anni, dimessa al punto giusto e qualunque al punto giusto, quale madre adottiva del protagonista. Sì, c’è anche Rooney Mara, ma in un ruolo inconsistente che spreca il suo talento e quella sua naturale grazia audreyhepburniana. Storia vera signori, verissima, di vere lacrime e veri dolori, perché si sa che la vita sa essere più romanzesca di ogni invenzione, e questo è il caso, tantopiù che ci son di mezzo ambienti esotici dove diventa possibile quel che da noi è perfino inimmaginabile…
…La seconda parte, con Saroo ormai grande avvolto sì nel confortevole benessere della famiglia adottiva ma ansioso di ritrovare come usa dirsi le proprie radici, è più di maniera e sentimentalista. Eppure anche qui ci sono passaggi non così melensi che instillano qualche sano dubbio e interrogativo sugli effetti collaterali che l’adozione, ogni adozione, anche la meglio intenzionata, può comportare. Si guardi al fratello adottivo di Saroo, che mai si integrerà sviluppando invece una sorda ostilità verso un mondo che non è il suo e non ha scelto. Ma anche l’ottimo Saroo, consolazione di mamma e papà d’Australia, ci ha sempre quel grumo dentro, quel bisogno di ritrovare la vera madre, quel richiamo così prepotentemente biologico che contraddice ogni versione semplificatoria e tranquillizzante dell’adozione, quell’aura di correttezza che la circonda, quell’ideologia e mitologia salvifica così autosbandierata: ma l’abbiamo fatto per lui! ma gli abbiamo garantito un futuro e una vita migliore! ma l’abbiamo strappato alla fame e alla miseria! ma gli abbiamo dato quell’amore che non avrebbe avuto! Sottacendo magari poderosi egoismi e grovigli psicologici assai complessi…

Dev Patel consigue transmitir con sensibilidad, con delicadeza, la sensación de confusión, de sentimiento de pérdida. Logra emocionar, pero es Sunny Pawar, el niño Saroo, el que está maravilloso en su papel. Su interpretación (mejor verla en original, no doblado) es auténtica, cautivadora.
“Lion” plantea cuestiones de peso en una historia de superación de infancias difíciles, de vínculos familiares, de pérdidas y reencuentros, logrando una película envolvente en su primera parte, conmovedora y bien construida a pesar de ir de más a menos.

en su tramo final es capaz Lion de sobreponerse para entregar uno de esos desenlaces emotivos y capaces de sacar la lágrima al público más duro de corazón. Broche final previsible para uno de los filmes, en conjunto, más bellos e inspiradores del año, de esos que parecen pensados al detalle para colarse en las carreras de premios.
da qui

la mamma di Saroo è in queste fotografie:



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