un film
di vendetta che cresce fino a cambiare il traffico di droga della capitale.
personaggi
caricaturali come il boss della droga vegano, ma tutti sono azzeccati, e sopra
tutti Stellan Skarsgard, semplicemente
strepitoso.
non sarà un capolavoro, ma si fa vedere davvero bene, non
privatevene - Ismaele
…quello che troviamo vincente è la macchina registica e
autoriale di Hans Petter Moland e del suo sceneggiatore, che dimostrano grande
maestria e una bella originalità da thriller tarantiniano di serie A, offrendo
ai loro due straordinari interpreti la possibilità di costruire personaggi
indimenticabili. Da non perdere.
Bellissimo! Un thrillerone condito da un filo di humour nero,
che da un po' di nuova linfa vitale al cinema in generale. Scommetto che
diverrà ben presto un cult negli anni a venire. Secondo me, il cinema
scandinavo sarebbe un ottimo punto di ripartenza per la settima arte, visto che
diverse pellicole di questa zona, sono quelle che hanno avuto più successo
negli ultimi anni. Questo film, si avvale molto dell'influenza di vari artisti,
quali Tarantino, vedi la violenza pulp o dialoghi molto ironici, ed anche i
Cohen, per via della storia violenta con alla base la vendetta e, anche in
questo caso, i dialoghi graffianti. La vicenda si svolge in luogo meraviglioso,
una delle ambientazioni cinematografiche più belle di sempre, e viene
tramandato proprio il messaggio che fa intendere che anche nella neve più
candida e soffice si nasconde sempre il marcio e il male, dove tu non
penseresti mai. Ora in realtà questo messaggio l'ho intuito io, non so se c'era
veramente, ma ad ogni modo è di forte impatto. La regia, si capisce subito che
non è americana, non c'è esattamente un perchè, si capisce e basta. E che
regia! Bella solida, dettagliata, riprese pazzesche ed altrettanto pazzesche le
diverse scene di violenza nella neve. Poi c'è suspance, il ritmo è scorrevole,
la storia si fa fin da subito avvincente e non ha mai fasi di stallo o
quant'altro. Poi ho trovato una magistrale direzione degli attori, incredibile,
e poi anche una grandissima caratterizzazione dei personaggi. Ambientazione
valorizzata al massimo, è una parte fondamentale. Si alterna benissimo
l'elemento thriller con la commedia nera, stile "Le Iene" e
"Pulp Fiction". Ottima la narrazione della storia, lavoro
eccezionale, non c'è che dire. Ah, la fotografia è anch'essa fantastica, molto
suggestiva. Si sposa perfettamente col bianco della neve. Gran colonna sonora e
montaggio davvero forte e originale. Alla sceneggiatura manca qualcosa invece,
delle cose vengono un po' tralasciate per strada. In compenso però i dialoghi
sono epici. Il finale è stupendo anche se un tantino americano, mentre
l'ultimissima scena è di una genialità unica. Il cast è eccezionale: Skarsgard
è pazzesco, mentre Ganz e Hagen fanno a chi a gara a chi è più bravo. Ma
Skarsgard è un'altra cosa. In fin dei conti è un rape & revenge, ma non è
il solito film di questo filone. Ultima cosa, da notare l'evolversi della trama
che all'inizio sembra molto semplice, mentre dopo è molto più intricata.
…Kraftidioten si muove su una linea di confine portata
all’estremo: riprese insistite, che durano troppo rispetto alla necessità
narrativa, innesti fuori luogo, svolte improbabili (il bambino che si avvicina
al rapitore, saturazione del vuoto paterno: «La conosci la sindrome di
Stoccolma?»), elementi dissonanti che mettono il senso in discussione. Non solo
grottesco, dunque: c’è un dubbio perenne fra due poli, un equilibrio tra farsa
e dramma, con la prima che sembra prevalere salvo poi deviare all’improvviso e
mostrare sofferenza vera.
Il gioco si esaurisce presto, la successione degli eventi è elementare fin quasi all’offensivo, tra mafie incrociate e rese dei conti, il meccanismo di genere viene meramente applicato senza intervento del “demiurgo”. Anche così - però - grazie alla prova ambigua di tutti gli attori (un bifronte Skarsgård, ma anche la dimessa violenza di Bruno Ganz) resta parzialmente dislocante, senza etichetta, in bilico fra registri come ragione del suo essere.
Il gioco si esaurisce presto, la successione degli eventi è elementare fin quasi all’offensivo, tra mafie incrociate e rese dei conti, il meccanismo di genere viene meramente applicato senza intervento del “demiurgo”. Anche così - però - grazie alla prova ambigua di tutti gli attori (un bifronte Skarsgård, ma anche la dimessa violenza di Bruno Ganz) resta parzialmente dislocante, senza etichetta, in bilico fra registri come ragione del suo essere.
…Con tutto il bene che vogliamo a Dickman, alla sua eroica
vendetta, bisogna però riconoscere che la parte spassosa del film la giocano i
cattivi. La sceneggiatura alterna la sofferenza di Nils all'ironia e comicità
delle due bande criminali, con dialoghi e battute memorabili. Particolare
attenzione al dialogo fra due scagnozzi del Conte che discutono di welfare e
tirano in ballo anche l'Italia. Tra le tante battute ben riuscite - e ben
dosate - cito quella con cui Il Conte congeda il killer che gli ha appena
riferito il nome del mandante in cambio di una somma di denaro: "Sei stato
pagato da un cittadino norvegese". E questo basta e avanza per toglierlo
di mezzo (Il Conte sarebbe un ottimo testimonial dell'agenzia delle entrate).
Dickman, come detto, è il padre violato, l'uomo comune che
diventa eroe. Non c'è spazio per scherzare, ma ci sono tutti i presupposti per
dissetarsi di pulp ed epos, e amalgamarli in una favola moderna. Al posto della
neve il sangue schizza sul vetro della camera, mentre un dente si ferma poco
prima. Si fronteggiano il fuoristrada e lo spazzaneve nuovo fiammante di ultima
generazione, una specie di mostro alla "Brivido" di King, da cui Nils
salta fuori al rallentatore atterrando con un tonfo sulla neve fresca. Sullo
sfondo s'intravede persino la luna. Ma niente in confronto alla
sparatoria "salmoni-western" in giacca e cravatta (a eccezione del
buon Dickman, sempre in tiro coi soliti pantaloni da lavoro catarifrangenti)
che chiude definitivamente il conto fra norvegesi e serbi. Proprio un
gran finale con tutti i crismi, che non si priva nemmeno del "codino"
catartico e nonsense: che piaccia oppure no, ha il merito di troncare sul
nascere eventuali trascendenti voli interpretativi.
…Guardando apertamente al cinema dei
fratelli Coen (da Fargo a Burn After
Reading) Moland unisce con coerenza la commedia demenziale al nero più
sanguinoso, divertendosi a caratterizzare una folle e violenta serie di
personaggi, tra cui spiccano un tradizionalista boss serbo (un Bruno Ganz in
forma) e il vanesio e vegano kingpin della criminalità norvegese. Dello stesso stile derivativo è
anche l'attenta scrittura, riuscita sia per sviluppo narrativo (semplice ed
efficace) sia per dialoghi (le riflessioni sugli stupidi "alias" dei
gangster), dimostrando anche un'attenzione ammirevole per la narrazione. Forse
Moland si fa prendere troppo spesso la mano con esagerazioni e ripetizioni un
po’ ridondanti. Sono i rischi del mestiere quando si cerca di essere spietati
senza mai prendersi sul serio.
Dopotutto non è male questo film, comunque visto due anni fa, che se da un lato perde il confronto con i Coen, dall'altro riesce ugualmente a divertire e intrattenere come loro ;)
RispondiEliminai confronti ingannano e deludono, di per sé merita di sicuro
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