peccato che il film non sia passato nelle sale, o magari solo un giorno, e allora ho comprato il dvd.
la spesa è stata ricompensata abbondantemente dalla visione del film, un tuffo in quegli anni straordinari, nei quali James Baldwin è stato un protagonista.
se mi chiedono di trovare uno come James Baldwin in Italia mi viene in mente Pier Paolo Pasolini, una specie di grillo parlante nella terra degli ignoranti, dei ciechi e dei farisei.
è difficile capire bene tutto quello che ha detto James Baldwin se uno non è mai stato nelle scarpe e nella pelle di un nero, razzismo, segregazione, violenza erano, e sono, incubi della vita di tutti i giorni, nel paese più ricco e potente del mondo.
guardati questo film, e poi non potrai non voler bene a James Baldwin; se non succedesse hai qualche problema, sappilo - Ismaele
la spesa è stata ricompensata abbondantemente dalla visione del film, un tuffo in quegli anni straordinari, nei quali James Baldwin è stato un protagonista.
se mi chiedono di trovare uno come James Baldwin in Italia mi viene in mente Pier Paolo Pasolini, una specie di grillo parlante nella terra degli ignoranti, dei ciechi e dei farisei.
è difficile capire bene tutto quello che ha detto James Baldwin se uno non è mai stato nelle scarpe e nella pelle di un nero, razzismo, segregazione, violenza erano, e sono, incubi della vita di tutti i giorni, nel paese più ricco e potente del mondo.
guardati questo film, e poi non potrai non voler bene a James Baldwin; se non succedesse hai qualche problema, sappilo - Ismaele
…I am not your Negro riesce
quindi ad imbarazzare anche noi, abitanti di un Vecchio Continente sempre più
acciaccato e in preda ad ancestrali paure, che non sa fare i conti con il suo
retaggio, che dipende da un’economia impazzita e che non si decide a diventare
grande. I am not your Negro non è un banale documentario, non è
un manifesto, non è un noioso collage di vecchi filmini. E’ la lucida
radiografia di una cultura incline all’emarginazione e al razzismo, è
un piccolo gioiello che stimola il senso critico degli spettatori come non si
vedeva da molto – molto – tempo. Baldwin è da leggere. Il film
di Peck da vedere e rivedere.
…Partendo dalle apparizioni dello stesso Baldwin
in diversi tv show americani e in alcune lezioni universitarie, il materiale
selezionato e montato dal regista si arricchisce di un collage di sequenze
cinematografiche estratte da i film che - nel bene o nel male - hanno forgiato
l'immaginario collettivo dell'identità dei "blacks", anzi, dei
"negri" ricordando la radice etimologica del termine "nero"
riferita alle tenebre, alla morte. "Io stesso fin da piccolo - ricorda
Baldwin letto da S. L. Jackson -
ero talmente invaso da immagini di bianchi che uccidono gli indiani nei Western
da rendermi conto che come 'nigger' ero l'indiano della situazione, il diverso,
il nemico".
Inedita quanto importantissima, la quest di Raoul Peck ereditata dal suo mentore è proprio relativa all'identità dell'essere nero, travisata dalla Storia raccontata dai vincitori. Già, perché, ricorda sempre Baldwin, "Il mondo non è bianco, né lo é mai stato. Bianco è solo il colore del potere". Lo spunto storico dei ragionamenti contenuti in "Remember this House" furono le vite e le morti (per omicidio) dei tre grandi leader della battaglia per la parità dei neri, diversamente manifestata in Medgar Evers, Malcom X, e Martin Luther King. Le tre figure emblematiche servono da fili conduttori cronografici ma anche emblematici di un agire differente rispetto a cause pressoché uguali.
Inedita quanto importantissima, la quest di Raoul Peck ereditata dal suo mentore è proprio relativa all'identità dell'essere nero, travisata dalla Storia raccontata dai vincitori. Già, perché, ricorda sempre Baldwin, "Il mondo non è bianco, né lo é mai stato. Bianco è solo il colore del potere". Lo spunto storico dei ragionamenti contenuti in "Remember this House" furono le vite e le morti (per omicidio) dei tre grandi leader della battaglia per la parità dei neri, diversamente manifestata in Medgar Evers, Malcom X, e Martin Luther King. Le tre figure emblematiche servono da fili conduttori cronografici ma anche emblematici di un agire differente rispetto a cause pressoché uguali.
…Este
documental está escrito por el propio Baldwin, dado que la integridad del texto
narrado impecablemente por Samuel L. Jackson pertenece a una ambiciosa obra
inacabada. ¿La temática? La premisa narrativa-discursiva es, como dice el
poema, “muy compleja y muy sencilla”: el racismo en Estados Unidos; tal
ambición, estructurada en tres partes, asoma sin la grandilocuencia del tratado
histórico, sin la trivialidad del reportaje de investigación televisivo ni,
mucho menos, algo parecido al biopic. La metodología de lo fílmico aúna dos
propuestas a priori contradictorias: El montaje, por una parte —y ya desde los
títulos de crédito, donde ni siquiera la tipografía escogida es accidental— irrumpe
como una piedra contra un ventanal, con la contundencia que merece la seriedad
de la denuncia. Un planteamiento muy dinámico, directo y conciso, reforzado con
la inclusión de fotografías de archivo y fragmentos de videos de una violencia
tan explícita como real y cotidiana. Cuesta enormemente observar su crudeza,
pues esto supone mirarse al espejo y hacer una suerte de reconfiguración.
Recuérdese que nosotros, los occidentales, somos en cierta medida un producto
más de la influencia sociocultural de los Estados Unidos. Empero, por otra
parte, la suavidad con la voz de Jackson y, sobre todo, por el contenido de sus
palabras: el lirismo arrollador, palabras de una sobrecogedora belleza que
tiñen todo el conjunto de una melancolía y una rabia tremendas…
…la
Academia y el Arte continúan siendo trincheras desde donde la militancia se puede
ejercer sin tanto riesgo, veladamente incluso. Para la mayoría de nosotros,
quienes vemos y escribimos sobre películas, vivir es todavía una opción. Pero
el tiempo se agota y la seguridad tal vez degenere en complicidad. Baldwin/Peck
pueden ser testigos, pero no hay que olvidar que un testigo, etimológicamente,
es también un mártir. De lo contrario, sólo somos espectadores. Y de
espectadores están llenas las salas de cine que, sobra decirlo, son cada vez
más cómodas.
…Sarebbe un’occasione persa
se non arrivassimo a capire che il messaggio di Baldwin riguarda da vicino
anche noi italiani e italiane, non solo perché lo scrittore nel film cita
l’Italia coloniale e l’invasione da parte dell’Italia fascista dell’Etiopia nel
1936, ma soprattutto perché in una frase chiave del film solleva il problema
dei rapporti fra lo Stato e alcuni strati della società, ai quali vengono
tuttora negati diritti fondamentali. Baldwin dice: «È un grande trauma scoprire
che il Paese in cui si è nati, a cui si devono la vita e la propria identità,
non abbia creato un posto per noi nel suo sistema di realtà». Sarebbe bello se
ognuno degli spettatori e delle spettatrici uscisse dalla fine del film
adottando una frase di Baldwin, chiedendosi come usarla per capire e
contribuire a cambiare l’Italia di oggi, e lo scrivo senza scorciatoie, perché
so benissimo che l’Italia non sono gli Stati Uniti e ogni operazione del genere
presuppone un processo di traduzione culturale. Come non sentire questa frase
molto vicina ad almeno un milione di ragazzi, italiane e italiani senza
cittadinanza, che aspettano da oltre un anno e mezzo l’approvazione di una
legge di riforma della cittadinanza, approvata alla Camera nell’ottobre 2015 e
ferma per oltre ottomila emendamenti della Lega e un atteggiamento tiepido
della maggioranza. Non è più tempo di alibi. Questo paese e il suo parlamento è
chiamato a dire oggi, una volta per tutte, se nel suo sistema di realtà vuole
creare un posto per italiane e italiani nati e cresciuti qui ma di origine
straniera oppure no…
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