sabato 3 giugno 2017

I nostri ragazzi – Ivano De Matteo

tratto da un romanzo, il film racconta una storia terribile, di quando si devono aprire gli occhi e guardare qualcosa di inimmaginabile, prima.
bravi gli attori, in un film che non lascia scampo, come in un imbuto, la strada diventa obbligata, e parlare non serve più, tornare indietro è impossibile.
il film rende di più visto con qualche diciassettenne, loro sì che vengono risucchiati da una storia i cui protagonisti sono due di loro.
non è un capolavoro, ma merita di sicuro la visione - Ismaele








Lo spettatore viene però posto in una condizione di estraneità al fatto che gli viene consentito di giudicare nella sua dinamica assegnando torti e ragioni. È quanto accade dopo che invece l'accaduto costringe ognuno a porsi la domanda: io come mi comporterei? La totale amoralità dei due ragazzi ci può spaventare spingendoci quasi a rifiutarne le modalità di espressione. De Matteo ci chiede piuttosto di guardarla in faccia senza nascondere la testa sotto la sabbia. Perché è su questo piano che ai genitori viene chiesto di intervenire, senza prediche inutili ma anche senza cedimenti. A questo si intreccia l'ulteriore e fondamentale domanda: il degrado morale, l'assenza di punti fermi va imputata a una gioventù ormai lasciata in balia dei social network o ha le sue radici in un falso perbenismo incapace di reggere al maglio della realtà? I genitori di Michele e Benedetta non sono 'cattive persone', non possono neppure imputare alla società (visto il loro status) un degrado sociale a cui attribuire le proprie opzioni. 
Dentro di loro alberga però (e ha messo radici) la convinzione di poter aggirare ogni ostacolo azzittendo qualsiasi sussulto di coscienza. Forse non in tutti e forse non nello stesso modo. De Matteo ci accompagna nell'osservazione delle loro reazioni suggerendoci pre-giudizi con i quali confrontarci.

i "grandi" (Gassmann e Bobulova da un lato, Lo Cascio e Mezzogiorno dall'altro), fanno il loro pulito dovere, confinati, come sono, in modelli preconfezionati (e non "attaccabili" stante la loro adesione), mentre risultano sottoutilizzati i due giovani (Rosabell Laurenti Sellers - già apprezzata in alcuni lavori precedenti, tra i quali Gli equilibristi proprio di Ivano De Matteo, per la sua freschezza e che parteciperà alla prossima stagione di Game of Thrones - si limita a fare la stronzetta, mentre dello Jacopo Olmo Antinori del gioiello bertolucciano Io e te non si sfrutta minimamente la carica ambigua).
Ma forse, al di là di tanto sterile cianciare, il sigillo della (modesta) entità del film sta nella banale "raccolta" di commenti (a senso unico) a fine proiezione. Tra un «è un film che fa pensare» a un «bravissimi tutti e quattro gli attori», o «è da proiettare nelle scuole» e «capisco che è tuo figlio e non lo vuoi denunciare, ma un paio di sberle almeno ...» il quadro è chiaro (e il piccolo schermo è pronto). Accipicchia. Altro che "polpettone transalpino" (battuta di Lo Cascio a Mezzogiorno che lo vuole portare al cinema a vedere un film francese). La polpettina televisiva è più digeribile.

…Ivano De Matteo punta ancora il dito sulla famiglia, andando a sviscerare i rapporti all'interno della “bella gente”, quella che è convinta di pensare bene, di essere dalla parte giusta, di non dover mai pagare un conto troppo salato, di avere una risposta per tutto. De Matteo mette in crisi le famiglie per bene, che barattano ben presto i propri principi in nome dell'amore figliare. Generano mostri che difendono a spada tratta, ai quali giustificano e perdonano le cose peggiori, ma anche quelle minori.
Solo per il fatto che sono “i loro figli”, non possono essere dei mostri, non possono pagare per la morte di una barbona qualunque, è sempre colpa di altro: della scuola, dei professori, degli amici.

Figli che non parlano mai con i propri genitori, che comunicano sempre tramite cellulari e pc, che assumono atteggiamenti di posa a seconda della situazione, senza mai apparire veri e sinceri.
Un film drammatico che potrebbe essere dell'orrore per come tratta l'alienazione e la ferocia dei personaggi…

Dopo il riuscito Gli equilibristi (presentato due anni fa sempre al Lido) torna Ivano De Matteo con un dramma familiare intenso e toccante, libero adattamento del romanzo La cena dello scrittore olandese Herman Koch. 
Il concetto alla base del storia è semplice quanto estremamente interessante. Siamo tutti “bravi” a dare giudizi morali sulle persone vedendo le situazioni dal di fuori, ma cosa succede quando certi dilemmi ci toccano in prima persona? E, aspetto non secondario, come riusciamo a far andare avanti le nostre vite di tutti i giorni mentre affrontiamo problemi più grandi di noi? Sono interrogativi che ci auguriamo sempre rimangano solo nell'ambito delle ipotesi, ma le due famiglie coinvolte nella vicenda del film devono fare i conti con la realtà dei fatti e le conseguenze delle azioni, sconsiderate, di due giovani ragazzi di buona famiglia. 
Adattando in maniera intelligente e funzionale il romanzo originale, De Matteo porta sul grande schermo dei personaggi ben scritti e molto più ambigui di quanto si potrebbe pensare inizialmente: non riveleremo di più per non rovinare la visione a chi vorrà vederlo ma è importante rimarcare la sottigliezza con cui vengono delineati gli aspetti umani della vicenda. Aspetti umani che trovano, inoltre, un'ottima controparte “fisica” negli interpreti del film, Gassman e Lo Cascio in primis, molto bravi nel rendere ogni sfumatura dei loro Massimo e Paolo.
Non da meno, comunque, le prove delle due mogli, interpretate da Barbora Bobulova e Giovanna Mezzogiorno, e dei due ragazzi protagonisti, i talentuosi Rosabell Laurenti Sellers e Jacopo Olmo Antinori.

I nostri ragazzi ci lascia certamente una reazione e un messaggio: “ Io come mi comporterei di fronte a questa sempre più frequente amoralità dei giovani?”. Un film in grado di far immedesimare lo spettatore, quasi costretto a prendere coscienza e a identificarsi con uno dei due fratelli, paragonabili ai due celebri fratelli di cui narra Terenzio negli Adelphoe: Demea, uomo all’antica, e Micione, uomo di mentalità aperta e liberale. Attraverso il cosiddetto “raddoppio delle trame” sia Terenzio che De Matteo danno vita a una serie di sottotipi che rappresentano ciascuno una sfumatura psicologica diversa rispetto a quella generale.
I nostri ragazzi è un film adatto a ogni fascia d’età, che tutti dovrebbero vedere, comprendere e assimilare come film “maestro di vita”.

…“I nostri ragazzi” è una critica alla società moderna, in cui vogliamo troppo spesso fare gli idealisti trovando sempre una scusante al prevaricare dei diritti che crediamo di possedere sugli altri. Abbiamo bisogno di stabilire ciò che è giusto o sbagliato, per motivare sempre le nostre scelte magari su un piano positivo, persino quando di giustificazioni non ce ne sono. Insomma, a chi potrebbe davvero importare di una donna stesa a terra, moribonda, contro il futuro di due ragazzi di buona famiglia?
I due ragazzi, Michele e Benedetta, non agiscono spinti da una forza tangibile, non hanno un motore a muoverli e a sostenerli nell’atto. Non viene data una spiegazione logica all’accaduto, la loro sembra semplicemente una bravata giovanile e amaramente, forse senza volerlo, persino in modo classista, una parte di noi arriverebbe a dire che “può capitare”, “sono cose che si fanno”, “i tempi non sono più quelli di una volta”.
Tuttavia, la gioventù bruciata che si considera figlia di una società malata, che incoraggia alla violenza e alla distruzione, stavolta non viene dai bassifondi cittadini che tutti si aspetterebbero. È il ramo secco dell’albero fiorente e pieno di frutti.

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