tratto da un
romanzo di Margaret Atwood, sceneggiatura di Harold Pinter, siamo in un
mondo così lontano e così vicino al nostro, le donne conquistate sono animali
da riproduzione o schiave o puttane, tutte attività che le padrone di casa non
fanno più, si vive in quartieri protetti che neanche l'ambasciata Usa a Kabul,
fuori c'è la guerra, ma non si sente niente, sembra tutto tranquillo,
immutabile, sembra.
non sarà
all'altezza di capolavori su storie simili, ma fa la sua figura - Ismaele
…Trasposizione non eccelsa
del best-seller della Atwood, malgrado la penna di Pinter alla sceneggiatura.
L'opera, un'utopia negativa che si pone sulla scia di testi fondamentali come
1984 e Fahrenheit 451 (pur rimanendone ad una certa distanza), lascia tuttavia
il segno. Il sistema, che punisce spietatamente ogni digressione
comportamentale, è stato creato ed è retto dagli uomini che sono, quindi i
padroni di tutto. Le donne, che indossino il rosso delle ancelle, o l'azzurro
delle matrone, o il marrone delle istitutrici-sorveglianti, o il bianco delle
novizie, sono in realtà tutte schiave dei rispettivi ruoli in una società
ritualizzata in ogni sua manifestazione (esemplare il "parto-party":
in una villa, una ancella sta avendo un bambino; da una parte il coro scarlatto
delle compagne che all'unisono simulano le doglie, in giardino le matrone,
tutte in blu, che consumano cocktail e pasticcini congratulandosi con la
padrona di casa, madre "ufficiale" del nascituro)…
In un futuro prossimo, dominato dal fondamentalismo religioso
di matrice biblica, quasi tutte le donne sono diventate sterili (idea che verrà
portata all'estremo ne I figli degli uomini). Le poche che possono ancora
procreare vengono messe a disposizione delle donne di una casta superiore, che
le fanno fecondare dai mariti e allevano i figli come fossero loro (allo stesso
modo in cui le mogli dei patriarchi della Genesi Abramo
e Giacobbe, non riuscendo a partorire, usavano le rispettive ancelle), ma
covano in cuore l’odio per quelle che sono le “vere” donne dei loro uomini. Il
soggetto di questa allucinante visione antiutopistica è ottimo, lo svolgimento
non altrettanto: probabilmente la principale responsabilità è del regista
Schlöndorff, un po' troppo teutonico, privo della visionarietà di
un Gilliam…
…The world inhabited by these
people looks more or less like our own. They live in suburban houses and drink
whiskey in the den and plant flowers in the yard, and somewhere far away a war
is raging, which they follow on television. The movie is a little vague about
the conditions of the war and the society; this is not a political fable, like
Orwell's 1984, but a feminist one. The purpose is to isolate, exaggerate and
dramatize the ways in which women are the handmaidens of society in general and
men in particular.
Childbearing is the movie's metaphor of choice. Children are seen as
the rightful possession of a wealthy, powerful couple like Duvall and Dunaway,
and of course adoption will not do; the male must father the child himself. The
methods by which this takes place are perhaps intended as a satire on the
ultimate reaches of the touch-me, feel-me movement; the wife (Dunaway) is
present during conception as a sort of coach and spiritual godmother…
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