giovedì 19 giugno 2014

True detectives - Cary Fukunaga

e così ho visto la serie di cui si è detto un gran bene.
Rust e Marty (Matthew McConaughey e Woody Harrelson) sono bravissimi, il regista è bravissimo, lo sceneggiatore è bravissimo, ma tutta la serie se la tira troppo in lungo.
un film di due ore e mezzo sarebbe stato perfetto, 5-6 ore sono troppe.
alla fine penso che il pubblico del cinema e quello della serie siano troppo spesso diversi, ci sono modi di produzione diversi, modi di distribuzione diversi, e i tempi e ritmi sono diversi.
“True detectives” non è male, ma solo se non hai visto “La promessa”, di Sean Penn, con Jack Nicholson - Ismaele




…True Detective è lento, ma non si tratta di quella lentezza tipica di alcune serie svedesi in cui manca la concitazione, ma in realtà l’apparente lentezza è densa di eventi, no: è estenuante.
E’ una questione anche di linguaggio, di accento, del fatto che Rust Cohle non parla, ma biascica, e nel tempo che io pronuncio cento parole lui ne ha sputacchiate due.
E il gigantesco merito di McConaughey è riuscire a conferire fascino e magnetismo a un personaggio che trascorre il tempo a proferire corbellerie.
Siccome corbellerie è un concetto riduttivo, estendiamolo: Nietzsche predigerito, un po’ di New Age, un po’ di cinismo maledetto che avrebbe imbarazzato Baudelaire (pronunciato come lo pronuncerebbe Jim Carrey), una citazione di Vonnegut e un’arringa sul concetto di tempo che Charles Manson aveva sintetizzato in una frase mentre in True Detective dura infiniti minuti durante i quali si è ipnotizzati non dal concetto, che stupirebbe giusto un pannocchiaro dello Iowa, ma dalla mimica di McConaughey (grazie al quale ho sopportato queste banalità da Smemoranda che uno colto descriverebbe come elementi extradiegetici che diventano intradiegetici nel finale e, pertanto, pleonastici, ma emanano un’aura di intelligenza percepita che avvolge lo spettatore medio).
Tuttavia il problema principale è che il contesto giallo è solo un pretesto, un MacGuffin, uno specchietto per le allodole, perché il giallo è solo la cornice, sbiadita, che avvolge il presunto contenuto: l’ambientazione, la gente del Sud, le puttanate di Rust, la rozzezza di Marty…

True Detective è un unicum, un'entità indivisibile che se ne frega delle tecniche classiche dei serial per catturare più spettatori possibili: spesso e anche a sproposito si parla di prodotti televisivi dalla qualità cinematografica. Ecco , questa serie lo è.
Sembra un film che dura quasi 8 ore.
E questo è dovuto anche alla scelta di non infarcire la sceneggiatura di sottotrame accessorie, di personaggi usa e getta o di un numero esorbitate di avvenimenti…

scrivere in modo assolutamente freddo delle interpretazioni di qualità decisamente cinematografica dei protagonisti, della sceneggiatura curata sotto ogni aspetto, della regia pulitissima ed autoriale di Fukunaga, della resa del prodotto finale mi pare decisamente limitante per qualcosa di notevole come True detective: poche volte, che si tratti di tv o settima arte, infatti, si è deciso di esplorare con lo stesso coraggio il lato oscuro dell'anima umana, capace di portare noi che ci conviviamo nei recessi più profondi che la Natura abbia mai disegnato per le sue creature con la stessa facilità con la quale si affronta la quotidianità all'apparenza più banale, e che inevitabilmente finisce per salvarci proprio grazie alla sua semplicità da tutto quello che rappresenta la disperata voracità del lato oltre il confine…

Il problema più grande tuttavia rimane quello narrativo: a che serve l’omicidio iniziale? Se si decide di usare un genere, il crime drama in questo caso, per stravolgerlo dall’interno, si deve voler dire altro, proporre un’altra linea di senso, altrimenti resta solo un guscio vuoto. E infatti True Detective sembra un prodotto tanto originale nella pur pasticciata forma, quanto vuoto dal punto di vista del contenuto. Ci restano alcune scene e alcuni dialoghi, degli squarci visivi o degli instant quote, ma nessun filo a tessere l’insieme, nessun déplacement, nemmeno millimetrico.
Alla luce di quanto detto True Detective non è solo un brutto prodotto, come ce ne sono tanti, ma un bluff con dolo, perché il fumo gettato negli occhi dello spettatore è l’unica cosa che si scorge dal primo all’ultimo minuto. È pericoloso, e avvilente, credere che si possa fare televisione così, con lo sfruttamento compiaciuto di temi facili, violenza-fumo-alcool-sesso e bizzarrie assortite, e con qualche frase pensosa di contorno. Il quality drama dovrebbe essere, ed è stato, un’altra cosa: è l’attraversamento estetico di un pezzo di reale, la mimesi drammatica e rischiosa di alcuni movimenti dell’animo.
da qui




la sigla iniziale, bellissima:

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