come in testa e negli occhi resta la storia, quella di Fando, un ragazzino nel quale si immedesima Arrabal (che perde il padre ad opera della dittatura franchista).
Fando vive, sogna, pensa, ha visioni, tante cose che non si possono dire, la psicoanalisi è utile per capire meglio il film.
per chi non lo conosce, ecco qui una piccola biografia-curriculum di Arrabal.
Astenersi amanti del franchismo (non penso che Carrero Blanco e Franco guardassero questo film prima di andare a letto) - Ismaele
…Si l'histoire de Fado et de sa mère est
montrée et narrée d'une façon formelle, les allégories à travers lesquelles
Arrabal (ou Fado) s'exprime, sont en rupture de style, chaque séquence ayant
été filmée en vidéo puis décolorée dans des couleurs criardes. Violences,
sévices sexuels, tortures et autres fins moments scatologiques s'y côtoient, et
s'ils peuvent être choquants et parfois grotesques, ils ne sombrent jamais dans
la gratuité totale puisque chacun d'eux est porteur d'un message. Si le procédé
est original, il s'avère maintenant trop simpliste et grossier à une époque où
des réalisateurs comme Raul Ruiz ou David
Lynch fondent
subtilement les allégories dans le récit. C'est pourtant cette naïveté, cette
approche crue et directe qui fait la force de cette première œuvre
cinématographique de l'artiste…
…Tutto, in Viva
la Muerte si fa dicotomo e
non per ultimo, proprio l'epilogo della sequenza al macello, contrapposta
all'intervento chirurgico che successivamente restituirà a Fando, la
possibilità di rincontrare, probabilmente, suo padre. Deliri visivi, ma
assolutamente necessari ad Arrabal per esorcizzare il dolore della perdita
parentale, degli orrori generati dal regime franchista (e resterà memorabile
l'incipt disegnato da Topor, con i corpi torturati e smembrati nei modi più
surreali, accompagnati da una nenia infantile che diverrà poi, il motif trainante di tutta la poetica
arraballiana) nonché, modello esemplare per il prosieguo della sua folle
corsa... comme un cheval fou.
Arrabal's debut feature Vive Le Muerte takes place after the Spanish Civil
War and tells the story of Fando, a young boy who's family is ripped apart when
his father is arrested and killed for being a communist. The child's confusion
is even more exasperated when he realizes that his religious zealot mother may
have had a hand in incriminating his father. Arrabal again pushes the
boundaries of good taste. Real animal slaughter and the mental and physical
torture head the bill of atrocities. Visually the film uses bright primary
colour washes that reduce the impact of some of the scenes, which many will
feel is a good thing. The striking impact of some of the scenes, especially the
father buried up to his neck in sand, will haunt the viewer well after this
film has finished. Often beautifully shot with an eye for making the most out
of his landscapes, Vive
Le Muerte is a striking
first effort and the beginning of a long line of anti war protests for this
most political of directors.
… ¡Viva la muerte! also has a squeamish theme of aberrant sexuality. The
disturbed Fando is seen biting the head from a lizard and helping his strange
Aunt Clara by whipping her. His young girlfriend remains untouched and
innocent, which would be a relief if it didn't make the rest of the show seem
all the more misogynistic -- in this Spanish world of political madness, the
virtuous and loving father is betrayed by church-crazed, politically fanatic
and wholly Sadistic women.
Literary praise for Fernando
Arrabal is high, with critics of his written work comparing him to Cervantes.
As a provocative political shock movie, Arrabal's first film is well-directed
and suitably surreal without resorting to too many visual clichés. It's also
nicely photographed and well acted. Just the same, it can only be recommended
to two groups -- academically-minded aesthetes or the morbidly curious. In the
face of all the torture, imprisonment and murder that was being undertaken by
repressive governments in 1970, it's difficult to dismiss the methodology of a
genuine political exile -- no other kind of film or media really gives a damn
about these political abominations.
…Trascinante fino dai titoli di testa disegnati da
Topor, orridi e surreali come i supplizi di Bosch che rappresentavano figure
allegramente amputate, squartate, crocifisse o divorate , tipiche della poetica
di questo autore , accompagnati dalle infantili, cantilenanti note di una
acidula filastrocca: Ekkoleg , di G. Agatz. Film per quei tempi sconvolgente e
affascinante, dunque, con moltissime connotazioni autobiografiche, che traeva
origine e spunto da un precedente romanzo (“Baal Babylone”) dello stesso
Arrabal. Visionario e surrealista come pochi altri (ebbe il plauso
incondizionato di Bunuel che di queste cose se ne intendeva), sporco, cattivo,
attraversato da immagini crude e terribili difficilmente sostenibili, risultava
davvero all’epoca una esperienza inconsueta ed esaltante (paragonabile forse
solo alle provocazioni Jodorowoskyane). Avanguardia assoluta nelle riprese
(siamo nel 1970) con l’utilizzo in moltissime parti della videocamera, allora
un mezzo rudimentale: immagini sovraesposte, distorte, manipolate e ritoccate
che conferivano un fascino decisamente inconsueto. Un anticipatore geniale
insomma di un “modo” personalissimo di fare cinema – molto vicino alla
videoarte - quando ancora i mezzi tecnici non erano adeguati, risolto in modo
fortemente inventivo e coinvolgente. Nessuna distinzione fra reale e inconscio
nei due piani della vicenda dalla fortissima carica eversiva che racconta la
storia del giovane Fando (il protagonista nel quale si riflette lo stesso
Arrabal, ma dove anche io riuscivo a ritrovare una viscerale e privata
identificazione con molte delle situazioni illustrate) ossessionato dalla
perdita del padre tragicamente sottrattogli sotto i suoi giovani occhi,
schiacciato fra la sensualità e la morbosità quasi incestuosa della madre (a
volte ambiguamente intrigante, altre raffigurata come una madonna) e afflitto
da insostenibili sensi di colpa con feroci autopunizioni corporali dettate da
un radicato integralismo cattolico che non lascia scampo né speranza. Una
realtà così devastante dal quale si può uscire solo con la “fantasia delle
visioni” anch’esse orribilmente carnali, intrise di sangue, vomito, violenza,
sesso e morte…
da qui
Di questo film ho un piacevole ricordo: il flame con ViS che ne seguì.
RispondiEliminaho visto che vi piace "fiammeggiare", spero però che ti ricordi anche del film :)
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