la storia è complessa, Adam ha causato un incidente d'auto nel quale sono morti le due persone più care, e lui è rimasto vivo, e si lascia vivere, con una zia che gli sta dietro, e il mondo che è dolore.
detto questo, resta un film che non si può raccontare, solo da vedere - Ismaele
…Majewski è un perfetto Virgilio, prende lo
spettatore per mano e lo conduce nella dimensione del protagonista e nella
storia recente del suo Paese con leggerezza, fluidità e sobrietà. Ogni immagine
è ricca di arte, poesia, musica, ma mai viene eretto un muro tra l’autore e il
pubblico. Al contrario, tutti si sentono ben accetti in questo mondo in cui
possono scegliere cosa cogliere in base alle proprie chiavi di lettura, alle
personali esigenze, alle momentanee voglie, non sentendosi guardati dall’alto
in basso.
Il regista ha una cultura immensa, si percepisce sin
dalle prime inquadrature, ma è soprattutto una persona attenta: non mette a
disagio lo spettatore, né lo allontana. Non ostenta, non insegna, ma accoglie e
accompagna. Stimola, induce a osservare i particolari, a ricordare un libro
letto o una frase già udita, provoca la riflessione e lo scambio, sempre in una
dimensione tranquilla e senza tempo.
Il film parla di vita, morte, eternità, separazione,
sofferenza, colpa, religione, filosofia e molto altro, insomma parla dell’uomo
e delle sue pene che non sempre implicano il turbamento del suo quieto vivere.
“Onirica” è una di quelle opere da vedere e rivedere: non annoia e scorre verso
l’epilogo. Forse non è per tutti, ma per molti più di quanto si creda. Se siamo
veramente in un’epoca in cui la gente è meno recettiva agli stimoli delle varie
forme d’arte, una colta e non supponente (!) sovraesposizione non può che far
bene.
…stavolta la selva sembra farsi davvero troppo oscura
anche per Majewski, che sembra faticare più di altre volte nel restituire un
respiro unico e completo al progetto, spesso travolto dalle sue stesse
potenzialità: eppure "Onirica" conferma
la versatilità e la duttilità di un autore che ha sempre saputo assorbire con
intelligenza gli impulsi provenienti dalle sue fonti d’ispirazione e dai suoi
oggetti di indagine, lavorando con attenzione ed equilibrio sulla
contaminazione delle arti, sulla sovrapposizione di idee e di spunti…
…Adam che fa il commesso al supermarket, bizzarramente
identificando l’inferno dei nostri giorni con quel regno delle casalinghe
disperate, la grassa zia logorroica, al limite della parodia del genere, che
sciorina Heidegger e Seneca tra
un caffè e l’altro, e intanto va ripetendo al nipotino: “Dimentica Basia, meno male che non sei morto tu, pensa, potevi
anche rimanere cieco” e altre amenità del genere, le pagine di un
vecchio volume di illustrazioni della Commedia di Gustave Doré che Adam sfoglia e il vento che arriva
dalla finestra risfoglia (Griffith e DeMille, a cui pure piaceva molto Doré, evitarono
simili esibizioni, però!) la lentezza di sequenze, come quella del ballo nel
bosco, che, nell’evocare scenari onirici, citano Fellini a man bassa senza averne la magica
genialità, il rimando documentario a disgraziatissime vicende polacche viste
dallo schermo di un televisore acceso o dai finestrini di un treno in corsa in
un déjà vu almeno centinaia di volte: tutto
collabora ad un giudizio di sostanziale non riuscita di un film che, ahimè, aveva
alimentato grandi attese!...
…In un film che si apre e si chiude in una grande
chiesa non è casuale che Adam si rifugi nel tempio laico della modernità e del
consumo: il centro commerciale. Così come una grande forza evocativa assume
l'aratro tirato da buoi che ne scalza la pavimentazione. Altrettanto stimolante
si presenta la lettura quasi apocalittica di una Polonia tormentata da
catastrofi così come lo è, sul piano privato ed intimo, il cuore del
protagonista.
Finiscono quindi per risultare quasi ridondanti alcune figure incontrate dal protagonista nei propri sogni o scene come quella della ragazza in bikini. Lascia poi perplessi, su un piano più strettamente socio-politico, la particolare enfasi dedicata alla morte per incidente aereo del presidente polacco, figura molto discussa e sulla cui inumazione nella cattedrale che contiene le spoglie dei padri della patria un Maestro di indubbia forza morale come Wajda avanzò forti dubbi in una lettera aperta. D'altronde però è come se Majewski ci avesse dato un segnale di avvertimento presentandoci un angelo decisamente fisico e quasi ingombrato da delle enormi ali: talvolta il simbolismo può divenire una zavorra in quella che comunque rimane un'interessante prova d'artista.
Finiscono quindi per risultare quasi ridondanti alcune figure incontrate dal protagonista nei propri sogni o scene come quella della ragazza in bikini. Lascia poi perplessi, su un piano più strettamente socio-politico, la particolare enfasi dedicata alla morte per incidente aereo del presidente polacco, figura molto discussa e sulla cui inumazione nella cattedrale che contiene le spoglie dei padri della patria un Maestro di indubbia forza morale come Wajda avanzò forti dubbi in una lettera aperta. D'altronde però è come se Majewski ci avesse dato un segnale di avvertimento presentandoci un angelo decisamente fisico e quasi ingombrato da delle enormi ali: talvolta il simbolismo può divenire una zavorra in quella che comunque rimane un'interessante prova d'artista.
Diretto dal regista de I colori della passione,
e ispirato alla Divina Commedia di Dante questo film di Lech Majewski vanta
soprattutto una spiccata componente visiva. Al centro della storia, un
personaggio distrutto dalle conseguenze di un incidente, ma anche una
riflessione sul dramma vissuto dalla Polonia, nel 2010, con l'incidente aereo
nel quale rimasero coinvolti diversi esponenti del governo.
…Onirica è un altro film contro la morte, un altro mélo
disperato, necessariamente formalista: la tensione che lo muove, e che lo
tiene, è quella che si crea tra la caducità dell’uomo e l’eternità dell’arte,
tra le domande di uno e le risposte dell’altra, tra la singolarità del presente
e gli esempi del passato. Tra le immagini di un tg e quelle di un cinema
pittorico, le icone di un supermercato e quelle di una cattedrale. Tra il
tragico nonsenso della cronaca (l’alluvione in Polonia del 2010) e i
significati universali della poesia, l’involuzione dei simboli e la dimensione
sociale. Dialoghi lirici che riecheggiano Guerra e Antonioni, omaggi a Fellini,
un cammino audiovisivo di superba maestria compositiva: tableux vivants alla
ricerca arrancante di un senso.
…Il
nuovo film di Lech Majewski conferma la tendenza al visionario del cineasta
polacco, così come il tentativo di sfidare le "regole" dello sguardo
nel tentativo di trovare delle immagini improntate alla fantasia più sfrenata.
In tal senso, nel film, sono due le sequenze che restano più impresse: quella
di due buoi che arano il pavimento di un supermercato, svelando la terra che vi
è sotto, e quella di una chiesa che dal soffitto viene completamente inondata
dall'acqua. "Tra queste due sequenze", - commenta Majewski - "quella che è stata più impegnativa è
stata la scena dei buoi. La sequenza della chiesa infatti è diventata molto
complicata soprattutto per colpa mia. Ovviamente non abbiamo potuto inondare
d'acqua una chiesa, perciò l'abbiamo ricostruita in CGI. Il problema è che
quando ho girato la scena non ho usato la giusta apparecchiatura, non ho usato
il motion control e non ho preso le misure esatte del
punto in cui avevamo piazzato la videocamera all'interno della chiesa. Quindi i
tecnici digitali sono dovuti andare sul posto per capire queste cose. Ci sono
poi alcuni elementi che è davvero difficile ricostruire al computer e l'acqua è
tra questi, perché non ha una forma definita ed è un qualcosa che si muove in
modo molto dinamico. Ma ben più complicato è stato girare, come dicevo, la
scena dei buoi al supermercato. Il primo ostacolo derivava dal fatto che
nessuno voleva permettere che in un supermercato si facesse una cosa del
genere, il secondo era legato ai buoi stessi: non vi sono praticamente più buoi
in grado di trainare un aratro. Qualcuno mi consigliava di andare in Cina,
qualcun altro mi supplicava di usare dei cavalli, poi però alla fine abbiamo
trovato un museo del contadino nel sud della Polonia dove, a scopi educativi,
esistevano ancora dei buoi addestrati per arare la terra. L'ulteriore problema
veniva dal fatto che questi animali, seppur possenti, hanno le ginocchia molto
fragili e quindi non li si può spostare con dei mezzi di trasporto. Abbiamo
deciso perciò di trasferirci lì con tutta la troupe per girare quella scena.
Abbiamo ricostruito in studio il supermercato, perché il pavimento andava messo
sopra la terra e i buoi, arandolo, dovevano essere in grado di sfondarlo. Di
nuovo, ci siamo bloccati perché il padre del protagonista, che spingeva
l'aratro andava troppo piano rispetto ai buoi. Insomma, è stata un'impresa
sovrumana. E, alla fine, quando sono riuscito a finire il film, l'ho mostrato a
tutti i produttori e uno di loro mi ha detto: 'non dirmi che abbiamo fatto
tutto questo casino con i buoi per avere una scena di soli 18 secondi'. [Ride] Ebbene, sì, è così"…
…Resta comunque impressa la
disperazione composta sul volto di Adam, novello "primo uomo":
ribadendo, infatti, la necessita' di non abdicare alla purezza e allo slancio
del sentimento come elemento distintivo dell'esperienza umana - in un mondo che
appare tanto più desolato quanto più resta sordo a richiami che non siano
vincolati alla prepotenza materialista - essa si pone, allo stesso tempo, da
esempio di "religione" dell'esistenza e da asciutto monito valido per
ognuno di noi, essere umano immerso/abbandonato nella "modernità".
Perché l'"etterno dolore" e' qui, ora e siamo noi "la perduta
gente".
da qui