Barbara Sukova è perfetta nella parte, e riesce ad attirarsi amori e odi senza paura.
bello il rapporto di Hanna con gli amici e gli studenti, non sempre gli amici la sostengono, molti diventano ex-amici.
la libertà di pensiero non è mai stata facile, in altri tempi c'era il rogo, ora "solo" l'ostracismo e l'emarginazione.
il film è un po' didascalico, ma fa pensare, e già questo, insieme con Barbara Sukova, è un'ottimo motivo per guardarlo - Ismaele
…Trotta ha scelto il
periodo più difficile per la filosofa ma anche quello che ha visto nascere il
pensiero indipendente e l’idea della banalità del male che rivoluzionò il modo di vedere e
analizzare l’Olocausto.
Margarethe Von Trotta ha il merito di farci conoscere Hannah
anche nel privato come amica, come moglie, affettuosa e attenta, perdutamente
innamorata del marito
Heinrich , considerato “la sua casa” con cui lei aveva un rapporto viscerale,
completo, profondo che andava aldilà persino delle sue scappatelle che
accettava senza dimostrare la benché minima gelosia, senza sotterfugi e
menzogne, atteggiamento che suscitava la disapprovazione ironica della sua
amica scrittrice Mary
McCarthy che la difese strenuamente con ironia e coraggio, e che non le negò mai la
sua amicizia fino alla fine. Questo film è davvero un capolavoro da non perdere
con una interpretazione di Barbara Sukova, straordinaria, incredibile, come
dice la stessa Von Trotta: Non avrei potuto realizzare il film senza di
lei.
…L’effetto è quello di uno sceneggiato televisivo, nel quale
il racconto è affidato totalmente alle parole, in cui le immagini – la vera
forza dell’opera filmica – non giocano alcun ruolo, nella scialba
rappresentazione della vita di un’insegnante di filosofia decisamente snob. Non
c’è traccia in questo film né dell’intelligenza poietica ed ermeneutica di una
filosofa eccezionale, né del pathos necessario a coinvolgere lo spettatore
nell’impresa altamente emotiva, coraggiosamente abbracciata da Arendt, di
attraversare la più grande tragedia del secolo scorso, la Shoah, con una
volontà indefessa di comprendere, di afferrare il senso dell’apparentemente
insensato, di concepire l’inconcepibile…
…il limite maggiore di questo film sta tuttavia nell’essere
cinematograficamente piatto, vittima di una banalizzazione del linguaggio delle
immagini che tradisce un intento puramente documentario. Il che rende
quest’opera un prodotto freddo, un’algida fiction che se non la consegna alla
storia del cinema, è inefficace anche nel riprodurre la forza di un’audace
interpretazione filosofica del mondo.
…il est vrai qu'entre le voyage vers un passé
enfoui que le procès permet à la philosophe d'effectuer, et le point de vue
qu'elle va adopter sur l'homme et le nazisme, ce fait historique avait de quoi
captiver. D'autant qu'il interroge d'un côté sur la responsabilité passée de
certains responsables juifs dans la mise en place de la « solution finale », et
de l'autre sur la capacité du peuple d'Israël à la moindre auto-critique, hors
de la parole officielle liée à la Shoah.
Oui mais voilà, la réalisatrice choisit de s'intéresser à la description de salons New Yorkais, et à un milieu universitaire et journalistique étriqué, oubliant de consacrer un réel temps à l'Histoire. Elle se contente, pour évoquer les exactions du criminel nazi, fonctionnaire obéissant, d'une ennuyeuse reconstitution du procès, mêlée de quelques images du vrai événement. On y voit quelques instants Barbara Sukowa, dodeliner, froncer les sourcils par interrogation, et prendre des notes. Cinématographiquement parlant, l’encéphalogramme est désespérément plat…
Oui mais voilà, la réalisatrice choisit de s'intéresser à la description de salons New Yorkais, et à un milieu universitaire et journalistique étriqué, oubliant de consacrer un réel temps à l'Histoire. Elle se contente, pour évoquer les exactions du criminel nazi, fonctionnaire obéissant, d'une ennuyeuse reconstitution du procès, mêlée de quelques images du vrai événement. On y voit quelques instants Barbara Sukowa, dodeliner, froncer les sourcils par interrogation, et prendre des notes. Cinématographiquement parlant, l’encéphalogramme est désespérément plat…
…Von
Trotta cuenta en su film con una aliada poderosa, la actriz Barbara Sukowa,
que entrega a una muy convincente Hannah Arendt, empeñada muy en serio en su
solitaria tarea de pensar. Hay un intento serio por objetivar al personaje, no
entregar una hagiografía simplista. De modo que junto a su esfuerzo intelectual
y moral se incluyen los reproches de personas muy allegadas, por sus supuestas
frialdad y arrogancia. El cuadro es en tal sentido muy completo, porque vemos
además a Arendt en la intimidad, con sus amigos, y con su esposo, el muy amado
Heinrich Blücher, en episodios tan emotivos como el de su ictus.
Resulta apasionante la reflexión propuesta por Von Trotta
siguiendo a Arendt sobre el mal, llevado al colmo en el siglo XX, junto al
descubrimiento de que detrás de tales acciones hay gente gris, burócratas, que
simplemente hacen lo que se les ordena, sin cuestionar su moralidad.
Formalmente, la película es muy inteligente, a su indudable
densidad corresponde un sentido del ritmo que sabe cambiar de escenarios, Nueva
York, Jerusalén, el campo, y utilizar justificadamente grabaciones auténticas
de Eichmann ante el tribunal, encerrado en su urna de cristal.
da qui
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