ci sono un sacco di motivi per vedere questo film, provo con due soltanto,
per convincere qualche indeciso:
-Denis Lavant, protagonista e attore di quasi tutti i film di Leos Carax, è da
premio Oscar per il miglior attore (tra l'altro si chiama Monsieur Oscar, nel
film),
-"Holy Motors" è un enorme piacere, una festa, per gli occhi e
il cervello.
il film è dedicato a Yekaterina Golubeva (qui), morta
giovane, a 44 anni, era anche qui e qui,
e interpretava anche nel film di Claire Denis un personaggio misterioso, è
anche la madre della ragazzina che viene presa dalla festa dal padre.
alla fine sai solo una cosa, che lo vedrai altre volte, ha tanto da dire, o
magari solo per stupirti ancora.
non verrà distribuito in Italia, a tutt'oggi, ma
non perdertelo, è roba da piani altissimi del cinema, non te ne pentirai -
Ismaele
…Holy Motors è un’opera unica, un film-monstre che
inietta l’essenza della modernità nella settima arte rendendola un prisma
rilucente; andiamo fieri d’essere testimoni di tale apparizione filmica,
svegliamoci!, non è un miraggio, è una realtà da amare smisuratamente che può
sintetizzarsi in una sola parola: è Carax. E basta.
…Non più cinema-nel-cinema, ma cinema-nel-tutto. E ben venga allora la
megalomania, ben venga questo allargamento filmico fino a comprendere la realtà
stessa, ben venga il dialogo alla pari con i grandi e l’idea di un cinema più
grande del cinema stesso. Le incomprensioni con i film di Carax derivano
principalmente dal considerare negativamente, quasi come un atto di Hybris, questa tensione al confronto con l’idea stessa
di cinema, un cinema che abbraccia tutto e tutti ma che continua a essere
“sognato”. Ce ne fossero, invece, di registi che pensano così in grande, che
riflettono con tale lucidità sul cinema totale, partendo dalle sue origini e
proiettandosi nel futuro, che non si accontentano di film piccoli, ma osano
quello che a molti parrebbe impossibile (e d’altronde se non
fossero esistite menti pronte a sfidare titanicamente i limiti del cinema
non avremmo avuto gli Stroheim, i Cimino, o gli Herzog, solo per fare alcuni
nomi: registi che, come Carax, hanno fatto del superamento di questo limite lo
scopo ultimo della loro poetica)…
…Carax dimostra il suo essere al di fuori
dello spazio e del tempo con il suo stile magnetico , unico e inimitabile.
Inafferrabile perchè ogni volta che ci si illude
di essere sulla stessa lunghezza d'onda del film e del suo autore, le carte
vengono di nuovo sparigliate in modo sorprendente.
Holy Motors non si guarda , si subisce come un naviglio nei flutti di un mare
agitato subisce tutte le variazioni del moto ondoso.
E non è un esercizio intellettualistico sterile,
è bello abbandonarsi , è dolce il naufragare in questo mare…
…Interpretare Holy Motors può
essere esercizio frustrante perchè Leos Carax lo dissemina di simbologie
criptiche ad alto rischio di incomprensibilità e si ha sempre l'impressione che
sia il regista che conduca il gioco a suo piacimento.
Come ho detto prima è un film da subire, a cui
abbandonarsi senza riserve.
Unico.
Uno dei pochi film in cui qualsiasi parola
utilizzata per descriverlo appare fatalmente inadeguata.
… Holy motors, film maestoso, geniale, ipnotico, splendido nella forma
quanto profondo nella sostanza, coinvolgente quanto enigmatico, è una delle
esperienze più incredibili che questo 2012 possa aver regalato ad uno
spettatore.
Costruito sulle spalle della clamorosa interpretazione di Denis Lavant -
che ruota attorno a ben undici characters, tutti con un'identità precisa e ben
definita, dalla fisicità alla storia - e sulla splendida resa tecnica, questa
pellicola rappresenta senza dubbio una sfida vinta dal suo eccentrico regista,
che rischia grossissimo chiedendo al pubblico non soltanto di fidarsi del suo
operato, ma di seguirlo come in un cammino alla cieca che resta in equilibrio
tra realtà e sogno, e si fonde nella sua evoluzione con l'elemento all'interno
del quale uno come lui pare essere nato per nuotare, respirare, esistere: la
settima arte…
…Film potente, film assurdo, film ricamato
sulla pelle dell’istrionico protagonista Denis Lavant (alle prese con undici
incarnazioni differenti) e sospinto sulle ali della fantasia visionaria del
regista..
…Ma “Holy Motors” supera il progetto autobiografico per essere innanzitutto
un film universale sulla vita e sul cinema, sul tempo e l’immagine.
Vi si ritrova l’attaccamento di Carax al cinema delle origini (qui delle
immagini di Etienne-Jules Marey), alle macchine (limousine e cineprese), in una
celebrazione della meccanica contro il virtuale, sempre nella scia di Cocteau e
Godard.
In “Holy Motors”, dalla magia truccata, consegna delle visioni splendide che
non hanno bisogno di costosi artifici per disinnestare la siderazione. Il
principale effetto speciale è il corpo umano, quello di Denis Lavant, doppio e
invenzione di Carax, che qui si moltiplica in nove personaggi (prestazione
geniale grazie alla quale l’attore si conferma erede di Lon Chaney e dei grandi
del muto) senza dimenticare la presenza scultorea di Eva Mendes e la
sconvolgente sequenza in cui Kylie Minogue canta la sua tristezza tra le rovine
del grande magazzino La Samaritaine.
Non si ha che una voglia, quella di rivedere il film al più presto. Non è
il migliore del festival, è IL film del festival.
…This has been a year of leading roles for limousines. M. Oscar's car
upstages the limousine in David Cronenberg's "Cosmopolis," and
the journeys of both cars seem to be odysseys through their cities, for
purposes not very clear to the audience. "Holy Motors" is the more
entertaining and funny of the two, although some parts are not funny at all,
and many laughs are of disbelief or incredulity. Both end with their limousines
going home for the night, answering a question asked in "Cosmopolis,"
although when the limo in "Holy Motors" gets home, its day is far
from over.
Here is a film that is exasperating, frustrating, anarchic and in a constant
state of renewal. It's not tame. Some audience members are going to grow very
restless. My notion is, few will be bored.
…Oscar tiene el encargo, como se lo propone
Carax, de desnudar las mentiras manchándolas de fango. En ese sentido, la
estética del director sigue siendo incómoda y desagradable, con algo de
aquellos amantes del Pont Neuf autodestruyéndose, pero igualmente bella y
poderosa por su carácter enigmático. “Holy motors” podría proyectarse como
complemento romántico a “Cosmópolis” (David Cronenberg, 2012), y no sólo por su escenario compartido. Al
igual que aquélla, la película de Carax se abochorna ante su propio tiempo y
aguarda, al final, un sentido común que en la realidad quizá nunca llegue. Tal
vez cuando un diálogo entre limusinas durmientes dentro de un garaje se perciba
como tristísima despedida de una realidad que ha dejado de necesitar tanto la
fisicidad de las cosas como la fantasía.
Hay películas que no son recomendables para todos los
públicos, y no por las imágenes o temas que tratan, sino porque su narrativa y
estética se alejan de lo convencional, esquivan toda lógica lineal y racional y
en su ambigüedad y espíritu libertario escapan a cualquier norma o cliché
preestablecido. “Holy motors” es una de ellas, y aunque se trata de un
trabajo valiente, original, y de indudable calidad y personalidad
cinematográfica, no es de extrañar que más de un espectador salga de la sala
frustrado y pensando que su director Leos Carax se ha excedido en lo visionario, lo extravagante
y lo provocativo. No le faltaría algo de razón, pues asistimos a una especie de
viaje fantasmal por las calles de París, subidos a una limusina con el Sr.
Oscar para verle interpretar papeles que nos hablan de la vida como gran teatro
de un mundo en el que reina la insatisfacción, del cine como lugar donde lo
real se mezcla y confunde con la ficción, del individuo como ser
permanentemente cercenado en sus ilusiones y proyectado en sus sueños…
…Carax gives us cinephile allusions to Jean Cocteau, Jean-Luc Godard,
Jacques Demy and Georges Franju in the course of the film;
with a chilling mask, Scob reprises her own famous persona from Franju's 1960
film Eyes Without a Face. But more potent
influences are perhaps JG Ballard, Lewis Carroll, Fritz Lang or David Lynch,
whose Eraserhead andInland Empire hover over the weird
introduction, in which the director himself awakens and wanders through a
darkened cinema auditorium accompanied by the unsettling sound of seagulls.
Perhaps Oscar's guises are an exhibition of grotesques, a satirical commentary
on our yearning for logic and progress in our lives, a yearning
for stability and identity, or the exact opposite, a yearning to
escape the prison of identity. It could be punk Buddhism, a set of wacky
reincarnations, or maybe the film is in fact a literary adaptation of two lines
from TS Eliot's Prufrock: "There will be time/ To prepare a face to meet
the faces that you meet."
Yet the absurdity and dream anti-logic give an unexpected force to the
serious and passionate moments, which are the more moving and disturbing
because they come out of nowhere and are so overwhelmingly real. At one moment,
Oscar is a dying, wealthy old man making a tragic farewell to his devoted great-niece
Léa (Elise Lhomeau), whom he has made rich, but in so doing evidently caused
her to attract a man who has broken her heart. In another gripping scene, Oscar
becomes a grumpy dad, picking up his unhappy teenage daughter from a party. His
treatment of her is one of the scariest things I have seen at the cinema all
year.
Holy Motors could be a multiple-personality disorder
of the spirit, a tragicomic shattering of the self, caused by some catastrophe
that has happened just out of sight, just beyond the reach of memory. But it's
quite possible it's just bravura, imagination, fun. This is the theory I
favour. It's pure pleasure.
…Se nutre de un dadaísmo insoportable. No posee el
ingrediente universal del cine de primer orden, no hace industria ni aporta
novedades al lenguaje cinematográfico. Jamás se la recomendarías a una persona
convencional, o sea al espectador medio que solía alimentar las salas. No
trasciende en el imaginario colectivo, pues es decididamente cool,
pretenciosa y lisérgica. Hará felices, en cambio, a los heterodoxos que
reivindican lo raro a cualquier precio, a los que no detectan la pobreza
estilística y formal del realizador de Mala sangre, que practica el
vampirismo en un negocio demasiado indulgente con la estafa. Si esta película
la hubiera firmado un español, los iconoclastas de Sitges habrían encajado la
ocurrencia con más bostezos que aplausos. Y Holy Motors sería
–omitiendo lecturas vacuas– una película donde los coches dialogan, los perros
tienen el tamaño de tigres y el protagonista enseña su débil erección. Sólo
eso. Arte y ensayo que gustaría de ser comercial. Ni revela, ni escuece. Tal
vez ahí reside el sobrevalorado triunfo de Léos Carax: en su facilidad para
generar ruido.
…Multitude de rôles endossés par Denis Lavant,
multitude d’émotions et d’atmosphères régnant dans le film, qui balaie avec
brio tout ce que peut offrir le cinéma en moins de deux heures. Holy
Motors revêt tour à tour les parures d’un drame, d’une comédie, d’un
film érotique, d’une œuvre musicale, d’un thriller – tout cela en se dirigeant
en douceur vers une profonde mélancolie, en exprimant des regrets sur le cinéma
d’antan, quand le pixel n’existait pas encore et que le grain donnait du
caractère à l’image, quand un tournage nécessitait une machinerie imposante et
impressionnante. Alors qu’il nous alerte sur la disparition possible du
« Silence, moteur, action » puisque les gens ne veulent plus de ce cinéma,
Leos Carax nous redonne foi en la magie du 7ème art, sa capacité à témoigner de
notre condition, à nous plonger dans une fantasmagorie exquise, à nous faire
vivre et revivre. Une œuvre singulière et fascinante.
The Los Angeles Film Critics Association
awarded Holy Motors as the "Best Foreign Language
Film". Leos Carax wasn't present but provided them
with a speech. Listen here, or read below:
"Hello, I'm Leos Carax, director of foreign-language films. I've been
making foreign-language films my whole life. Foreign-language films are made
all over the world, of course, except in America. In America, they only make
non-foreign-language films. Foreign-language films are very hard to make,
obviously, because you have to invent a foreign language instead of using the
usual language. But the truth is, cinema is a foreign language, a language
created for those who need to travel to the other side of life. Good
night."
It was French director Claire Denis who suggested Leos Carax to cast Kylie Minogue for the film.
Edith Scob, who plays chauffeur Céline, starred
in the French horror classic Occhi senza volto, by director Georges Franju. Franju's cinema is the object of
several homages throughout 'Holy motors'. The mask that Céline puts on by the
end of the film is a direct reference to 'Les yeux sans visage'.