un film, su madri e padri, veri e no, spesso inadeguati, e su un bambino, Elliot, che capisce tutto, meglio di tutti, e sceglie.
Valeria Bruni Tedeschi è più brava del solito, diventa, a sua insaputa, una specie di mamma adottiva per Elliot, in una famiglia complicata, ma viva.
la sceneggiatura, spesso imprevedibile, rende il film avvincente, quando sembra fermarsi poi, a sorpresa, riparte verso nuove direzioni.
è bello, come spesso succede, vederlo in lingua originale, coi sottotitoli, e ascoltare le voci, gli accenti, come quello del padre bretone di Elliot.
un piccolo grande film da non perdere, al cinema.
buona (Elliot e Sandra) visione - Ismaele
La chimica tra Sandra e Elliot è davvero perfetta. Invidiabile, come nelle coppie più consumate. Sembrano fatti l’uno per l’altra e pare si conoscano da sempre benché il loro primo incontro sia stato assolutamente imprevisto. Il padre e la madre partoriente avevano mollato Elliot dall’incredula vicina per correre all’ospedale. Non c’era stato il tempo di fare altrimenti.
Elliot ha cinque anni. Non è certo uno degli amanti occasionali di Sandra
che, per inciso, potrebbe essere sua nonna, se solo avesse desiderato dei
figli. Sandra ha i suoi libri, le sigarette, i logorroici incontri da
organizzare nella sua libreria pseudo femminista. Non ha voglia né tempo per un
uomo, figuriamoci per un marmocchio. Sandra ed Elliot non potrebbero essere più
lontani eppure lo sguardo diffidente di lui e quello terrorizzato di lei si
tramutano, in poco tempo, in un legame destinato a consolidarsi di fronte alle
avversità…
Alex, un giovane padre, è in lacrime. Non sa come dire
a Elliot, il figlio di cinque anni, che sua madre ha avuto complicazioni
durante il parto della sorella, Lucille, e non è più con loro. Ma Elliot sembra
aver capito tutto, anzi forse ha già accettato l’accaduto. Al contrario di
Alex, che passerà invece molto tempo ad elaborare il lutto, barcamenandosi tra
nuove responsabilità, nuove amicizie, nuovi amori. Qui entra in gioco Sandra,
vicina di casa cinquantenne e volutamente single e senza figli, con la quale Alex,
Elliot e la piccola Lucille instaureranno un forte legame.
In quel breve e spiazzante scambio di battute, c’è
tutta l’innocenza de L’attachement,
tutta la tenerezza e la purezza, incarnate nello sguardo intelligente e
sensibile di un bambino che pare più saggio di tutti gli altri personaggi: sa
come nascono i neonati e si chiede come sia possibile che qualcosa di così
grande possa uscire da una fessura così piccola. Dopodiché trae le sue
conclusioni: deve fare molto male. Seppur inconsciamente, Elliot ha quindi
compreso che il dolore fa parte della vita, e che anche la morte non è altro
che una sua parte, complementare e necessaria. Per questo la scomparsa della
madre non lo stupisce, e sempre per questo cerca di aggrapparsi alla vita più
che può, trovando in una libraia di mezza età la sua ancora di salvezza…
…La struttura a diario del film, con continue ellissi
che seguono la crescita della piccola Lucille, dalla nascita ai due anni, forse
non aiuta a rendere fluido il racconto. Eppure Tardieu ci crede fino in fondo a
questa storia - e in fin dei conti riesce a farcela accettare anche a noi
spettatori - coinvolgendo pienamente i suoi interpreti, perfettamente calati
nei rispettivi ruoli, a partire da una Valeria Bruni Tedeschi libraia childfree, perennemente (e perfettamente) a disagio nel suo
ruolo di madre "per procura", che scopre tardivamente la gioia di una
condizione mai cercata e forse rimpianta.
…La sceneggiatore regge bene per buona parte del film la complessità
delle situazioni, gli attori convincenti presentano la difficoltà di amare, di
elaborare e superare un lutto e l'essenzialità delle relazioni,
quell'attaccamento che in italiano è stato tradotto come tenerezza che
definisce irrimediabilmente il rapporto d'amore.
Cos'è l'amore? In questo film ce n'è una rappresentazione universale, un
fil rouge che accomuna questo sentimento e che spinge a essere onesti con se
stessi e gli altri per l'amore e il rispetto che lega gli esseri umani nelle
relazioni interpersonali.
La regia si muove con sicurezza, mentre la fotografia regala primi piani
che vanno al di là di uni sguardo e portano lo spettatore nel vivo delle
situazioni…
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