Un doppio
fronte scuote cinema e politica. Da una parte la
guerra tra gli ex soci ed ex amanti Andrea Iervolino e Monika
Bacardi, produttori cinematografici con la società Iervolino Lady Bacardi
Entertainment (Ilbe), divenuta poi Sipario Movies; dall’altra l’uso
politico del più grande scandalo sui fondi pubblici dell’audiovisivo
nella storia d’Italia. Le carte ottenute dal Fatto retrodatano
la vicenda di tre anni e mostrano rancori personali, parcelle milionarie e
mosse capaci di ridisegnare i rapporti di forza al ministero.
La vendetta
di lady Bacardi
La miccia
scoppia nel novembre 2022, quando lo studio Bacardi – tramite
l’antiriciclaggio in Lussemburgo – segnala due operazioni sospette legate
a Evolution Technology, società connessa al gruppo Iervolino e accusata di
fatture fittizie per 250 milioni. A marzo 2024 Bacardi lascia il cda di Sipario
e segnala le operazioni a Banca Intesa e Deutsche Bank. A metà settembre 2024
anche Iervolino si dimette dal cda e a dicembre la società di Bacardi nomina
presidente il legale David Peretti, che porta Sipario in liquidazione
affiancato dal commercialista Dario Spadavecchia. Sono loro ad accusare l’ex
socio Iervolino: costi gonfiati dieci volte per produzioni
animate tramite società in Bahrain e Lussemburgo, fatture per 88 milioni da
Evolution poi fallita e crediti d’imposta indebiti per circa
26 milioni. Spadavecchia produce oltre mille pagine di due diligence sulla
società, stimando un buco da 89 milioni, danni e costi colossali.
Tra questi però, c’ anche la loro parcella: il 7 luglio 2025 arriva una fattura
di Spadavecchia da 718mila euro, con pagamento lo stesso giorno,
che porta i costi di consulenze a carico della Sipario in liquidazione sopra il
milione di euro.
La grande
rinuncia e le cartelle fiscali
Il 24 aprile
2024 il ministero della Cultura chiede a Iervolino documenti su 38
produzioni tra il 2018 e il 2022. Il 30 aprile e il 10 luglio lui
comunica la rinuncia “volontaria” a 34,5 e poi a 94,5
milioni di tax credit: 129 milioni in totale. Per Iervolino sono “rinunce
tecniche” sul tax credit prenotato, per altri un tentativo di chiudere i
conti prima che esplodesse la “bomba”. A settembre e dicembre 2024 l’Agenzia
delle entrate notifica a Sipario due cartelle per 14 milioni su
crediti R&S e ammortamenti legati alla Al Mashael Movies del Bahrain, Paese
fuori white list, e altri quattro milioni per deduzioni non dovute.
Peretti, ormai a capo dell’azienda, non le contesta ma le manda in pagamento.
La guerra tra Iervolino e Bacardi diventa così autodistruzione
reciproca, sia economica che d’immagine.
La controffensiva di Iervolino
Invece di
fare una regolare Opa (offerta pubblica di acquisto), per assumere il controllo
della quotata Peretti e Bacardi rastrellano azioni sul
mercato. Per questo il 10 giugno 2025 il Tribunale di Roma revoca Peretti per “gravi
irregolarità gestorie” e lo condanna a rimborsare le spese legali. Al suo
posto nomina un amministratore giudiziario, il professor Paolo Bastia. La sua
indipendenza però è subito contestata dalla controparte: Bastia è “of counsel”
dello studio Grimaldi Alliance che nel 2024 insieme ad altri è
stato consulente della Iervolino Lady Bacardi Entertainment
durante le interlocuzioni col ministero. Iervolino giura di non conoscerlo.
Sono le sue mosse che fanno tremare il Mic. Il Fatto ha
accertato che Bastia effettivamente ha il proprio studio presso Grimaldi.
Il 17 luglio
scorso, tre giorni dopo la revoca dei crediti ministeriali alla Sipario, Bastia
scriveva al ministero chiedendo l’annullamento del provvedimento,
adottato, sostiene, senza contraddittorio e basato su atti “inattendibili”
che non aveva avuto il tempo di visionare. Il ministero tira dritto. Due mesi
dopo, Bastia deposita al Mic una nuova istanza per chiedere l’annullamento
della revoca in quanto le sue analisi non rilevano le irregolarità denunciate
da Peretti e Spadavecchia. Anzi, scrive Bastia che le accuse poggiano su dati “non
accurati” e non risulta alcuna fattura per prestazioni inesistenti.
Dunque richiede indietro i 66 milioni di tax credit revocati.
La manovra politica: silenzi e opportunismo
Il Mic
sembra essere rimasto fermo per nove mesi, nonostante contestazioni note.
Il 14 luglio 2025 però il caso esplode: quel giorno la Guardia
di finanza invia al pm Antonino Di Maio una seconda informativa su
Ilbe/Sipario. Nelle stesse ore il direttore generale Cinema del Mic, Nicola
Borrelli, già dimissionato, firmava la revoca di 66
milioni di tax credit a Sipario. E sempre lo stesso giorno la sottosegretaria
leghista Lucia Borgonzoni annunciava la mossa del Mic con una
nota che anticipava di poche ore l’indagine penale che l’indomani avrebbe
portato agli avvisi di garanzia per Iervolino e tre dirigenti di Ilbe/Sipario.
Una tempistica che tradisce la logica politica: mostrarsi inflessibili dopo
il caso di Francis Kaufmann, il killer di villa Pamphili che ha
ricevuto 860mila euro di tax credit per film mai prodotti, usando Iervolino come capro
espiatorio.
Nella nota
di Borgonzoni c’è un indizio di questo. Il nome del ministro della
Cultura Alessandro Giuli (FdI) compare solo alla fine,
l’ultima di trecento parole. Un dettaglio che misura i rapporti di
forza tra i due a dieci giorni dalla decisione di rimuovere lo storico
braccio destro Borrelli, rimasto al fianco della Borgonzoni per sette anni,
durante tre governi e sotto quattro diversi ministri. Un tandem reso
“indifendibile” dal caso Kaufmann: Borrelli sacrificabile, Borgonzoni protetta
dalla Lega. Un’operazione fragile, se costruita solo su documenti
firmati da Peretti, già revocato per gravi irregolarità.
In questa
storia balena anche l’ombra di accordi spartitori tra
produttori. Nelle due mail di rinuncia ai 129 milioni, Iervolino scrive al Mic
di aver deciso “a seguito delle interlocuzioni con dirigenti di associazioni
di categoria, co-produttori e committenti esteri”. Per alcuni sarebbe
l’indizio di un “cartello” tra produttori per spartirsi i fondi
ministeriali, per altri si tratterebbe di normali consultazioni tra aziende per
superare insieme l’interludio di incertezza normativa sul tax credit dovuto
alla riforma che aveva congelato il settore. Intanto la guerra tra ex soci
Iervolino e Bacardi è diventata l’innesco di un incendio che divora ministero,
dirigenti, sottosegretari e i partiti di destra che, da tre anni,
promettono controlli sul cinema. E ora proprio sui controlli
rischiano di bruciarsi.
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