sabato 11 ottobre 2025

Il ginocchio di Claire - Éric Rohmer

un t(r)ombeur de femmes, alla vigilia del matrimonio, per scommessa con un amica scrittrice, seduce Laura, una ragazzina, e poi s'innamora del ginocchio (solo?) della sorella, Claire.

è tutto un gioco di seduzione e di erotismo, diretto benissimo da Rohmer, niente più, ma quello era l'obiettivo (riuscito).

il potente maschilista Jerome, poi si sposerà, e Laura e Claire saranno due (delle tante?) vittime del suo fascino (?) maschilista.

buona visione - Ismaele

 

 

 

Cinema tipicamente francese, "di testa", nel quale l'aneddoto non è che una traccia per una esercitazione di stile, per un ripensamento sul senso del linguaggio di cinema. Rohmer ha l'ambizione di mostrare l'impossibile: il segreto degli esseri, le motivazioni che spingono gli individui ad agire, la molla che fa scattare il movimento, quella che muovere il braccio che va a porsi sul ginocchio di Claire, oggetto astratto del desiderio di Brialy. Il registra cerca così, pellicola dopo pellicola, di condensare un discorso non moralistico, ma introspettivo; avviando il cinema sulla traccia di un certo romanzo d'analisi psicologica con il desiderio quindi di trovare nuovi sbocchi al linguaggio.

Per riuscirci, Rohmer ha bisogno di un universo isolato, dove poche persone si trovano circoscritte in un ambiente, meglio in un clima ben determinato. Qui è il lago di Annecy, in MA NUIT CHEZ MAUD era la ragione di Clermond – Ferrand in inverno, nella COLLECTIONNEUSE era la Costa Azzurra: sempre comunque un ambiente di vacanza, con dei personaggi esclusi da un contesto quotidiano da preoccupazioni materiali. Su questo piccolo gruppo così isolato il registra compie il proprio lavoro di analisi, il proprio tentativo di esame introspettivo dei sentimenti, osservandolo con minuzia mentre si affronta, cercando di afferrare i risvolti più minuti delle reazioni psicologiche.

Rohmer, se non fallisce in un tentativo così arduo, lo deve innanzitutto alla purezza del proprio stile, che è privo di ogni compiacimento, teso all'essenziale, a volte vibrante; alla sua intelligenza della direzione degli attori (l'adolescente bruna, Beatrice Romand è sicuramente un piccolo miracolo di verità), alla attenzione con la quale cura i dettagli, al tentativo di inserire i suoi personaggi nel clima particolare di un ambiente geografico.

I limiti del film sono i limiti del tentativo: anche se la critica francese rimane estasiata di fronte a questo processo di analisi dettato sul ritmo del dialogo, anche se l'intelligenza della ricerca non va messa in dubbio, LE GENOU DE CLAIRE denuncia ancora se non l'aridità, la scarsa generosità di uno studio che è tutto pensato: che nulla lascia alla incertezza, ma anche al fascino, del caso e della fantasia.

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Jean-Claude Brialy deve relazionarsi con tre donne nel film, pur rimanendo implicitamente fedele all'invisibile Lucinda. Nel momento in cui lo fa, la sessualità viene soppressa dalla sua recitazione: e naturalmente diventa tutto  più sensuale (...). Se dovessi dire che Il ginocchio di Claire è un film sul desiderio di accarezzare un ginocchio, sarei lontano un milione di chilometri dal cuore della pellicola. Eppure, in un certo senso, Il ginocchio di Claire racconta davvero il sentimento di Jerome per il ginocchio di Claire, che è un ginocchio splendido. Quel ginocchio irraggiungibile, per Jerome, rappresenta tutte le meraviglie che sta per lasciarsi dietro.
Roger Ebert

Perché il ginocchio, da dove viene questa fissazione, forse da qualche reminiscenza letteraria o poetica? Vallo a capire! Poeti antichi e moderni hanno cantato le donne, in generale o nel dettaglio, corpo, viso, occhi, capelli, spalle, gola. Ma il ginocchio? Non mi risulta. Neanche gli esperti del corpo femminile hanno mai pensato a questa parte generalmente disprezzata, spesso ingrata, a volte seducente come la porzione che affligge il povero Jerome. Al massimo troviamo in Voltaire: 'Contes d'amour d'un air tendre il faisait / Et du genou le genou lui serrait'.
Philippe d'Hugues - Marivaux sur les bords du lac d'Annecy - Le Figaro

Quello che dico non lo dico con le parole.
Eric Rohmer

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…Il regista francese – da sempre interessato ad una messa in scena semplice e spontanea in cui ogni inquadratura può essere facilmente ricondotta ad una consapevolezza pittorica dal sapore impressionista – si sofferma in particolar modo sulla dimensione del dialogo per esplorare a fondo i pensieri e le intenzioni dei suoi personaggi. Un’escursione in montagna ci avvicina alla figura di Laura e inizia a suggerirci le prime titubanze relazionali di Jérôme, ormai prossimo al matrimonio e ben lontano dal suo passato da tombeur de femmes. Il gioco seduttivo con la ragazza – una scommessa con Aurora – non ha vita lunga ma ci permette di stabilire una connessione con i personaggi, di trovare un qualcosa per legarci ad essi, che sia un’argomentazione, il ricordo di un’esperienza simile o una semplice emozione…

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L'avevo già visto tempo fa; persuaso dagli entusiasmi della critica che ha scoperto il genio di Rohmer, avevo seguito con attenzione tutti i pochi film che la televisione proponeva; ma ricordo un senso di noia generale, di scontato e sciatto. Rivedendo questo ieri sera non me ne tornava alla mente nulla, come se non l'avessi mai visto (o davvero non l'ho mai visto?); comunque, dialogo confuso e banale, con incoerenze che non hanno nessuna giustificazione psicologica né espressiva (ma a tutto si può trovare giustificazione; sono certo che il regista sa i motivi esatti di ogni scelta, e potrei trovarli anche io, forse gli stessi, perché anche la banalità intellettuale è un male comune; ma non è un motivo per distribuirla). La recitazione è sciatta, anche questo probabilmente per "precisa" scelta, affatto gratuita. Confesso di non esser riuscito a vederlo tutto

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Il velo di erotismo pruriginoso che pervade sottilmente la pellicola(in fondo parliamo sempre di un uomo maturo e di minorenni,al giorno d'oggi il diplomatico sarebbe tacciato di pedofilia) sconfina nel gesto simbolo di tutto il film:sfiorare quel ginocchio.Il diplomatico architetta anche tutta una serie di menzogne per avvicinarsi a Claire e sfiorare ripetutamente il suo ginocchio.E dopo?Dopo ritorna al suo porto sicuro,la sua promessa sposa sempre menzionata ma mai vista.Rohmer dà un posto privilegiato allo spettatore che vede tutti gli intrighi dei vari personaggi,dal diplomatico,alla sua amica a cui affida tutte le sue sensazioni più intime fino ad arrivare a Laura e alla stessa Claire che cambia in verità diversi partner dimostrandosi in realtà piuttosto superficiale.Il bello della seduzione non è la seduzione stessa,intesa come risultato finale,ma come ci si arriva…

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Un film di antieroi trentacinquenni e di giovani(ssime) ninfe che risvegliano sensazioni credute sopite, di ragazzi antagonisti da screditare (a costo di vedere quel che si vuole e di fraintendere un’intera situazione) e di premi simbolici e ambitissimi (il ginocchio, appunto) da ottenere come traguardo di un nuovo punto di equilibrio. Ma anche un film di punti di vista, di chiarori naturali che incorniciano il Lago di Annecy e che sembrano illuminare proprio quel ginocchio vertice di ogni desiderio, di binocoli con cui è impossibile andare al di là dell’impressione (errata), di diversi saluti da diversi ponti che aprono e chiudono il piccolo viaggio di Jérôme: una casa d’infanzia da vendere, un passato di cui si sa poco, un matrimonio più per abitudine e «accettazione di un dato di fatto» che per reale convinzione che lo aspetta di lì a pochi giorni. Un prurito che diventa sempre più inarrestabile…

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