lunedì 26 dicembre 2022

Sarura - Nicola Zambelli

da alcuni anni ad At-Tuwani, un piccolo villaggio vicino a Hebron, si è scelto di reagire all'assedio e all'aggressione dei coloni armati, e dell'esercito israeliano che li protegge e li supporta, in modo nonviolento.

un gruppo di giovani, Youth of Sumud, coordina la lotta pacifica, con l'aiuto di volontari internazionali.

Nicola Zambelli, che già nel 2009 aveva documentato la loro lotta in Tomorrow’s Land, visita quei luoghi, i bambini di allora sono cresciuti e organizzati adesso in Youth of Sumud.

è una lotta impari, una resistenza piena di coraggio e perseveranza per difendere la loro terra.

si può consultare il sito del film, https://sarurafilm.com, anche per eventuali proiezioni.

buona (piena di speranza) visione - Ismaele



 

 

La vicenda del villaggio di At-Tuwani è la storia che nel 2010 abbiamo filmato per poi raccontarla con il nostro primo film “Tomorrow’s Land – how we decided to tear down the invisible wall” (2011 – vincitore di numerosi premi in Italia, documentario che ha partecipato tra gli altri ai David di Donatello, Thessaloniki Film Festival, Al Jazeera Film Festival), centrata sull’esperienza del comitato di lotta popolare nonviolenta delle colline a sud di Hebron. Nel corso degli ultimi dieci anni, le colonie attigue ad At-Tuwani hanno continuato ad espandersi, incrementando il numero di abitanti, continuando a costruire abitazioni e fattorie per gli animali. Allo stesso tempo, l’esercito israeliano ha continuato a ostacolare la presenza palestinese nell’area, demolendo qualsiasi nuova abitazione, ostacolando la vita quotidiana tramite check-point volanti e controlli arbitrari, continuando a cercare pretesti per poter allontanare gli abitanti dalle loro case.

Un documentario – interamente autoprodotto on-line grazie a Produzioni dal Basso e off-line grazie a decine di incontri pubblici – che ha aiutato a far conoscere la storia di At-Tuwani, è stato visto da migliaia di persone in centinaia di proiezioni nel mondo.

Il ritorno ad At-Tuwani

Nel 2018 siamo tornati ad At-Tuwani per raccontare la storia di “Youth of Sumud”, un collettivo di giovani e teenagers nato e cresciuto sotto occupazione militare e all’interno della lotta popolare del villaggio, composto da ragazzi e ragazze che studiano e si impegnano per garantire a sé e ai loro concittadini la possibilità di continuare a esistere sulla propria terra e ottenere un futuro migliore. I ragazzi e le ragazze di YOS sono i bambini che dieci anni addietro abbiamo filmato mentre compivano un estenuante tragitto dal villaggio di Tuba a At-Tuwani scortati dai soldati dell’esercito israeliano (scorta istituita a seguito dei violenti attacchi portati avanti ai danni dei bambini dai coloni di Ma’On e Havat Ma’on, che furono fonte di proteste e indignazione nella stessa Israele); sono i bambini che abbiamo visto andare a scuola e che sognavano la scomparsa dell’occupazione.

Crescendo, alcuni di questi ragazzi hanno costituito un collettivo di lotta chiamato “Youth of Sumud”, decidendo non solo di proseguire l’azione di resistenza nonviolenta del comitato popolare del villaggio ma anche di riappropriarsi (simbolicamente e materialmente) delle terre che sono state sottratte ai loro concittadini, andando ad abitare nelle grotte evacuate di Sarura.

Vogliamo raccontare la storia di Youth of Sumud perchè possa costituire un esempio concreto di speranza, una lotta pacifica condotta all’insegna della dignità umana, il cui esito resta tuttora incerto ma il cui finale è scritto attraverso la storia di ciascuno. Una storia minuscola rispetto alla Storia con la S maiuscola, ma allo stesso tempo universale e rappresentativa di un conflitto che sembra non trovare mai fine.

Un conflitto che, come tutti i conflitti, potrà trovare un esito positivo solo nella piena accettazione dell’essere umano, riconoscendone l’esistenza e dando ad esso visibilità. E, soprattutto, come i ragazzi e le ragazze di Youth of Sumud sembrano fare nei confronti dei loro pari, speranza…

da qui

 

Sarura mostra immagini di oggi, del 2009 e degli anni intercorsi tra la prima e la cosa visita dei registi. Segue i bambini di allora diventati ragazzi o adulti, filma le stesse strade, gli stessi campi, le stesse zone di frontiera, gli stessi scontri fra i coloni dell'avamposto israeliano di Ma'on, l'esercito, i palestinesi di At-Tuwani e gli attivisti: a parte la grana del digitale, meno definita e netta, nulla pare cambiato. La stessa aggressività dei soldati, gli stessi ragionamenti paradossali degli occupanti (secondo i quali il problema non è l'aggressività dei coloni, ma l'ardire dei palestinesi che si ostinano a pascolare nelle proprie terre), la stessa tensione che coinvolge anche i registi, trasformati da testimoni distanti a presenze partecipi.

Le linee temporali di Sarura si sovrappongono, mentre il montaggio accosta passato e presente. Ciò che nel frattempo è cambiata è la storia di At-Tuwani e del vicino villaggio di Sarura, sgomberato dagli israeliani. Soprattutto, sono cambiate le teste delle persone che lì vi abitano: oltre a resistere allo sgombero con la creazione di un comitato di lotta popolare, con azioni pacifiche contro il governo israeliano e con registrazioni audio e video delle violazioni dei diritti dei palestinesi, da qualche tempo si è cominciato anche a restaurare Sarura e le sue grotte.
La perseveranza, dunque, nel film è la luce di candela dell'inizio: una fiamma tenue, un fuoco controllato che non distrugge, ma illumina, e per ora non si è ancora estinto.

da qui

 

In una striscia di terra occupata, tra persone ormai abituate alla loro condizione, il film testimonia un movimento che rompe la catena degli eventi, che prova a immaginare un altro mondo, un altro modo di vivere: «il futuro è un posto sconosciuto», recita il sottotitolo della versione internazionale.

La questione palestinese è uno stallo perenne, una condizione che dopo vari decenni è quasi istintivo – colpevolmente – considerare, se non naturale, almeno strutturale, parte del mondo che l’ha creata e alla quale appartiene.
Ali, uno dei “giovani della perseveranza” di At-Tuwani, dice: «Qui ogni bambino crede che sia normale la vita che vive, qualunque essa sia. Poi però crescendo ho capito che ci sono persone che violano i miei diritti, e che questo non è il modo in cui i bambini di tutto il mondo normalmente vanno a scuola». È proprio questo lo scarto che il film cerca e filma nei territori occupati: l’inversione di rotta della Storia e della mente delle persone, protagonisti e osservatori, vittime e spettatori; l’iniziativa che cambia il decorso delle cose.

da qui

 

The Future Is an Unknown place nasce e cresce in questo clima di endemico conflitto, uno scontro che dopo l’intifada sembra essersi frammentato in decine o centinaia di piccoli conflitti. Le cronache e anche il cinema hanno raccontato queste situazioni che non hanno solo un riflesso locale, ma fanno inevitabilmente parte di una più grande unità. Dall’altra parte del racconto, attraverso immagini e interviste che sanno restituire una rabbia soffocata da una non violenza praticata e convinta, Zambelli lavora sul tempo. Un lavoro precedente, al seguito di sigle internazionali che da sempre lavorano in solidarietà con gli abitanti dei territori della Palestina, aveva già mostrato le condizioni in cui erano costretti a vivere i palestinesi tra provocazioni e aggressioni ingiustificate. Il tempo che da una parte è trascorso velocemente, sembra invece immobile quanto agli avvenimenti. Nulla è mutato a Sarura, i ragazzini di allora sono diventati adulti e qualcuno si è anche laureato, ma i ragazzini di oggi, che pascolano le greggi al pomeriggio e al mattino vanno a scuola, hanno bisogno dell’esercito che li scorti per evitare le aggressioni. Anzi, alla fine del film si viene a sapere che nel maggio 2021 i coloni hanno distrutto le piantagioni di ulivi e quanto i giovani della “Youth of Sumud” avevano realizzato a Surura. Il lavoro è ricominciato subito dopo, ma il futuro, come ci ricorda Zambelli, è una terra sconosciuta ed in questo tempo senza volto che si snoda ancora la resistenza di questi giovani con la speranza negli occhi e nelle parole.

da qui



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