due film (Les glaneurs et la glaneuse (La vita è un raccolto) - Agnès Varda e Les glaneurs et la glaneuse... deux ans après - Agnès Varda) mostrano spigolatrici e spigolatori, raccoglitori degli avanzi dopo il raccolto e anche dopo la vendita.
molte perdone, per motivi ideologici, economici, etici, vivono, almeno in parte, degli "avanzi".
la grandezza di Agnès Varda è di cercarle e farcele conoscere, queste persone, con una sincerità, sorriso e umanità invincibili.
provate a cercare quasti film, e conoscerete persone che non pensavare di poter conoscere, persone come noi, sorelle e fratelli, persone che non inquinano, non fanno del male, spesso umiliati e offesi.
grazie, Agnès Varda!
buona (piena di speranza e fiducia) visione - Ismaele
…Pratica antica, la “spigolatura” è da tempo immemorabile il
connotato di un consorzio umano che ha saputo dare dignità anche ai suoi lati
peggiori.
E’ ciò che intende Varda, e per
far questo si fa aiutare dalla pittura andando a “spigolare” nei musei le tele
perdute di Jules Breton e Jean-François Millet, bellissimi dipinti di
un ‘800 segnato dai colori caldi del crepuscolo, quando il lavoro termina, o
dal sole vangoghiano di meriggi agresti quando la fatica ferve.
Quelle contadine intente alla “spigolatura” sono piccole dee di un
mondo scomparso, ninfe dei boschi, Driadi e Amadriadi che completano il lavoro
dei campi.
Quello che raccolgono non sa di rifiuto, spazzatura, miseria.
Eppure miseria c’era, e tanta, ma non si avverte l’assenza di un’etica
solidale, c’è il calore di un’umanità in cui vivere insieme sembrava ancora
cosa buona e giusta.
Non è possibile senza rabbia vedere intere pagnotte di semi pregiati
finire in cassonetti da cui sarebbero state triturate nelle discariche senza
gli “spigolatori”, o rosse e gialle mele che sarebbe stato meglio non sottrarre
ai loro rami.
Le immagini di Les glaneurs et la
glaneuse hanno un potenziale fortemente provocatorio,
rivoluzionario, sono una denuncia forte, un atto d’amore, “ un grillo su un mucchio di spazzatura”.
Venti anni fa…
…In "The Gleaners and I," she has a new tool--a modern
digital camera. We sense her delight. She can hold it in her hand and take it
anywhere. She is liberated from cumbersome equipment. "To film with one
hand my other hand," she says, as she does so with delight. She shows how
the new cameras make a personal essay possible for a filmmaker--how she can
walk out into the world and without the risk of a huge budget simply start
picking up images as a gleaner finds apples and potatoes.
"My hair and my hands keep telling me that the end is
near," she confides at one point, speaking confidentially to us as the
narrator. She told her friend Howie Movshovitz, the critic from Boulder, Colo.,
how she had to film and narrate some scenes while she was entirely alone
because they were so personal. In 1993 she directed "Jacquot de
Nantes," the story of her late husband, and now this is her story of
herself, a woman whose life has consisted of moving through the world with the
tools of her trade, finding what is worth treasuring.
De todos los medios de
comunicación que hoy en día nos rodean quizás ninguno como el cine documental
para mostrarnos aquella parte de la realidad que más acusadamente lejana y
ajena nos puede resultar. El medio televisivo, con su inmediatez y su dimensión
de producto de consumo, nos puede llegar a inmunizar contra esa sensibilidad
necesaria que se llega a requerir para conmovernos a la hora de enfrentarnos a
esas situaciones de injusticia social que campan a nuestro alrededor, invocando
un dejá vu en los noticiarios, donde el drama colectivo de
millones de seres humanos parece frivolizarse al intercalarse estas tragedias
entre los eternos bloques de información deportiva (perdón, futbolística). Sin
embargo, este género cinematográfico que inmortaliza el presente nos deja muy
frecuentemente pequeñas joyas, sublimes aportaciones que nos posibilitan
reconocer el mundo que habitamos, reflexionando sobre él y tratando de dar
respuestas a las inquietudes que nos abordan e incomodan. Suponemos que con esta
filosofía nació en el año 2000 de la cabeza de la veterana realizadora francesa
Agnès Varda el documental titulado Los espigadores y la espigadora (Les
glaneurs et la glaneuse).
Ya desde los efímeros
títulos de crédito, esas imágenes que nos introducen en la narración y que por
el solo hecho de ser las primeras suelen tener una importancia primordial en
todos aquellos “autores” que se precien de ser llamados como tales, observamos
que estamos ante una obra que tiene pretensiones de parecer improvisada. Nos
recibe la penetrante mirada de un gato, escrutadora, llena de inquietud por
observar lo que le rodea y que, por tanto, parece quererla para sí la propia
Agnès Varda, y su porte noble y distante (como lo será en cierta forma la
actitud de la directora, que intentará retratar, y no juzgar ni hacer apologías
ni proselitismos, dejando que el espectador saque sus propias conclusiones) se
aposenta sobre una pantalla de ordenador en la que aparece el nombre de la
productora: estamos ante el ensalzamiento de la economía de medios, de la
utilización de todos aquellos elementos que están a nuestro alrededor,
esperando a ser usados para alguna tarea (aunque no sea aquella para la que
fueron concebidos), y esta idea parece imponerse como la filosofía sobre la
cual se vertebrará el discurso capital del filme, aquel que nos habla sobre la
reutilización, el aprovechamiento, la segunda vida de las cosas...
By strict definition gleaners
describes the practice of gathering crops left on the ground after the harvest,
such as any grain. But that old-fashioned practice has all but given way to
machines doing that job. Veteran seventysomething French New Wave filmmaker
Agnes Varda (“Far From Vietnam”/”Vagabond”/”Cleo from 5 to 7”) shoots a moving
humanist/social conscience documentary that gets its title from an 1867
painting by Jean-Francois Millet entitled that “Les Glaneuses” (“Women
Gleaning”). It shows three peasant women in a wheat field, stooping to pick up
what’s left behind after the harvest. Inspired by this painting Ms. Varda, with
her digital video camera in her hand, tracks down modern-day gleaners across
France and interviews them whenever possible…
Fastosi relitti - J.Prevert
Un giorno
Kor Postma scriveva a un amico
uno di quelli che amano i suoi dipinti
giacché egli non dipinge che ciò che ama
Tu sai che la mia pittura non vuole niente
di magistrale
d'importante e che cerco di dare una vita
più reale a
cose insignificanti, povere, semplici,
dimenticate e getta via...
Piume e piante
oggetti sperduti provati
canne secche legate slegate e spezzate
e farfalle sparpagliate
Vecchia trappola e nuova ciliegia
scarti di sughero vestiti come uccelli
Vestigia di terra e di mare di gioia e di
miseria
di luce e di vento
Segnali di morte segni di vita
viventi e fragili rovine
figure di rebus teneri enigmi segreti
pubblici
Fastosi relitti e favolosi avanzi
rifiuti del bello e cattivo tempo
nelle reti dell'Olandese Volante
a Sanary
dove il pittore affettuosamente li ha
sorpresi
nella loro ardente ed incantevole inerzia
sorpresi e raccolti in piena realtà
vale a dire in pieno sogno in pieno
desiderio in pieno mistero
in pieno oblio
Là dove la vita non cessa di sciogliersi
in lacrime
che per scoppiare in singhiozzi
Là dove la terra dall'orizzonte funebre
sonnecchia sotto l'occhio solo del sole
e poi piangendo dal ridere si sveglia di
soprassalto
suoi fiori i suoi mendicanti i suoi
uccelli
e fa cantare
Non lontano da li
nelle Alpi Marittime
una bambinetta
come il pittore sulla sabbia
ritrova nel paesaggio della sua testa
cose venute non sa da dove
cose di tristezza e di festa
d'altrove e di dovunque
E queste cose la mia ragazza le dice
cantando
Finite le belle barche d'un tempo
finite finite
sono rotte in piccoli pezzi
mai più mai più avranno
una goccia d'acqua
in vita loro
Sono ridotte in mille pezzi
in minuscole fascine
affinché brucino bene
E l'elefante fa un goccio di pipì
È la festa del Montone all'aglio
è ora d'andare a mangiare
dice Cortese il cane povero.
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