se uno non sapesse che il film è di Bertrand Tavernier (purtroppo poco conosciuto) subito penserebbe a Ken Loach.
in una città depressa, dove le miniere sono chiuse, la povertà è molto diffusa, come tutti i problemi dei poveri.
Daniel, maestro d'asilo, dirige una scuola d'infanzia, e cerca di far crescere i bambini e le bambine nuovi, che guardino con fiducia al futuro, mentre il presente è spesso triste e lontano dai sogni.
ottima musica di Louis Sclavis, un film da non perdere, promesso - Ismaele
se anche fosse fatto male, il film meriterebbe tutto il rispetto e
l'attenzione dovuti a un'opera di documentazione di una realtà drammatica
pressoché sconosciuta (in questo caso la depressione economica di una zona del
nord-est della Francia, afflitta da un altissimo tasso di disoccupazione;
situazione vista attraverso la vita di una scuola materna). Aggiungiamo che
Tavernier ha realizzato un'opera colma di poesia, sempre coinvolgente e spesso
commovente, ed ecco che abbiamo un film bellissimo, che avrebbe meritato una
ben maggiore diffusione. Grazie al dvd, non è mai troppo tardi. I francesi
hanno sempre assegnato grande importanza all'educazione - non necessariamente i
politici francesi, ma certamente la coscienza del popolo - e quindi l'idea di
illustrare una scena collettiva attraverso la piccola realtà di una scuola
materna non è certo da considerarsi un'eccentricità. Molto bravi i due attori
principali (la Pitarresi, che assomiglia a Monica Bellucci, ha evidenti origini
italiane), cui fa da contorno, mischiata ad attori veri, la gente del posto,
compresi ovviamente i bambini. Assai interessante la musica di Louis Sclavis, e
bellissima fotografia.
…Hoy empieza todo es una
acertada radiografía de la Francia más empobrecida de finales de los años
noventa, pero sus temas y sus conclusiones son perfectamente trasladables a
esta España sumida en la crisis actual. Han pasado 13 años desde que se estrenó
esta pequeña maravila y hoy sigue tan vigente como entonces. Hoy más que nunca
necesitamos a profesores motivados con su trabajo y que no se limiten a cumplir
el expediente. De los políticos y los burócratas ya sabemos que podemos esperar mucho, pero somos los ciudadanos los que
debemos exigirles que cumplan con sus obligaciones y compromisos. En un país como
el nuestro en el que la crisis está sirviendo de escusa para desmantelar el
estado de bienestar (empezando por la educación y la sanidad) los ciudadanos no
debemos quedarnos de brazos cruzados. Por eso Daniel Lefebre es un héroe, porque no se rinde (aunque tenga sus
dudas). No se limita a hacer su trabajo e irse a casa olvidando los problemas
que ve a diario. Daniel opina que la educación recibida durante la infancia es
fundamental para el posterior desarrollo de las personas. Él lo sabe bien…
…To produce a poetic and emotionally
engaging film about these issues without preaching, moral posturing or making
any concessions to the powers-that-be, is a difficult task. At this stage few
aspire to this challenge. Tavernier's determination to produce such a film is
an act of courage, humanity and a testimony to his considerable artistic skills…
Il magistrale, densissimo ed appassionato docudramma alla Ken
Loach firmato da un Tavernier in stato di grazia non è un pamphlet enfatico,
didascalico, sentenzioso e schierato. E' un resoconto lucidissimo, illuminante,
oggettivo, incisivo, carico di amarezza e di rabbia sul drammatico stato delle
cose: ad un certo punto la puericultrice sbotta con il furente Daniel:
"Non è legale, solo che tutti se ne fregano!" Sarebbe troppo facile,
approssimativo e presuntuoso liquidare il film come il ritratto di una realtà
lontana, che - ancora - non ci appartiene. Ed è troppo semplicistico risolvere
il problema come suggerisce il collega di Daniel, per il quale, rifacendosi
alla curva di Gauss, non è opportuno occuparsi della fascia dei più disagiati,
per cui non c'è più niente da fare, ma della fascia nel mezzo: "loro puoi
ancora salvarli". Sarebbe come nascondere la polvere sotto al tappeto ed
infatti Daniel afferma risentito: "Sì certo la metà la buttiamo nel cesso
e con il resto cerchiamo di capire cosa fare. Solo che il cesso ci esploderà in
faccia perché non ce la fa a contenerli tutti!" Tavernier mostra e non
dimostra, evita giudizi affrettati e unilaterali, ben consapevole che i mali di
una società non sono riconducibili a pochi colpevoli. Osserva con sguardo
attento, sobrio, acuto ed onesto, preoccupato, anche scandalizzato ma non
demoralizzato o passivo, con spirito polemico e combattivo certo, ma non
militante o livoroso. Senza lamentosi e rassegnati piagnistei, ricattatori e
retorici sentimentalismi o spicciole indignazioni, anzi condendo il tutto con
il sorriso, con una sottile ma salutare ironia. La mobile e vivida cinepresa a
mano del regista, anche sceneggiatore con la figlia Tiffany ed il genero
Dominique Sampiero, scrittore ed insegnante, nella scuola materna di Derrière
les Haies a Anzin, dove sono state effettuate le riprese, entra nella scuola,
ne coglie la felice quotidianità (le lezioni in classe tra canti, giochi, i
primi apprendimenti, la gioiosa ricreazione in cortile, i collegi docenti, la
lezione sul funzionamento del camion tenuta dal papà di Laetitia di fronte ai
bimbi curiosi, partecipi ed entusiasti, l'arrivo dei genitori e/o dei nonni a
prendere i loro piccoli) non ne nasconde però l'enorme complessità (i colloqui
privati, spesso critici e delicati, con mamma e papà, i problemi burocratici,
la crisi economica che si ripercuote sulla gestione scolastica). Tavernier non
fa sconti per nessuno (insegnanti, politici, genitori, assistenti sociali,
ispettori ed anche l'eroico protagonista, "un Don Chisciotte, solo più
consapevole dei limiti del proprio idealismo" - Enrico Danesi - cui uno
straordinario Phillipe Torreton conferisce una vibrante autenticità ed una
coinvolgente passione, ha i suoi bei problemi familiari - dal rapporto
irrisolto con il padre all'estrema fatica nel relazionarsi con l'ostinato ed
irrequieto Remi e non riesce ad evitare la tragedia della famiglia Henry), si
affida con fiducia, forse anche con ingenuità, all'innocenza, all'entusiasmo ed
alla trasparenza dei bambini, perché "loro non ti chiedono di occuparti
del sociale, ti chiedono di ascoltarli, di guardarli." (splendida in
questo senso l'ultima immagine in soggettiva con il primo piano di diversi
bimbi che salutano affettuosamente il protagonista). La speranza per il futuro
si ripone tutta in loro: questo è probabilmente il significato della grande e,
senza dubbio, fin troppo zuccherosa festa, con tanto di banda che suona,
organizzata dalla scuola con la loro indispensabile e gioiosa collaborazione.
Un ottimismo dai più criticato e sbertucciato, ma in realtà doveroso:
attraverso il coinvolgimento diretto, i bambini possono iniziare a capire cosa
sia un mestiere e si può forse in questo modo anche ridurre il rischio che si
trovino, come i loro genitori, paralizzati davanti alla tv finendo per chiamare
magari i propri figli Starsky e Hutch. Dai bambini si deve allora
necessariamente ripartire per sollevare quel mucchio di pietre accumulate ad
una ad una, per evitare che le parole servano loro solo "per dire ho fame,
ho sete, ho freddo. Per sopravvivere.". "Ça commence
aujourd'hui" (letteralmente "ciò comincia oggi") recita, non a
caso, il titolo originale di un'opera commovente, dal valore morale altissimo
(ben più pregnante del successivo, fortunato, "Essere e avere" di
Nicolas Philibert), nel cui incipit è già magnificamente sintetizzato il forte,
toccante e condivisibile monito. Così infatti all'inizio parla Daniel: "La
durata di un racconto è come la durata di un sogno. Non si decide né il momento
in cui ci si addormenta né quello in cui ci si sveglia. Eppure si va avanti. Si
prosegue. Si vorrebbe fare un gesto, toccare il personaggio, avere delle
attenzioni per lui, prenderlo per mano, ad esempio. E invece si sta lì, senza
fare niente. La vita sarà passata e noi non avremo fatto niente." Evitiamo
che la vita passi senza avere fatto niente: sarebbe imperdonabile. I bimbi sono
il futuro della società, ma hanno bisogno dell'aiuto, dell'insegnamento,
dell'appoggio, delle attenzioni e dell'amore degli adulti. Nel nostro piccolo,
senza dover essere né "un sovversivo né un vescovo anglicano"
dobbiamo almeno questo ai nostri figli: "per restare in piedi. Per
inventarsi delle montagne e giocare con la slitta. E credere di avere raggiunto
le stelle." Uno di quei rarissimi film di oggi da far obbligatoriamente
vedere non solo nelle scuole ma soprattutto nei ministeri dell'Istruzione.
François Truffaut, cineasta dell'infanzia per antonomasia, ne sarebbe stato
oltremodo orgoglioso. In Concorso al Festival di Berlino del 1999, dove
Tavernier aveva già vinto l'Orso d'oro nel 1995 con "L'esca", ha
ottenuto il premio della Giuria Ecumenica, il premio Fipresci e una menzione
speciale per il regista. Premiato al Festival di San Sebastian. Nomination ai
César e agli European Awards per il magistrale Torreton, capace di farti
credere sullo schermo di avere fatto il maestro per tutta la vita. Prodotto da
Alain Sarde, tra i cui successi spiccano "Il pianista", "Il
segreto di Vera Drake" e "Mulholland drive". Quasi 1 milione di
spettatori in Francia. In Italia, come è ovvio, praticamente invisibile.
Il
livello di civiltà di una società è misurato dallo spazio e importanza dati ai
bambini. Devo amaramente constatare che tutte le nostre modernissime e
civilissime società sono ancora troppo lontane dalla meta: troppi bambini
maltrattati, sfruttati o semplicemente ignorati anche tra le nostre accoglienti
mura domestiche, nelle nostre belle città… Lo spazio e la qualità delle scuole
e dei servizi per l’infanzia ne è un tangibile segno. E a questo non sfugge
neanche l’organizzata Francia.
I bambini al cinema
non sono certo un tema nuovo: come dimenticare il dramma esistenziale di
Antoine Doinel de I quttrocento colpi in scontro con famiglia e scuola, indesiderato e
incompreso da tutto il mondo degli adulti o Julien de L’argent de poche… Truffaut è certo
un poeta dell’infanzia-adolescenza di cui sa cogliere sfumature, drammi,
profondità con leggerezza ed espressività uniche. Il regista sottolinea la
lotta per la sopravvivenza dei più piccoli a cui dimostra sempre fiducia e
affetto.
A ventitré anni di
distanza dal film di Truffaut, è un altro regista francese, molto diverso dal
primo, a tessere un canto d’amore per i più piccoli: Bertrand Tavernier nel suo
ultimo film si cala nella realtà di una scuola materna di un piccolo centro
depresso. Cambia il punto di vista rispetto ai film di Truffaut: non è più
quello dei bambini-ragazzi, ma quello di un adulto, il maestro - direttore
della scuola. Daniel è testardo, coraggioso ed idealista: si scontra quasi
quotidianamente da una parte con situazioni familiari difficili a volte
veramente drammatiche ed estreme e dall’altra con l’indifferenza delle istituzioni.
Ma Daniel non molla mai, lotta con tutta la passione, il senso civile e gli
ideali da cui è dominato e alla fine, a seguito della tragedia che colpisce una
famiglia della cittadina, la comunità finalmente reagisce e si stringe attorno
a lui e alla scuola. I bambini, la vere vittime, con il loro entusiasmo, il
loro affetto e forza sostengono gli adulti dando la possibilità di ricominciare
a vivere e lottare. Nel racconto di Tavernier non c’è retorica o ingenuo
ottimismo perché tutto è reale e vero, i personaggi, il villaggio grigio e
deprimente, la situazioni familiari…
Il racconto, che
procede compatto e lineare, orchestra perfettamente i momenti drammatici con
quelli lirici e con quelli divertenti. Alla desolazione e ai luoghi chiusi e
tristi della città si contrappone la campagna, in cui vive Daniel, con le sue
esplosioni di luce, le bellissime aurore, gli orizzonti vertiginosi. La
narrazione evolve secondo i ritmi delle stagioni: è nella natura e nella carne
che s’imprimono i segni di sentimenti ed esperienze; e sasso dopo sasso si
sedimenta la storia di un luogo e di una persona.
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