sabato 3 ottobre 2020

Ricomincia da oggi (Ça commence aujourd'hui) - Bertrand Tavernier

se uno non sapesse che il film è di Bertrand Tavernier (purtroppo poco conosciuto) subito penserebbe a Ken Loach.

in una città depressa, dove le miniere sono chiuse, la povertà è molto diffusa, come tutti i problemi dei poveri.

Daniel, maestro d'asilo, dirige una scuola d'infanzia, e cerca di far crescere i bambini e le bambine nuovi, che guardino con fiducia al futuro, mentre il presente è spesso triste e lontano dai sogni.

ottima musica di Louis Sclavis, un film da non perdere, promesso - Ismaele

  

 

se anche fosse fatto male, il film meriterebbe tutto il rispetto e l'attenzione dovuti a un'opera di documentazione di una realtà drammatica pressoché sconosciuta (in questo caso la depressione economica di una zona del nord-est della Francia, afflitta da un altissimo tasso di disoccupazione; situazione vista attraverso la vita di una scuola materna). Aggiungiamo che Tavernier ha realizzato un'opera colma di poesia, sempre coinvolgente e spesso commovente, ed ecco che abbiamo un film bellissimo, che avrebbe meritato una ben maggiore diffusione. Grazie al dvd, non è mai troppo tardi. I francesi hanno sempre assegnato grande importanza all'educazione - non necessariamente i politici francesi, ma certamente la coscienza del popolo - e quindi l'idea di illustrare una scena collettiva attraverso la piccola realtà di una scuola materna non è certo da considerarsi un'eccentricità. Molto bravi i due attori principali (la Pitarresi, che assomiglia a Monica Bellucci, ha evidenti origini italiane), cui fa da contorno, mischiata ad attori veri, la gente del posto, compresi ovviamente i bambini. Assai interessante la musica di Louis Sclavis, e bellissima fotografia.

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Hoy empieza todo es una acertada radiografía de la Francia más empobrecida de finales de los años noventa, pero sus temas y sus conclusiones son perfectamente trasladables a esta España sumida en la crisis actual. Han pasado 13 años desde que se estrenó esta pequeña maravila y hoy sigue tan vigente como entonces. Hoy más que nunca necesitamos a profesores motivados con su trabajo y que no se limiten a cumplir el expediente. De los políticos y los burócratas ya sabemos que podemos esperar mucho, pero somos los ciudadanos los que debemos exigirles que cumplan con sus obligaciones y compromisos. En un país como el nuestro en el que la crisis está sirviendo de escusa para desmantelar el estado de bienestar (empezando por la educación y la sanidad) los ciudadanos no debemos quedarnos de brazos cruzados. Por eso Daniel Lefebre es un héroe, porque no se rinde (aunque tenga sus dudas). No se limita a hacer su trabajo e irse a casa olvidando los problemas que ve a diario. Daniel opina que la educación recibida durante la infancia es fundamental para el posterior desarrollo de las personas. Él lo sabe bien…

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To produce a poetic and emotionally engaging film about these issues without preaching, moral posturing or making any concessions to the powers-that-be, is a difficult task. At this stage few aspire to this challenge. Tavernier's determination to produce such a film is an act of courage, humanity and a testimony to his considerable artistic skills…

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Il magistrale, densissimo ed appassionato docudramma alla Ken Loach firmato da un Tavernier in stato di grazia non è un pamphlet enfatico, didascalico, sentenzioso e schierato. E' un resoconto lucidissimo, illuminante, oggettivo, incisivo, carico di amarezza e di rabbia sul drammatico stato delle cose: ad un certo punto la puericultrice sbotta con il furente Daniel: "Non è legale, solo che tutti se ne fregano!" Sarebbe troppo facile, approssimativo e presuntuoso liquidare il film come il ritratto di una realtà lontana, che - ancora - non ci appartiene. Ed è troppo semplicistico risolvere il problema come suggerisce il collega di Daniel, per il quale, rifacendosi alla curva di Gauss, non è opportuno occuparsi della fascia dei più disagiati, per cui non c'è più niente da fare, ma della fascia nel mezzo: "loro puoi ancora salvarli". Sarebbe come nascondere la polvere sotto al tappeto ed infatti Daniel afferma risentito: "Sì certo la metà la buttiamo nel cesso e con il resto cerchiamo di capire cosa fare. Solo che il cesso ci esploderà in faccia perché non ce la fa a contenerli tutti!" Tavernier mostra e non dimostra, evita giudizi affrettati e unilaterali, ben consapevole che i mali di una società non sono riconducibili a pochi colpevoli. Osserva con sguardo attento, sobrio, acuto ed onesto, preoccupato, anche scandalizzato ma non demoralizzato o passivo, con spirito polemico e combattivo certo, ma non militante o livoroso. Senza lamentosi e rassegnati piagnistei, ricattatori e retorici sentimentalismi o spicciole indignazioni, anzi condendo il tutto con il sorriso, con una sottile ma salutare ironia. La mobile e vivida cinepresa a mano del regista, anche sceneggiatore con la figlia Tiffany ed il genero Dominique Sampiero, scrittore ed insegnante, nella scuola materna di Derrière les Haies a Anzin, dove sono state effettuate le riprese, entra nella scuola, ne coglie la felice quotidianità (le lezioni in classe tra canti, giochi, i primi apprendimenti, la gioiosa ricreazione in cortile, i collegi docenti, la lezione sul funzionamento del camion tenuta dal papà di Laetitia di fronte ai bimbi curiosi, partecipi ed entusiasti, l'arrivo dei genitori e/o dei nonni a prendere i loro piccoli) non ne nasconde però l'enorme complessità (i colloqui privati, spesso critici e delicati, con mamma e papà, i problemi burocratici, la crisi economica che si ripercuote sulla gestione scolastica). Tavernier non fa sconti per nessuno (insegnanti, politici, genitori, assistenti sociali, ispettori ed anche l'eroico protagonista, "un Don Chisciotte, solo più consapevole dei limiti del proprio idealismo" - Enrico Danesi - cui uno straordinario Phillipe Torreton conferisce una vibrante autenticità ed una coinvolgente passione, ha i suoi bei problemi familiari - dal rapporto irrisolto con il padre all'estrema fatica nel relazionarsi con l'ostinato ed irrequieto Remi e non riesce ad evitare la tragedia della famiglia Henry), si affida con fiducia, forse anche con ingenuità, all'innocenza, all'entusiasmo ed alla trasparenza dei bambini, perché "loro non ti chiedono di occuparti del sociale, ti chiedono di ascoltarli, di guardarli." (splendida in questo senso l'ultima immagine in soggettiva con il primo piano di diversi bimbi che salutano affettuosamente il protagonista). La speranza per il futuro si ripone tutta in loro: questo è probabilmente il significato della grande e, senza dubbio, fin troppo zuccherosa festa, con tanto di banda che suona, organizzata dalla scuola con la loro indispensabile e gioiosa collaborazione. Un ottimismo dai più criticato e sbertucciato, ma in realtà doveroso: attraverso il coinvolgimento diretto, i bambini possono iniziare a capire cosa sia un mestiere e si può forse in questo modo anche ridurre il rischio che si trovino, come i loro genitori, paralizzati davanti alla tv finendo per chiamare magari i propri figli Starsky e Hutch. Dai bambini si deve allora necessariamente ripartire per sollevare quel mucchio di pietre accumulate ad una ad una, per evitare che le parole servano loro solo "per dire ho fame, ho sete, ho freddo. Per sopravvivere.". "Ça commence aujourd'hui" (letteralmente "ciò comincia oggi") recita, non a caso, il titolo originale di un'opera commovente, dal valore morale altissimo (ben più pregnante del successivo, fortunato, "Essere e avere" di Nicolas Philibert), nel cui incipit è già magnificamente sintetizzato il forte, toccante e condivisibile monito. Così infatti all'inizio parla Daniel: "La durata di un racconto è come la durata di un sogno. Non si decide né il momento in cui ci si addormenta né quello in cui ci si sveglia. Eppure si va avanti. Si prosegue. Si vorrebbe fare un gesto, toccare il personaggio, avere delle attenzioni per lui, prenderlo per mano, ad esempio. E invece si sta lì, senza fare niente. La vita sarà passata e noi non avremo fatto niente." Evitiamo che la vita passi senza avere fatto niente: sarebbe imperdonabile. I bimbi sono il futuro della società, ma hanno bisogno dell'aiuto, dell'insegnamento, dell'appoggio, delle attenzioni e dell'amore degli adulti. Nel nostro piccolo, senza dover essere né "un sovversivo né un vescovo anglicano" dobbiamo almeno questo ai nostri figli: "per restare in piedi. Per inventarsi delle montagne e giocare con la slitta. E credere di avere raggiunto le stelle." Uno di quei rarissimi film di oggi da far obbligatoriamente vedere non solo nelle scuole ma soprattutto nei ministeri dell'Istruzione. François Truffaut, cineasta dell'infanzia per antonomasia, ne sarebbe stato oltremodo orgoglioso. In Concorso al Festival di Berlino del 1999, dove Tavernier aveva già vinto l'Orso d'oro nel 1995 con "L'esca", ha ottenuto il premio della Giuria Ecumenica, il premio Fipresci e una menzione speciale per il regista. Premiato al Festival di San Sebastian. Nomination ai César e agli European Awards per il magistrale Torreton, capace di farti credere sullo schermo di avere fatto il maestro per tutta la vita. Prodotto da Alain Sarde, tra i cui successi spiccano "Il pianista", "Il segreto di Vera Drake" e "Mulholland drive". Quasi 1 milione di spettatori in Francia. In Italia, come è ovvio, praticamente invisibile.

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Il livello di civiltà di una società è misurato dallo spazio e importanza dati ai bambini. Devo amaramente constatare che tutte le nostre modernissime e civilissime società sono ancora troppo lontane dalla meta: troppi bambini maltrattati, sfruttati o semplicemente ignorati anche tra le nostre accoglienti mura domestiche, nelle nostre belle città… Lo spazio e la qualità delle scuole e dei servizi per l’infanzia ne è un tangibile segno. E a questo non sfugge neanche l’organizzata Francia.
I bambini al cinema non sono certo un tema nuovo: come dimenticare il dramma esistenziale di Antoine Doinel de I quttrocento colpi in scontro con famiglia e scuola, indesiderato e incompreso da tutto il mondo degli adulti o Julien de L’argent de poche… Truffaut è certo un poeta dell’infanzia-adolescenza di cui sa cogliere sfumature, drammi, profondità con leggerezza ed espressività uniche. Il regista sottolinea la lotta per la sopravvivenza dei più piccoli a cui dimostra sempre fiducia e affetto.
A ventitré anni di distanza dal film di Truffaut, è un altro regista francese, molto diverso dal primo, a tessere un canto d’amore per i più piccoli: Bertrand Tavernier nel suo ultimo film si cala nella realtà di una scuola materna di un piccolo centro depresso. Cambia il punto di vista rispetto ai film di Truffaut: non è più quello dei bambini-ragazzi, ma quello di un adulto, il maestro - direttore della scuola. Daniel è testardo, coraggioso ed idealista: si scontra quasi quotidianamente da una parte con situazioni familiari difficili a volte veramente drammatiche ed estreme e dall’altra con l’indifferenza delle istituzioni. Ma Daniel non molla mai, lotta con tutta la passione, il senso civile e gli ideali da cui è dominato e alla fine, a seguito della tragedia che colpisce una famiglia della cittadina, la comunità finalmente reagisce e si stringe attorno a lui e alla scuola. I bambini, la vere vittime, con il loro entusiasmo, il loro affetto e forza sostengono gli adulti dando la possibilità di ricominciare a vivere e lottare. Nel racconto di Tavernier non c’è retorica o ingenuo ottimismo perché tutto è reale e vero, i personaggi, il villaggio grigio e deprimente, la situazioni familiari…
Il racconto, che procede compatto e lineare, orchestra perfettamente i momenti drammatici con quelli lirici e con quelli divertenti. Alla desolazione e ai luoghi chiusi e tristi della città si contrappone la campagna, in cui vive Daniel, con le sue esplosioni di luce, le bellissime aurore, gli orizzonti vertiginosi. La narrazione evolve secondo i ritmi delle stagioni: è nella natura e nella carne che s’imprimono i segni di sentimenti ed esperienze; e sasso dopo sasso si sedimenta la storia di un luogo e di una persona.

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