Nave Libra, il pattugliatore della Marina
italiana, è ad appena un'ora e mezzo di navigazione da un barcone carico di
famiglie siriane che sta affondando. Ma per cinque ore viene lasciata in attesa
senza ordini. Il pomeriggio dell'11 ottobre 2013 i comandi militari italiani
sono preoccupati di dover poi trasferire i profughi sulla costa più vicina.
Così non mettono a disposizione la loro unità, nonostante le numerose
telefonate di soccorso e la formale e ripetuta richiesta delle Forze armate
maltesi di poter dare istruzioni alla nave italiana perché intervenga. Il
peschereccio, partito dalla Libia con almeno 480 persone, sta imbarcando acqua:
era stato colpito dalle raffiche di mitra di miliziani che su una motovedetta
volevano rapinare o sequestrare i passeggeri, quasi tutti medici siriani. Quel
pomeriggio la Libra è tra le 19 e le 10 miglia dal barcone. Lampedusa è a 61
miglia. Ma la sala operativa di Roma della Guardia costiera ordina ai profughi
di rivolgersi a Malta che è molto più lontana, a 118 miglia. Dopo cinque ore di
attesa e di inutili solleciti da parte delle autorità maltesi ai colleghi
italiani, il barcone si rovescia. Muoiono 268 persone, tra cui 60 bambini. In
questo videoracconto "Il naufragio dei bambini", L'Espresso
ricostruisce la strage: con immagini inedite, le telefonate mai ascoltate prima
tra le Forze armate di Malta e la Guardia costiera italiana, e le strazianti
richieste di soccorso partite dal peschereccio. In quattro anni, dopo le
denunce dei sopravvissuti, nessuna Procura italiana ha portato a termine le
indagini.
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