giovedì 22 agosto 2019

The Quake - John Andreas Andersen

se uno si aspetta un'americanata sbaglia film, penso.
The Quake ti prende e non ti lascia più, la prima parte sarà lenta, ma serve a mettere tutti i pezzi sulla scacchiera, e poi si parte.
Kristian non è uno di molte parole, Julia lo sa, ma quando è necessario non si tira indietro.
un gran bel film, se lo trovate ancora in sala non fatevelo scappare - Ismaele





…L’assoluto realismo con cui è raccontata la tragedia umana e ambientale, quindi, colpisce ancora una volta in pieno stomaco e, a differenza del precedente capitolo, quando iniziano i titoli di coda ci sono ben pochi sospiri di sollievo a risollevare la situazione. Totalmente privo di retorica, umorismo e smancerie, difficilmente entrerà nel cuore di chi si aspetta roba alla Roland Emmerich o tipo i film di The Rock, ma The Quake – Il Terremoto del Secolo è un’opera che merita comunque di essere vista ed apprezzata da più persone possibili e che pur non aggiungendo niente di più dal predecessore o proponendo qualcosa di rivoluzionario dimostra come sia possibile fare “hight concept movie” anche qui in Europa, risultando assolutamente competitivi e soprattutto terribilmente efficaci. Certo è che se mai vi capitasse di incrociare per strada il povero geologo Kristian, prendete il primo aereo e scappate lontano.

Nonostante all’apparenza The Quake presenti tutti i topoi tecnici e narrativi del disaster movie “classico”, non si può non notare come per altri aspetti se ne distacchi con forza. Stupisce lo stile del tutto particolare del lungometraggio, lontano sia dai chiassosi blockbuster americani sia dalla snervante artificiosità trash dei film catastrofici a basso costo “modello Asylum” (malgrado sia la locandina sia la campagna promozionale strizzino l’occhio in maniera evidente a questo tipo di produzioni). Le atmosfere sono quelle che caratterizzano il cinema nordico in ogni suo genere e anche a livello cromatico le tinte sono del tutto insolite nei film che raccontano questo tipo di eventi. Ottimi i meccanismi di costruzione della tensione: The Quake si presenta come un graduale e calibrato climax, una progressione calcolata in cui i motivi tecnici dell’esibizione di effetti speciali e spettacolarizzazioni varie e quelli etici di invito all’attenzione nei confronti dell’ambiente in cui viviamo sono sicuramente importanti, ma non diventano mai unico centro d’interesse attorno al quale si sviluppa la storia. Scrittura pulita e regia più che decorosa rendono The Quake un buonissimo prodotto d’intrattenimento. Sicuramente per il cinema d’estate, ma non per questo meno valido.

La sensazione è quella di essere costantemente il pericolo, di avere il fiato della morte sempre sul collo. Nel mondo di John Andreas Andersen c’è a malapena il tempo di rifiatare tra un salvataggio e l’altro, che già una nuova minaccia si para all’orizzonte.
In questa costruzione serrata dell’azione The Quake ridipinge i disaster movie di scuola statunitense, ma lo fa con le pennellate fredde tipiche del cinema nordeuropeo, ponendo il soggetto della sua opera in un paesaggio urbano svuotato dalla presenza umana, e di tutto il frastuono di luci, suoni e colori che porta con sé. La Oslo di Andersen è livida, morta ancora prima di essere squartata dal terremoto, ed è così che vive la tragedia, in un urlo di dolore soffocato, che corre lungo le fondamenta della città, le fa traballare, quasi le spezza, ma poi rimane lì, inesploso.

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