domenica 18 agosto 2019

Corazón de fábrica (Heart of the Factory) - Virna Molina, Ernesto Ardito

capita raramente di vedere un film nel quale i protagonisti sono tutti operai e raccontano la loro dura lotta per diventare i padroni della fabbrica Zanon (origini italiane), che stava per chiudere, l'esito finale sarebbe stato il licenziamento  per tutti.
il loro padrone per tanti anni era uno schiavista, sostenitore della dittatura e della politica nazista di quegli anni.
nel film potete vedere la storia di un caso aziendale da manuale, nel quale gli schiavi diventano uomini liberi.
non perdetevelo, chissà che qualche idea non scavi i nostri cervelli.
buona e utile visione - Ismaele




 ecco il film completo, con sottotitoli in inglese:





Il film racconta la vita di un gruppo di operai, uomini e donne, della Patagonia argentina, che lottano contro le morti e gli incidenti nella fabbrica di ceramiche in cui lavorano. 
Il conflitto diviene sempre più complesso e pericoloso, e il loro impegno sempre maggiore. Così accade qualcosa che molti di loro non avrebbero mai immaginato. 
Cambia la loro percezione della realtà e del mondo. Diventano uomini nuovi e diversi. E il cambiamento è tale che nulla può tornare come prima. 
In un paese povero saccheggiato dai propri governi e dai propri imprenditori, i lavoratori della Cerámica Zanon, quando il proprietario decide di chiudere, prendono la fabbrica nelle loro proprie mani. 
Cominciano a produrre di nuovo, ma senza padroni. E' una sfida continua e quotidiana contro un sistema politico ed economico che tenta di boicottarli. 
Ma l'ostacolo più grande che devono affrontare non viene dall'esterno, ma nasce dalle loro stesse paure inculcate da questa società. 

Zanon es del pueblo! Dopo 9 anni è stato conquistato l’esproprio definitivo della fabbrica
Questo cammino, percorso dalle operaie e dagli operai della Zanon, non sarebbe stato possibile senza prima aver strappato alla burocrazia sindacale le nostre rappresentanze di categoria.
Per prima cosa, nel 1998, abbiamo recuperato la nostra commissione interna per lottare contro i licenziamenti, i maltrattamenti, le umiliazioni e per le condizioni di sicurezza e igiene, contro la polifunzionalità, per i nostri salari, ecc, ma soprattutto per instaurare una nuova forma di lavoro: la democrazia diretta per poi, nel 2000, ricuperare il nostro sindacato e metterlo al servizio dei lavoratori.
In questi quasi nove anni ne è passata di acqua sotto i ponti, abbiamo valorizzato profondamente l’appoggio che abbiamo ricevuto in questi anni di lotta. Dalla [gente della] comunità di Centenario, Neuquén, Plottier, ecc, che sul finire del 2001 si avvicinava con un pacchetto di spaghetti alle tende che abbiamo sostenuto per 5 mesi, fino ai lavoratori interni dell’unità n° 11 che si trova a pochi metri dalla fabbrica, che per 3 giorni hanno donato le loro razioni di cibo affinché potessimo resistere.
Le Madri di Plaza de Mayo, associazione regionale di Neuquén, che fin dal primo giorno ci hanno adottato come loro figli e camminano per le strade assieme a noi, fino ad oggi, resistendo assieme ad ognuno di noi 5 ingiunzioni di sfratto, repressioni, minacce.
I compagni e le compagne docenti dell’ATEN[1], compagni della CTA[2] Neuquén. Fino alla solidarietà a livello nazionale e internazionale di compagni che mai abbiamo conosciuto e che, conoscendo la nostra lotta, ci inviavano i loro fondi sciopero per resistere.
Abbiamo imparato anche ad essere solidali con altri lavoratori, creando un Fondo per lo Sciopero permanente, abbiamo spinto dicendo che la coordinazione è fondamentale per il trionfo delle lotte operaie. – Dai minatori di Río Turbio, lavoratori del petrolio di Las Heras, statali e lavoratori di fabbriche di Neuquén e Río Negro, Garrahan Subterráneas, Aeronautici, Ferroviari, fino ai movimenti di lavoratori disoccupati di Tartagal e decine di fabbriche ricuperate.-
Dal principio abbiamo aperto la fabbrica alla comunità, ricevendo migliaia di bambini e adulti affinché conoscessero la nostra esperienza di lotta.-
Abbiamo consolidato l’unità operaio-studentesca, tanto nei giovani studenti medi quanto con i compagni universitari, che ha avuto e ha espressione nell’accordo quadro di collaborazione con l’Università.Abbiamo organizzato concerti senza polizia, con artisti regionali e gruppi nazionali come La Renga, Attaque 77, Bersuit Vergarabat, León Gieco, Raly Barrionuevo, Dúo Coplanacus, tra gli altri, che hanno solidarizzato con la nostra lotta lasciando la loro arte e solidarietà alle operaie e agli operai della Zanon, plasmata nella comunità di Neuquén.
La nostra lotta si è sempre basata nella pratica della lotta di classe, identificando i governi, i padroni e le burocrazie sindacali come il nemico dei lavoratori.
Questa esperienza, che abbiamo costruito lungo questi nove anni e con l’enorme consenso di cui gode la nostra lotta nella provincia, a livello nazionale e internazionale ha fatto sì che potessimo ritorcere la volontà politica del Governo Provinciale del MPN[3] che ha dovuto sostenere e votare il progetto di legge di esproprio.
Consideriamo che questa conquista, da parte di tutto l’insieme della classe dei lavoratori, ha un valore enorme, e che questo governo che oggi vota l’esproprio della “Zanon bajo gestión obrera[4]” è lo stesso che ha assassinato Teresa Rodríguez[5]; lo stesso che ha represso noi operaie e operai della Zanon a fine del 2001 e ha voluto sgomberarci 5 volte; lo stesso che ha fucilato il nostro compagno ceramista Pepe Alveal, facendogli perdere un occhio, nella repressione del Barrio San Lorenzo; lo stesso che ci ha assassinato il compagno Carlos Fuentealba e lo stesso che oggi parla di pace sociale quando in questi momenti di crisi economica mondiale gli impresari e i loro governi ci dichiarano guerra con licenziamenti, salari da fame, caro prezzi, ecc.
Le scuole e gli ospedali sono stati svuotati e l’unica opera pubblica di cui parlano è la costruzione di carceri per rinchiudere i nostri giovani, mentre ogni giorno muoiono decine di famiglie negli incendi delle loro precarie casette occupate.
Per questo, nonostante l’enorme conquista che abbiamo ottenuto, in un contesto di crisi economica internazionale, strappando l’esproprio a questo governo, cosa che ha un valore molto maggiore, dalla gestione operaia della Zanon e dal Sindacato Ceramisti di Neuquén siamo convinti che la nostra lotta non è finita perché, come fin dal primo giorno, consideriamo che la salvezza non è individuale ma dell’insieme della classe lavoratrice.
Compagni e compagne, a tutti e tutte quelli che in qualche modo sono stati parte, hanno portato il loro granello di sabbia: condividiamo l’allegria di questo grande passo!!
Ai compagni che ancora guardano increduli, talvolta timorosi, talvolta scettici diciamo: vi invitiamo ad essere parte di questa storia che non è né più né meno che contribuire con un granello di sabbia alla trasformazione della realtà e riprendere il sogno dei nostri 30 mila compagni[6]: una società senza sfruttatori né sfruttati!!
¡¡ZANON ES DEL PUEBLO!!
Obreras obreros de Zanon - Sindicato Ceramistas de Neuquén

…El film tiene tres virtudes, siendo una de ellas la puesta en escena. En efecto, hay que destacar la estética concebida por sus directores. Se aprecia claramente, a lo largo de todo el rodaje, la utilización de interesantes recursos fílmicos, metáforas, un buen manejo de la fotografía y la música y el intento de construir un producto artístico que no se limite a filmar entrevistas. Esto resulta importante ya que logran operar sobre las emociones, elemento fundamental en cualquier obra y que muchas veces está ausente en los documentales, sobre todo en muchos de los producidos por la izquierda.
La segunda virtud hace referencia al contenido. En primer lugar, es importante resaltar que los directores presentan la lucha de Zanón como un episodio más en la lucha de la clase obrera argentina. A lo largo de la película, este conflicto aparece permanentemente vinculado con otras luchas y hechos contemporáneos, como los reclamos de los docentes de Neuquén (mostrando las terribles imágenes donde Fuentealba es asesinado), las justas exigencias de los obreros del subte, los aeronáuticos, los trabajadores de la salud y los piqueteros. Un ejemplo de esta vinculación, muy acertado por cierto, puede percibirse en una de las escenas en las que los obreros de Zanón cuentan cómo se preparan para el primer intento de desalojo. Mediante un juego metáforas, se van intercalando estos relatos con las imágenes de Kosteki y Santillán asesinados en la estación Avellaneda. Es imposible no emocionarse ante la firmeza con la que aseguraban los protagonistas que no se darían por vencidos y que lucharían hasta las últimas consecuencias, del mismo modo en que ocurrió en aquella estación del sur bonaerense.
Por otra parte, los directores relacionan la lucha de Zanón, no sólo con el presente sino también con el pasado, al hacer un recorrido a lo largo de toda la historia argentina. Así, hacen referencia a la represión lanzada por Irigoyen en la Semana Trágica, aparecen imágenes de varias huelgas obreras de principios del siglo XX, se muestran escenas del Cordobazo, (en donde participó uno de los obreros de Zanón, que cuenta cómo se formaban políticamente con lecturas de Marx y de Lenin), se retratan los inicios del movimiento piquetero en las luchas de Cutral-Co, entre otros hitos de la historia argentina. Incluso se evidencia el papel jugado por la dictadura de 1976, mostrando a Don Zanón en el acto de agradecer a las Fuerzas Armadas por el “ambiente de seguridad” logrado luego de su intervención, que permite la inauguración de la fábrica en noviembre de 1980.
Todos estos hechos dejan en evidencia la continuidad de la lucha de la clase obrera a lo largo de la historia del capitalismo argentino. Continuidad que revela que no existen “nuevos movimientos sociales” y que el sujeto de la lucha sigue siendo el mismo, la clase obrera, así como sus métodos: asambleas, cortes, piquetes, movilizaciones, es decir la acción directa. Esta continuidad también se expresa en el film, como parte de la lucha más general del movimiento obrero internacional, inscribiendo estos hechos en la tradición revolucionaria a nivel mundial. Fotos de Marx y de Lenin, imágenes del movimiento obrero europeo del siglo XIX y pinturas de la Comuna de París aparecen a lo largo del rodaje, dando un marco internacional e histórico a la lucha de Zanón.
Otra virtud del film es la importancia que tiene la organización en la lucha que llevan adelante los obreros, destacando la unidad de los trabajadores ocupados y desocupados. También se desliza una crítica hacia el gobierno de Kirchner en dos ejes: por un lado, avalando las represiones de las distintas luchas y, por otro, como responsable del aumento del trabajo en negro, la precarización laboral y el ataque a la clase obrera ocupada luego de la recuperación económica.
Por último hay que mencionar el mensaje final del documental que se extrae de una de las últimas escenas de la película: uno de los obreros dirigentes de Zanón cuenta que solía leerle a su hija párrafos de La Historia de la Revolución Rusa y de El Manifiesto Comunista. Ella manifestaba cierto escepticismo diciendo que “todo esto es muy lindo pero nunca se va a dar”. Actualmente ella está militando (aunque no se dice dónde) y el padre muestra orgulloso una foto en donde se la ve marchando con sus compañeros. Esta es la herencia más importante que alguien puede cobrar y es una excelente forma de trasmitir la necesidad de la lucha y de la militancia.

Errores imperdonables
Si bien este llamado a la militancia está presente en la película, aquí es donde empieza a fallar el posicionamiento político de los directores, llevándolos a mostrar el proceso que intentan documentar de manera desvirtuada, incompleta y mezquina. En efecto, la obra es deficiente en dos aspectos que nos parece necesario resaltar. Por un lado, no se hace referencia al papel de los partidos políticos de izquierda, salvo en una ocasión y para desprestigiarlos. En ningún momento se muestra la participación de las distintas organizaciones políticas de izquierda que estuvieron presentes en el proceso desde sus inicios. Cabe recordar que éstas colaboraron en su difusión, participaron de todas las marchas, movilizaron a muchos de sus compañeros, dando apoyo financiero, aportando discusión y clarificación política y contribuyendo a gestar esa fuerza social que logró la continuidad de los trabajadores en sus puestos de trabajo. Este autonomismo de los directores, que se acerca incluso a un profeso antipartidismo, queda claro en la única escena en la que se mencionan explícitamente a los militantes de distintos partidos políticos de izquierda (PO, PTS, MST). Se trata de una reunión en la que estos militantes discuten con obreros de Zanón sobre la organización de una marcha. Aparecen aquí como gente que se pelea y discute sin llegar a ningún acuerdo, sin entenderse demasiado por qué están discutiendo. Es notorio que el film transmite en esta escena un clima tenso y problemático, seguido luego por una sensación de desánimo de algunos trabajadores de Zanón, que dicen que “nosotros tenemos nuestra forma de ver las cosas, sería contraproducente meternos con algún partido (…) porque los partidos solo quieren sacar rédito de esto”.
De este modo, se desprestigia la organización partidaria y la intervención política, que son los pilares que sostienen toda lucha. Hacer un documental sobre Zanón y no destacar el rol dirigente del PTS es, lisa y llanamente, falsear la historia. Aunque la película muestra la importancia de la lucha y la organización de los trabajadores, es decir el corazón de un movimiento, desdibuja el rol que cumplen en ella los partidos para avanzar exitosamente. Como diría el Trotsky que uno de estos mismos obreros leía a su hija hoy militante:
“Sin una organización dirigente la energía de las masas se disiparía, como se disipa el vapor no contenido en una caldera. Pero sea como fuere, lo que impulsa el movimiento no es la caldera ni el pistón, sino el vapor.”
Esta relación dialéctica entre masas y partido es lo que no aparece en el film, dejando la impresión de que no es necesario e incluso, sería contraproducente la intervención del partido en este o cualquier otro proceso, negando de este modo la lucha más general por el poder.
Por último, la segunda objeción que consideramos necesario destacar, y que se desprende de este mismo autonomismo, es la omisión de la problemática económica en la cual está inmersa Zanón como gestión obrera que debe sostener su producción dentro del capitalismo. Esta cuestión es esencial, ya que expresa la contradicción en la que está metida Zanón, inmersa en el sistema capitalista aunque esté gestionada por sus obreros y no haya patrones. Es decir, que sigue sujeta a las leyes de su dinámica y, por lo tanto, presa de la competencia. Por esta razón, como cualquier otra empresa, necesita lograr una alta productividad para poder sobrevivir en el mercado. En el film no se dice nada sobre este marco más general, no aparecen reflejados los problemas de la empresa para subsistir, la relación con la competencia, a quién le venden, cómo se sostienen, etc. Esto hace que la película tenga una tendencia a idealizar la situación por la que atraviesan la mayoría de las fábricas ocupadas del país, dejando de lado que esta lucha solamente tiene sentido en el marco de la más general, hacia el socialismo…


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