giovedì 15 agosto 2019

RUSH: UN OMAGGIO A NIKI LAUDA - Marco Batelli




La scorsa settimana è morto Niki Lauda. Niki Lauda è una delle ragioni per cui mi piace il cinema.

E che c’entra un pilota di Formula 1 col cinema?
C’entra, c’entra... Basta scrivere una sola parola: Rush.

Era l'estate del 2013 quando mi innamorai del trailer di Rush, film di Ron Howard incentrato sulla rivalità fra Lauda e James Hunt, che infiammò la Formula 1 degli anni '70.
I trailer, si sa, possono spesso risultare ingannevoli; tuttavia, mi convinsi che in questo caso non era così, rivedendolo più e più volte, rapito dalla storia e dall'estetica di quei due minuti e mezzo circa.
Era agosto e bisognava attendere settembre per l'uscita del film nei nostri cinema.
Settembre arrivò, portando con sé l'autunno e il film.
Prima di entrare in sala, provai una sensazione mai vissuta prima: ero certo sarebbe stato un bel film, non poteva essere altrimenti.
Su questo tornerò a breve, perché prima vorrei spendere due parole sulla pellicola.
La tag-line di Rush, "La loro rivalità li rese una leggenda", rivela il cuore pulsante della narrazione: la lotta (senza esclusione di colpi) fra Lauda e Hunt; il primo motorizzato Ferrari, il secondo a bordo della McLaren.      
Un duello continuo, non solo in pista ma anche fuori: il principale merito del film sta nel travalicare la dimensione sportiva per arrivare a parlare di vita vissuta - opportunamente romanzata, ma credibile nel complesso: i duellanti sono descritti non solo come piloti ma anche come uomini.
C'è un'evidente dicotomia fra Lauda e Hunt, dicotomia che risalta sequenza dopo sequenza: il primo è scrupoloso e metodico, vincente e per questo inviso al circus della F1; il secondo ha talento ma non si applica (direbbero i maestri di scuola), preferendo al duro lavoro la dolce vita.
Tuttavia, i due si spingeranno vicendevolmente ai propri limiti per la vittoria del titolo mondiale. 

Ottime sono le interpretazioni dei due protagonisti, Daniel Brühl e Chris Hemsworth.

Brühl era essenzialmente conosciuto al grande pubblico per Bastardi senza Gloria di Quentin Tarantino dove recitava nei panni dell’infallibile cecchino Frederick Zoller; Hemsworth, piacevole sorpresa, aveva da poco indossato il costume di Thor, nell’omonimo film e in The Avengers, misurandosi per la prima volta in ruolo drammatico grazie a Ron Howard. 

Prima di Rush, Ron Howard aveva già trasposto sul grande schermo storie realmente accadute: Apollo 13 e A Beautiful Mind ne sono fulgidi esempi.

Per Rush si avvalse di una sceneggiatura firmata da Peter Morgan, perlopiù conosciuto come il creatore di The Crown, rinomata serie targata Netflix.  
  
Così, questa storia vera - già appassionante di per sé - è diventata un film avvincente, impreziosito da notevoli effetti visivi e sonori.

Ne è testimonianza la scena riguardante il pauroso incidente che vede coinvolto Lauda sul circuito tedesco del Nürburgring, il 1° agosto 1976: il rombo dei motori, l’enfatica colonna sonora di Hans Zimmer e il montaggio dal ritmo rapido in cui si alternano movimenti di macchina, primi piani del pilota, soggettive e dettagli della monoposto. 

Anche la cura per le scenografie e i costumi, che ben restituiscono le atmosfere degli scintillanti anni ‘70, epoca in cui piloti e sportivi iniziavano ad assumere le sembianze di rockstar, contribuiscono a immergere lo spettatore nella storia raccontata.

Torno a quel settembre 2013: la sensazione che ebbi prima della proiezione si rivelò esatta.
Vidi un film adrenalinico, in più di una sequenza le mie braccia restarono saldamente incollate ai braccioli della poltrona.

Uscito dalla sala, avevo la pelle d’oca.

A distanza di anni, posso tranquillamente affermare che Rush ha contribuito allo sviluppo del mio amore per il cinema: perché?

Perché in quelle due ore circa, io ho creduto d’essere un pilota di Formula 1, di sfrecciare a 200 km/h insieme a Niki e James.
Io, che su una strada deserta con il limite di velocità fissato a 120 km/h, a malapena supero i 70!      

E non è questa - forse - la parte più bella del cinema?

Mi riferisco all’immedesimazione in storie e personaggi; una celebre citazione di Umberto Eco sulla lettura:
"Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria.
Chi legge avrà vissuto 5000 anni [...] perché la lettura è un'immortalità all'indietro".

Può tranquillamente essere applicata anche al cinema.    
  
Questo è vedere un film: vivere altre vite, con lo schermo che diventa una sorta di portale, attraverso il quale si accede ad altri mondi e altri tempi.

Qualche esempio?
Guardi 2001: Odissea nello Spazio e ti ritrovi in un gruppo di ominidi intenti ad esaminare un monolito nero, giunto da chissà dove; guardi Pulp Fiction e sei catapultato in una bizzarra conversazione sui massaggi ai piedi, portata avanti da due sicari che stanno per entrare in azione.

E la lista di tali esempi potrebbe essere molto lunga.
Il cinema è contemporaneamente finzione e realtà: sarebbe davvero un peccato non lasciarsi coinvolgere da questa magia avvolgente.       
In conclusione, se mi chiederanno perché mi piace il cinema, io potrei rispondere: "Niki Lauda".

Probabilmente qualcuno mi prenderà per pazzo; qualcun altro, dopo aver letto queste parole, capirà.


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