solita vecchia storia già vista tante volte, e tutto questo succede per più di metà film.
poi succede qualcosa che la critica "laureata" ha distrutto, parlando di un espediente da niente e folle.
a me è piaciuto molto, potrei dirvi come va a finire, ma non vi tolgo il piacere.
sappi che accadono cose strane, molto strane, che alla fine avranno una spiegazione.
per esempio c'è un rappresentante della Fontaine che cerca il protagonista così tanto che noi ci saremmo stancati prima, ma non ti dico perché.
e poi l'isola dove è ambientato il film ricorda il microcosmo di Truman show, ma più cattivo, ed è una cosa molto diversa..
insomma se uno si lascia prendere dalla storia non sarà deluso, ma se uno crede di essere un bravo sceneggiatore e che Steven Knight sia un dilettante, beh, allora se ne stia a casa.
ho letto qualche recensione che distrugge il film da parte di qualcuno che si è addormentato o guardava il telefonino, voi siate attenti e partecipi, come in tutti i puzzle se perdi qualche pezzo non vedi il disegno.
ma se uno pensa che Steven Knight sia un tipo che ne capisce, e molto, di storie e di cinema, beh, vada al cinema, non resterà deluso.
ps: dice Antonio Gramsci:
tu non puoi immaginare quante cose io ricordo in cui tu appari sempre come una forza benefica e piena di tenerezza per noi. Se ci pensi bene tutte le quistioni dell'anima e dell'immortalità dell'anima e del paradiso e dell'inferno non sono poi in fondo che un modo di vedere questo semplice fatto: che ogni nostra azione si trasmette negli altri secondo il suo valore, di bene e di male, passa di padre in figlio, da una generazione all'altra in un movimento perpetuo. Poiché tutti i ricordi che noi abbiamo di te sono di bontà e di forza e tu hai dato le tue forze per tirarci su, ciò significa che tu sei già da allora, nell'unico paradiso reale che esista, che per una madre penso sia il cuore dei propri figli.
…quando lo spettatore è cullato
dal lento e misterioso progredire della trama e attende di scoprire se il
protagonista andrà fino in fondo per soldi o per amore, arriva il decisivo
colpo di scena che trasforma Serenity – L’isola dell’inganno in
una sorta di tecnologico e virtuale Shutter Island (o A beautiful mind) che nasconde uno spaccato di
realtà tristemente reale.
Stefen Knight si diverte a giocare con lo spettatore e a portarlo in
diverse dimensioni cinematografiche per creare uno strano effetto matrioska di
un film dentro l’altro. Accenna soltanto la caratterizzazione psicologica dei
personaggi e di conseguenza l’evoluzione degli snodi narrativi all’interno
delle sotto-trame sembra macchinosa, ma nel finale ci si accorge che questi
aspetti lasciati scontati e prevedibili sono funzionali al colpo di scena che
recupera tutti i fili di una trama sfrangiata mostrando il quadro
d’insieme.
Serenity – L’isola dell’inganno è quindi un noir
sopra le righe che abbraccia molti generi e che sicuramente farà presa a
diversi livelli sullo spettatore.
…Etichettato come thriller, il film è un grande gioco
e una grande trappola nella quale lo spettatore è costretto a cadere e rimanere
intrappolato. Sembra, in un certo modo, voler strizzare l’occhio ad altri film,
uno su tutti “The Truman Show”, ma lo fa in maniera diversa, talvolta riuscita,
altre volte meno.I personaggi, forse fin troppo stereotipati, non riescono del
tutto a emergere e creare grande aspettativa nel pubblico. Tutto sembra già
scritto e prevedibile, a partire dal personaggio più ambiguo, il venditore che
segue ossessivamente il protagonista per potergli parlare.
Nonostante questo c’è un tentativo da parte del
regista di mostrare un film diverso dal solito che metta in luce
caratteristiche ed elementi particolari che, però, sono fin troppo evidenti e
non permettono che si crei l’effetto sorpresa. Lo spettatore, infatti, sa
benissimo cosa aspettarsi fin dal primo istante, ma segue con attenzione e
interesse la storia perché riesce a mescolare ed amalgamare situazioni diverse,
soprattutto dal punto di vista temporale. L’ambientazione e i colori sembrano
alludere a un passato, non troppo lontano, ma comunque passato, ma alcuni
riferimenti catapultano nuovamente il pubblico nel presente. Allo stesso modo
vengono mescolate realtà e finzione in un vero e proprio gioco del quale anche
lo spettatore stesso è una pedina.
…Serenity
risulta noioso in quanto thriller, datato in quanto a mix di generi e
pretenzioso nel voler parlare dei massimi sistemi senza esserne in grado. Vorrebbe essere un film sulla
famiglia, su un padre disposto a tutto pur di proteggere il figlio e assumersi
finalmente le sue responsabilità, smettendo di scappare. Esattamente come in
Locke. Ma a differenza di Locke, Knight non riesce a trovare il perfetto
matrimonio tra temi e messa in scena, consegnandoci un'opera che sa di vecchio.
…Se la prima parte in cui sembra davvero di essere dentro un
triangolo pericoloso di passioni degno di un thriller estivo di Rai2, con Baker
Dill ossessionato da un pesce che continua a sfuggirgli, indebitato fino al
collo e che accetta la proposta indecente di uccidere il marito della sua ex
che abusa di lei e forse anche di quel figlio che è proprio suo, di Baker
(riprendiamo il fiato e l'orientamento), tutto cambia con una rivelazione che
vorrebbe essere geniale ma che è... ridicola.
L'aggettivo è sempre quello, e lo è nonostante l'idea sia davvero originale e di per sé buona. Ma è mal gestita, portata avanti con una pesantezza che affossa la seconda parte, che affatica la visione.
Tutto sembra troppo assurdo e quando quel tutto si risolve in modo retorico e buonista, allora il ridicolo riaffiora tra le labbra.
Contaminato da Black Mirror -le ultime incongrue stagioni, ovviamente- il risultato è dimenticabilissimo e si finisce per capire la casa produttrice che ha cercato di pubblicizzarlo il meno possibile.
L'aggettivo è sempre quello, e lo è nonostante l'idea sia davvero originale e di per sé buona. Ma è mal gestita, portata avanti con una pesantezza che affossa la seconda parte, che affatica la visione.
Tutto sembra troppo assurdo e quando quel tutto si risolve in modo retorico e buonista, allora il ridicolo riaffiora tra le labbra.
Contaminato da Black Mirror -le ultime incongrue stagioni, ovviamente- il risultato è dimenticabilissimo e si finisce per capire la casa produttrice che ha cercato di pubblicizzarlo il meno possibile.
…Il brivido è
caldo, ma il thriller assai moscio. Che poi io posso anche capire che ci sia
gente che paga il biglietto per guardare da vicino il fondoschiena che Matthew
McConaughey – 50 anni (quasi) e (beato lui) non sentirli - mostra con
grande generosità urbi et orbi. Ma che tu sia lì, a metà luglio, a vedere un
film che comincia che sembra <Il postino suona sempre due volte> e
prosegue che pare <Nirvana> (ma da bo?) ti fa venire almeno un
paio di dubbi: il primo che potevi impiegare meglio la serata, il secondo che
non solo il protagonista, ma anche il regista (e sceneggiatore, ahi) abbia
esagerato col rum. E se permettete un po' ci resto: perché dietro la macchina
da presa c'è pur sempre quel Steven Knight che ha scritto <La
promessa dell'assassino> e che sei anni fa aveva girato un film-gioiello
come <Locke>, interamente ambientato in un'auto. Qui invece prende
il largo e si capisce già dal primo drone che qualcosa andrà storto, che ci
sarà burrasca. O, peggio, bonaccia.
Bizzarro e
improbabile mix tra un noir (che poi è come il film viene venduto attraverso il
trailer) con dark lady d'ordinanza (Anne Hathaway versione biondo
platino) e riflessione pseudo soprannaturale sul dolore dell'assenza (con vago
ma non troppo invito a farsi giustizia da sé) e sulle domande assolute di
un'umanità alla deriva (chi siamo? Da dove veniamo?), <Serenity>
(che in patria è stato un flop) è l'incontro bislacco tra <La fiamma del
peccato> e <Truman show>: capite da soli che non poteva funzionare…
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