venerdì 6 settembre 2013

Arcipelaghi – Giovanni Columbu

lo rivedo dopo dodici d'anni, in un cinema all'aperto.
un'opera prima che è sfuggita di mano al regista, voleva fare un bel film, ha realizzato un capolavoro.
c'è una tensione che molti thriller si sognano,  c'è il codice della vendetta barbaricina, c'è il coraggio, e la viltà, attori bravissimi, sembra un documentario, c'è la lezione di Vittorio De Seta, c'è l'infanzia negata, c'è la verità, e l'altra verità, come in "Rashomon".
se qualcuno non l'ha ancora visto, cosa aspetta? - Ismaele




QUI il film completo

…Vale davvero la pena ripescare dall’oblio cinematografico un film come Arcipelaghi (2001), opera prima dell’architetto sardo Giovanni Columbu che replicherà soltanto molto tempo dopo con “Su Re”(2012) presentato al trentesimo Festival di Torino, vale la pena perché il sempre bistrattato – e spesso giustamente – cinema italiano a volte è capace di partorire pellicole ardite, sperimentali e tradizionali, ruvide e spigolose, e Arcipelaghi è cavo recipiente di tutto questo, e anche di ben altro: recitato nel dialetto locale al pari, per esempio, de Il vento fa il suo giro (2005) da un cast di non professionisti, il film osa nella struttura mimetizzandosi tra fiction (i flashback) e documento d’inchiesta (il processo penale), ma Columbu non si accontenta di una cronaca dei fatti e allora sia per la parte ambientata nel passato che per quella nel presente disordina gli eventi, gabba continuamente lo spettatore: nel primo caso un montaggio irregolare segmenta la temporalità, saetta gli eventi, li ripropone più volte mostrando come si è arrivati a quel punto visto in precedenza, nel secondo ambientato dentro al tribunale per buona parte della sua durata confonde il crimine e l’imputato, conduce sulla strada sbagliata, sofistica l’impianto giallistico…
da qui
il vero tempo zero è un altro omicidio, quello del ragazzo, che gradualmente si dipana dapprima quasi come in Rashomon, da punti di vista diversi, riproponendo situazioni e ricostruzioni, e poi – in particolare dal momento in cui la mamma viene indirizzata a farsi giustizia – l’incalzare delle indagini si alterna a quasi grottesche inquadrature dello "straniero", arrogante e rozzo balordo. Non a caso il soprannome lo definisce come estraneo alla comunità: la solita certezza, arroccata a difesa di una società chiusa, che una volta estirpato il cancro proveniente dall’esterno sarebbero state ristabilite l’armonia tra le famiglie fatta di costumi e feste – che fanno capolino tra le pieghe del film – e la correttezza dei rapporti…

Un film davvero speciale. Una messa in scena con due registri di recitazione ben distinti e un montaggio magistrale. La scena è asciutta e la storia si snoda in maniera sempre più intricata, rispecchiando la reale situazione dei luoghi e della gente che va a raccontare...assolutamente da non perdere.

L’esordiente Columbu nel descrivere donne e uomini del luogo, gesti e consuetudini, in particolare il passaggio di consegne della pistola dalla vecchia madre a Lucia coglie la millenaria tradizione del matriarcato e l’essenza del codice barbaricino nei risvolti etico-comportamentali. Quest’opera trasuda realismo allo stato puro, nelle facce e nella recitazione naturale e priva di orpelli dei suoi protagonisti (tutti non professionisti), nella sacrosanta scelta della presa diretta e del dialetto come lingua (gli errori più gravi di Cabiddu in passato), nella fotografia di Fabio Olmi e nel montaggio di Catherine Cotela. ARCIPELAGHI è il ritratto vero e sincero di un’altra Sardegna lontana da luoghi comuni vetusti e cartoline folcloristiche.
da qui

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