bravissimi gli attori, una buona sceneggiatura, un finale degna dei migliori western.
da vedere senza dubbi - Ismaele
PS: incredibile in alcune scene la somiglianza fra Michele Placido e Leonardo di Caprio (quello di Scorsese)
Il miglior film su Cosa
Nostra. Damiani, pace all'anima sua, costruisce un film impeccabile e
avvincente, un autentico capolavoro di cui andare solennemente fieri. La
sceneggiatura si presenta come l'apoteosi dei temi mafiosi, con un sottile
gioco di cappio che si stringe con maestria e ottundente senso di ingiustizia
intorno al collo dell'immenso protagonista (Gemma in stato di grazia). I
personaggi, molti secondari, sono tratteggiati perfettamente con un senso
dell'incastro magistrale, parlo di Colicchia, della splendida Lucia (la Giorgi
supplisce a una scarsa performance con la sua bellezza stupefacente), del
figlio, di Platamone (Placido è sicuramente stato l'ultimo grande attore
italiano) e di tutti gli altri.
Questo è un film anche tecnicamente superbo: scene magistrali come l'uccisione di Fabbricante, ricalcata su alcuni campi lunghi di "Salvatore Giuliano" di Rosi e ovviamente di Leone (citato spesso attraverso il sonoro, un fischiettio che ora, dato il tema, è solo sinistro e non epico), oppure l'uccisione di Ferrara con la soggettiva di Nino che corre verso la casa e quando l'amico muore la fotografia si appanna con un effetto ottico che ricorda il venir meno della coscienza e l'arrivo della morte, contemporaneamente. Due di tante sequenze assolutamente memorabili…
Questo è un film anche tecnicamente superbo: scene magistrali come l'uccisione di Fabbricante, ricalcata su alcuni campi lunghi di "Salvatore Giuliano" di Rosi e ovviamente di Leone (citato spesso attraverso il sonoro, un fischiettio che ora, dato il tema, è solo sinistro e non epico), oppure l'uccisione di Ferrara con la soggettiva di Nino che corre verso la casa e quando l'amico muore la fotografia si appanna con un effetto ottico che ricorda il venir meno della coscienza e l'arrivo della morte, contemporaneamente. Due di tante sequenze assolutamente memorabili…
…Ebbene, in 'Un uomo in
ginocchio', i due personaggi che Damiani isola, non sono due 'uomini'
nell'accezione mafiosa e nemmeno 'mezz'uomini' o 'Uminicchi', ma un
'pigliainculo' e un 'quaquaraquà'. (...) Lo scontro finale, quindi, avviene non
fra due 'uomini', ma fra due 'schiavi', due 'quaquaraquà', per l'appunto, di
cui uno s'è già ribellato alla sua condizione, uccidendo il 'pezzo da novanta'.
L'altro non avrà la forza di seguirlo sulla stessa strada e soccomberà. Film
completamente metaforico, 'Un uomo in ginocchio' ci sembra uno dei migliori del
regista e s'avvale di una robusta interpretazione di Giuliano Gemma nel ruolo
di Rino e, soprattutto di Michele Placido, in quello di Platamone."
(Callisto Cosulich, 'Paese Sera')
Nessun commento:
Posta un commento