quando un regista non Usa va a girare negli Usa quasi sempre viene "addomesticato" dai produttori,
nel caso di Bong Joon-ho il produttore (Warner Bros) non è riuscito a imporsi sul regista (lo si spiega qui), che ha girato un altro filmone cinque anni dopo Parasite.
Mickey 17 è un film di fantascienza, ma non solo, è un film politico (qui lo spiega il regista), come in Snowpiercer un gruppo di varia umanità è costretto a vivere insieme.
un comandante/dittatore (Mark Ruffalo), che assomiglia in certe pose a Mussolini, insieme alla moglie (Toni Collette), che forse è quella che ha i pantaloni, governano senza pietà l'astronave che arriva sul pianeta ghiacciato.
Mickey 17 (interpretato da uno straordinario Robert Pattinson, che riesce anche a raddoppiarsi) è uno schiavo per debiti costretto a morire e a rinascere senza fine, potenza della dannata tecnologia.
in poco più di due ore si riesce a vedere un film pieno di grandi cose, film politico, d'avventura, animalista, fantascientifico, d'amore, ricco di avventure, sarebbe un peccato mortale non andare al cinema a godere di uno dei film più belli dell'anno.
buona (straordinaria) visione - Ismaele
Quando un regista ha successo, il mondo sembra aspettare con
ansia la sua caduta, l’opera “non all’altezza”. Bong Joon-ho ci serve su un
piatto d’argento, con gusto anarchico, la “grande delusione”: un film-caos che
è simultaneamente omaggio a Nausicaa di
Miyazaki, cinema slapstick che guarda al muto,
viaggio avventuroso dell'(anti)eroe, metafora sci-fi alla Verhoeven, il tutto
rielaborato in uno stile personale e riconoscibile. Per quanto mi riguarda ho
amato molto Mickey 17. Vi ritrovo un
autore innamorato del cinema e fedele a se stesso e alle proprie ossessioni (la
lotta di classe, la rapacità che dilania l’animo umano, la struggente debolezza
degli ultimi, l’ambientalismo). E come dimenticare l’assoluta indifferenza che
circonda Mickey e le sue “insignificanti” morti? Il tono ludico cela immagini
nerissime, una riflessione sulla natura del potere e sulla spettacolarizzazione
della morte.
Ma c’è anche lo smagliante piacere visivo,
quell’occhio formidabile per la dissezione degli spazi e la stratificazione
dell’inquadratura. A mio parere un film imperfetto e meraviglioso, fieramente
“multiplo e sacrificabile” come il suo protagonista.
…Bong è più interessato a rompere il sistema che ad
ammirarlo in funzione, e i suoi temi abituali di ambientalismo, bene comune e
ribellione di fronte alle ingiustizie richiedono esplosività sovversiva.
La capacità del regista di creare momenti di cinema, complici gli
impeccabili valori produttivi degli effetti speciali e della fotografia
di Darius Khondji, continua ad avere pochi
eguali. Lo stesso può dirsi del suo gusto peculiare a livello di tono, sospeso
tra il grottesco, la commedia e il drammatico in quella che è ormai una sorta
di firma personale: mai troppo assurdo da minare il pathos, né pienamente
addentro al linguaggio convenzionale del genere sci-fi declinato
all'hollywoodiana.
Il problema casomai è Bong stesso e il suo universo già esistente, così ricco e
vivido, che dopo Snowpiercer è
sempre sembrato un po' asfittico al di fuori del fenomeno Parasite.
Chissà che la strada giusta non sia quella di un ritorno sulla Terra per uno
dei registi sinonimi con l'epoca dorata del cinema coreano.
…Mickey 17 non
scombinerà nessuna classifica di preferenza nella filmografia del nostro e
magari i fan più incalliti potranno rimpiangere quando Bong picchiava più duro,
ma il suo discorso, il suo riuscire a parlare degli ultimi, dei reietti,
prendendo in giro il potere (fattosi tristemente realistico dopo le riprese)
con toni sì caricaturali, forse di grana grossa, ma espliciti nei riferimenti,
è qualcosa che ci meritiamo anche dall'arte più popolare a cui questo film
fieramente appartiene, con tutti i se e i ma del
caso. Arte popolare poi realizzata al proprio meglio, perché regia e montaggio
rimangono sempre di altissimo livello.
Soprattutto, è la prova definitiva di
quanto Pattinson sia un bravo attore.
Non gli è bastato The rover (o High
life, per stare nel genere) per farvi dimenticare Twilight.
Lontano però da robe come The
Batman ha la possibilità di destreggiarsi nella commedia brillante che
ancora gli mancava, riuscendo a padroneggiare molteplici registri in un film
dove farla fuori dal vaso era un attimo.
Se proprio vogliamo, il vero vincitore è
lui.
Oltre che il buon cinema, ovviamente.
Riuscirci a queste condizioni era un'ulteriore difficoltà.
…Bong è noto per lasciare ampio margine di libertà
ai suoi attori, e questo è particolarmente evidente con Ruffalo, che sembra
imitare il tono rauco di Trump, e con Collette, che invece riesce a dosare
meglio la sua espressività (in altre parole, non arriva agli eccessi di Swinton
in Snowpiercer). Forse le interpretazioni in Parasite o Mother sembrano
più contenute e impassibili semplicemente perché non parlo la lingua in cui
sono recitate. Ma è anche vero che molti dei film non hollywoodiani di Bong si
concentrano su dinamiche familiari: The Host e Parasite mostrano
famiglie in crisi che si uniscono e si distruggono, mentre Mother racconta
la storia di una donna che cerca di scagionare il figlio mentalmente disabile
da un’accusa di omicidio. Esiste già un legame emotivo di base su cui il film
può costruire e approfondire.
Da americano poco raffinato, la differenza tra questi
film e le sue opere in lingua inglese mi ricorda un po’ le attuali stagioni
de I Simpson rispetto agli episodi migliori dei primi
dieci anni: è sempre lo stesso show, ma lo sforzo e le cuciture sono più
visibili. Il più
fantascientifico Mickey 17, come Okja e Snowpiercer,
ha molte più spiegazioni da fornire prima ancora di poter cominciare davvero, e
poi si muove freneticamente tra personaggi che cercano di uccidersi a vicenda.
Probabilmente è inevitabile per film che si confrontano più direttamente con la
cultura americana; il fatto che Mickey 17 non abbia
abbastanza tempo per sviluppare a fondo tutte le sue relazioni (nonostante i
suoi 137 minuti, più lunghi della media) perché è troppo occupato a lavorare,
potrebbe essere proprio il punto centrale. Se non lo è, beh, di certo calza a
pennello. Mickey 17 potrà anche essere un caos, ma non
sembra mai una resa.
…Come il suo protagonista, il film
stesso è scisso, un blockbuster con meno azione del solito, un film d’autore
più didascalico del previsto, un film d’azione caratterizzato da un tono mesto,
malinconico e ridicolo. È la complessità, questa, di un autore con la capacità
(rara) di lavorare dentro e fuori i generi, rimodellando i confini a suo uso e
consumo, riuscendo a far emergere anche in una pantomima fantascientifica
un’umanità inaspettata. La sfida della satira ormai è riuscire a interpretare
la realtà superandola, perché è la realtà ad aver scavallato il muro
dell’impensabile, quasi impossibile inventarsi politici più ridicoli dei
nostri, dittatori più avventati di quelli in carica.
Mickey 17 sembra volerci suggerire un
antidoto all’alienazione dell’individuo postmoderno, immerso in un flusso
incessante di avatar e identità digitali, che riducono l’essere umano a
un’involontaria proiezione di se stesso. In un mondo dove le connessioni si
fanno sempre più superficiali e liquide, l’incontro tra le due versioni di
Mickey appare come un disperato tentativo di ricostruire una forma di
autenticità, sottratta alla frammentazione dell’io nell’infinito riflesso delle
realtà virtuali. Perché alla fine, gli alieni siamo noi.
Ricorda Edge of tomorrow, o sbaglio?
RispondiEliminaEdge of tomorrow ricorda più "Ricomincio da capo", di Harold Ramis.
Eliminain Mickey 17 non ci sono alieni, e il protagonista non è un guerriero, è solo un sottoproletario buono per lavori di merda