Dakota Johnson e Sean Penn sono gli unici personaggi del film, che deriva da un'opera teatrale.
un tassista e una cliente fanno un gioco, quello di dire cose mai dette prima, Sean Penn è un tassista psicologo, che resta senza parole alla fine quando Dakota racconta un storia terribile.
il film è tutto girato all'interno del taxi, con il tassista che inizia a lamentarsi delle app, degli smartphone, della sostituzione del contante con le carte di credito, e la cliente sembra scocciata dalla loquacità del tassista.
e poi il film cresce fino alla fine, senza tregua, sembra un filmetto come tanti, poi gli ultimi 15-20 minuti sono straordinari.
buona visione - Ismaele
…Un film ben realizzato
e diretto, interpretato magistralmente dai due attori. Un’opera che colpisce in
quanto tocca in maniera non banale temi come l’amore, il sesso, il dolore dei
ricordi, i traumi del passato che non si è voluto mai affrontare. Un viaggio
che, quando lo “yellow cab” finalmente si ferma di fronte all’abitazione della
donna, consente ai due personaggi di salutarsi con un sorriso e una carezza,
sapendo che quell’ora e quaranta passata insieme, in quel viaggio che pareva
interminabile, ha regalato a entrambi una maggior coscienza di se stessi e,
soprattutto, una connessione umana vera, importante per poter affrontare le
difficoltà della vita di tutti i giorni.
…Sean Penn è il taxista come te lo aspetti, che sembra uscito da Milano più
che da New York, contro Uber, contro i pagamenti elettronici, contro quei
telefoni che fagocitano le persone e chissà, probabilmente anche complottista
ma si ferma a una certa misoginia tipica di una generazione e di una certa
cultura.
Ma riesce ad aprirsi, a confrontarsi, con una donna senza nome e senza età
aperta al dialogo e che lo sfida trovando in lui una figura paterna davvero,
che sotto la faccia scavata da ore di traffico, è diventato senza saperlo uno
psicologo esperto.
Che dispensa consigli su amore e sesso, che indovina passati dolorosi e
viene a conoscere presenti ancora freschi, che quei passati dolorosi li
condivide a sua volta, con una nostalgia inaspettata anche per lui.
Il film è tutto qui, una notte, una corsa in taxi, due personaggi diversi chiamati a condividere lo spazio e il tempo.
Sono più facili da sbagliare che da indovinare i film così, che si reggono
sugli attori, certo, su una regia che si deve muovere in uno spazio ristretto
senza ripetersi, ma anche sui raccordi, sulla tensione che monta e che smonta,
sulle pause.
Sulla sceneggiatura, dunque, che riprende temi, nomignoli e situazioni,
riuscendo a commuovere pure in un finale che rischia il melenso o lo stalking.
In un equilibrio instabile che però resta in piedi.
…Non bastano due grandi
interpreti come Dakota Johnson e Sean
Penn, una sceneggiatrice di talento al suo esordio da regista
come Christy Hall e una confezione da road movie,
per fare dello script di Una notte a New York un
film. L’impianto teatrale che caratterizza l’operazione è una gabbia dalla
quale il testo nativo non riesce a sfuggire e ci sarà un motivo. Questo perché
le tavole del palcoscenico a nostro avvivo erano la cornice più adatta a un
testo intimo e personale come questo, basato sulla complicità dei protagonisti
e sui fitti e densi scambi dialettici tra di loro. Si è preferito al contrario
il grande schermo e la realizzazione di un film del quale probabilmente
resteranno solo le vibrazioni sprigionate dalle performance del duo chiamato in
causa. Il resto è per citare i Jalisse solo un fiume
di parole tra noi.
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