James Marsh prova a mettere Samuel Beckett in un film da 100 minuti, 80 in più rispetto a Film, girato da Samuel Beckett (e Alan Schneider), all'inseguimento di Buster Keaton.
nel film di James Marsh ci sono tre Samuel Beckett, il bambino, il giovane (Fionn O'Shea, molto bravo) e l'adulto, interpretato quest'ultimo da Gabriel Byrne.
il film espone alcuni fatti, veri e no, della vita di Beckett, il suo rapporto con la madre e con James Joyce, e con la moglie Suzanne e l'amante Barbara.
Samuel si sente sempre a disagio, insicuro, in colpa per qualcosa, in attesa di qualcosa, o qualcuno, come Vladimiro ed Estragone.
non ci sono effetti speciali, né fuochi d'artificio, solo un grande scrittore da premio Nobel con i suoi dubbi e paure, alle prese con la vita quotidiana, i problemi e le gioie umane.
buona (danzante e pensosa) visione - Ismaele
ps: solo per i curiosi, il film è girato a Budapest
…Suona interessante la
prospettiva del film. Marsh non mostra Beckett al
lavoro, che so su Giorni felici, Finale di partita o Aspettando
Godot (benché il titolo venga propria da una battuta del dramma
comico), semmai evoca, riuscendovi in larga parte, il mondo interiore del
dublinese infranciosato, quel suo muoversi rassegnato tra ironie e rimpianti,
conquiste e vergogne, combattimenti e sconfitte, “in una terra desolata dove
andiamo tutti”. Il suo mantra era: “Fight, fight, fight”.
C’è una bella
frase che gli dice Joyce al primo incontro parigino,
in un bar: “Non è importante cosa scriviamo, ma come lo scriviamo”. E già. I
due grandi letterati erano, stilisticamente all’opposto, anche nelle loro
pezzature: fluviale e sentimentale l’autore di Ulisse, stringato
e fulminante l’autore di Molloy. E intanto, sullo schermo,
Beckett e il suo doppio invecchiano e incanutiscono insieme, meditando sulla
stessa esistenza da due diversi punti di vista.
Gabriel
Byrne, che qualcuno ricorderà Cristoforo Colombo in un lontano
sceneggiato di Alberto Lattuada, non somiglia fisicamente
al vero Beckett, non ha quel viso scavato e ossuto, quel fisico asciutto,
eppure non ci fai caso (che bello il suo inglese); più somigliante è il
caustico/laconico Fionn O’Shea che interpreta lo
scrittore da giovane; mentre il versante femminile è coperto da Sandrine
Bonnaire e Maxine Peake, che fanno
rispettivamente la matura Suzanne e la sensuale Barbara.
So che a molti
colleghi il film non piace, pazienza: a me invece ha fatto venire una gran
voglia di riprendere in mano le novelle del dublinese, a partire da Primo
amore. Mi pare già molto.
…Le apparizione fincheriane dei
suoi amori sono solo lampi illusori di un cinema che dopo Man on Wire ha
perso non solo la magia ma anche l’anima. Marsh non è più l’equilibrista come
il funambolo Philippe Petit del suo celebre documentario premiato con l’Oscar.
Lascia Beckett lì in alto, come una figura dantesca in attesa di sapere in
quale girone finisce mentre si trova tra la vita e l’aldilà. La sceneggiatura
di Neil Forsyth mostra alcune delle tante possibili strade che però poi il film
non prende. Così Prima danza, poi pensa. Alla ricerca di
Beckett resta già intrappolato nella sua struttura come si
vede soprattutto nel modo di filmare la Resistenza. La sua vita in soggettiva
e/o proiettata in una dimensione onirica sono solo l’unico azzardo di un film
che trova l’unico momento davvero ispirato solo in quella casa vuota parigina.
Di Beckett per il resto non resta neanche il suo doppio ma solo la sua ombra. E
Buster Keaton di Film è stata solo la
potenziale allucinazione poi presto abbandonata.
…En lugar de entrar y
salir de la vida de Beckett a lo largo de ocho décadas, Dance First podría
haber resultado más convincente si se hubiera centrado en las relaciones
paralelas del escritor con dos mujeres. Es a través de ellas cuando el
personaje parece más vivo. Una vez que salen de escena, y las dos encarnaciones
de Gabriel Byrne son trasladadas del Otro Mundo a París para los últimos años
de Beckett, la película se arrastra hacia su conclusión, encontrando poco
sentimiento de compasión en el declive y la muerte de un genio literario
radical. El personaje principal ha permanecido excesivamente distante como para
fomentar la implicación emocional. Y no ha sido precisamente por el carácter
cínico del literato, sino por la falta de recursos visuales para que resulte
atractivo.
Mi spoilerano una genialata finale nel film.. voglio sicuramente vederlo.. ;)
RispondiEliminaJames Marsh ha fatto grandi cose, ho visto 6-7 suoi film, se va male fa film solo buoni, vedi Beckett, non te ne pentirai
Eliminaqui (https://www.bilibili.com/video/BV1yW411S7Sx/?uid=425631795734313153375378) The Animator of Prague, un suo piccolo (per la durata) film sull'eccezionale Jan Svankmajer