mercoledì 3 marzo 2021

First cow - Kelly Reichardt

ai tempi dell'accumulazione originaria, quando la corsa allo sterminio degli indiani, all'accaparramento di risorse, all'occupazione delle terre, insomma il sogno della frontiera e del nuovo ricco selvaggio continente, c'erano due amici, Cookie e King-Lu, di quelli veri, disposti a rischiare la vita per stare insieme.

non volevano assaltare diligenze, fare gli allevatori, ammazzare gli indiani, fare gli sceriffi, Cookie voleva fare il pasticciere, e King-Lu sarebbe stato il suo socio.

ma rubavano, pochi litri di latte per volta da una mucca di un ricco e spietato, e questo costò loro va vita.

è un film gentile, First cow, e Cookie e King-Lu sono diventati nostri amici.

buona gentile e drammatica visione - Ismaele

 

 

First Cow si potrebbe definire un western per l’ambientazione e il periodo storico in cui è ambientata la vicenda, ma per contenuto è molto diverso dal classico del genere. È più giusto parlare di un’avventura che ha come sfondo l’America, perché la Reichardt tende spesso a descrivere il suo paese con una vena critica nascosta dietro una storia apparentemente innocua e sentimentale. Vedendo First Cow si può cogliere infatti una riflessione sull’avidità del Sogno Americano, sull’arroganza che spesso spinge ad agire anche in un modo moralmente sbagliato o contro la legge. Il “crimine dei due protagonisti – il furto del latte – non ha un peso agli occhi dello spettatore che tifa per Cookie e King-Lu dall’inizio alla fine del film.

First Cow è un film tenero che sicuramente ha il merito di aver portato la cucina in un film western, un’impresa da non sottovalutare visto che i cowboy non hanno mai avuto un palato sopraffino nei vari film del genere. Provate a pensare, in particolare, ai dolci in un film di John Wayne o Clint Eastwood… esatto!...

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First Cow, il western sui generis di Kelly Reichardt che racconta in modo originale una storia di umanità ai margini, attraverso due personaggi che, come tanti altri in quel mondo, devono trovare il proprio posto e la propria strada per imporsi. L’unica perplessità riguarda una prima parte che fatica a decollare, ma non rovina la visione di un film efficace nella messa in scena quanto interessante nei temi.

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…Il sogno americano, la fede nel progresso, nel Paese delle possibilità sconfinate è rappresentato dalla Reichardt nel tentativo di Cookie e di King-Lu di elevare la propria condizione, portando avanti un'attività al fine di realizzare i propri desideri. C'è in nuce persino il conflitto di classe, storico, tra immigrati e americani poveri da una parte e ricchi proprietari inglesi dall’altra, in un'economia primordiale che ci ricorda com’è nato il capitalismo, quale sia la filiera produttiva, come funzioni il commercio e quanto l’anima di un uomo possa dedicarsi a esso, rischiando persino la propria vita pur di farlo funzionare.

Gli utensili rudimentali che Cookie adopera per cucinare, le monete spezzate, le banconote scritte a mano, le padelle, gli indumenti sudici e gli stivali bucati, i pezzetti di sughero per giocare a dama potrebbero trovarsi in un museo contadino ma sono la rappresentazione vivida di un mondo che non c'è più, lontanissimo, quasi un altro pianeta se non fosse che i desideri, gli occhi e i respiri degli uomini che abitano case messe in piedi coi rami degli alberi, sono tuttora i nostri. Una sensibilità rara che la regista originaria della Florida aveva padroneggiato con estrema sapienza già nel precedente "
Certain Women"; lo stile resta spartano, con pochi movimenti di macchina, il formato ristretto e le concessioni quasi nulle alla spettacolarizzazione, nonostante la sceneggiatura (scritta a quattro mani con Jonathan Raymond, autore del libro da cui "First Cow" è tratto) è abilmente retta da una suspense che funziona senza forzature. Stavolta la pienezza della rappresentazione filmica si arricchisce ulteriormente della maggiore vicinanza rispetto all'oggetto del proprio racconto, denso di primi piani, intenso, spesso struggente.

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First Cow è anche un film sulla fragilità umana in un mondo barbaro e violento, in cui due uomini si trovano a collaborare vendendo dolcetti al miele e mungendo illegalmente la mucca di un ricco inglese perché legati dal proprio animo bonario. Una condizione economica che li avvicina e che li spinge a rubare a chi maggiormente privilegiato. D’altronde “I poveri hanno bisogno di capitali per iniziare qualcosa, un miracolo, o un crimine” afferma King Lu in un momento del film, riprendendo quel discorso attorno al capitale avviato con Wendy e Lucy che in questo nuovo lavoro diventa l’obiettivo primario di ogni singolo individuo: a partire dai due, che non riusciranno a porre un limite al loro crimine pagandone le conseguenze.

First Cow è la somma di tutto il cinema di Kelly Reichardt, nelle intenzioni, nei temi e nella narrazione. Ma questo non ha significato un adagiarsi in situazioni già viste ed esplorate, ma un proseguire oltre: oltre il genere, oltre il semplice pedinare e oltre il realismo visivo. La Reichardt ci regala un’opera magica, piena di vita e fortemente atmosferica. La reincarnazione visiva e spirituale di due anime vagabonde divenute un tutt’uno con la foresta. Forse gli stessi uccellini che aprono il film e che cinguettando cercano di comunicarci qualcosa, o meglio, raccontarci una storia.

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...Insieme, lì dove "la Storia non è ancora arrivata", escogiteranno lo stratagemma più semplice e più visionario, rubare il latte al ricco per poi rivenderglielo sotto forma di dolci fritti in cui assaporare la Londra dove è cresciuto. First Cow è un film non solo sugli inizi, ma su come gli inizi siano ingannevoli; è una storia su come affrancarsi dal dilemma fondativo - uovo o gallina, capitale o prodotto - e mettere in moto finalmente un paese.

È buffo che un film così devoto all'analisi micro-economica della genesi americana sia privo di qualunque cinismo, e scelga invece piccoli bozzetti di compassione e cura per illustrare quanta parte di quella genesi sia dovuta alla costruzione del rapporto umano (in un interessante parallelo di sovversione del genere con il sottovalutato I fratelli Sisters di Audiard. Si veda ad esempio la naturalezza con cui i due protagonisti creano senza parole un ambiente domestico, tagliando legna e mettendo fiori sulla mensola, o per estensione il rispetto profondo di Cookie verso il mondo naturale, dalle tenere chiacchierate con la mucca durante la mungitura agli animaletti da girare sulle zampe nel bosco…

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