mercoledì 4 dicembre 2019

I due Papi - Fernando Meirelles

un film multinazionale, ambientato principalmente nel Vaticano e a Buenos Aires, con capitali Usa (Netflix), regista brasiliano, attori inglesi, sceneggiatore neozelandese (già scrittore di quel gran libro che è Morte di un supereroe).
gli attori sono straordinari, con dialoghi da leccarsi i baffi, in una storia così vera che sembra finta (o viceversa).
c'è da sorridere, commuoversi, pensare, ridere, insomma un film completo.
papa Francesco giovane è Juan Minujin (attore bravissimo, già visto in Zama).
per quanto possa sembrare un film prodotto dall'ufficio marketing del Vaticano, vedendolo capirete che non è così.
un film da non perdere, promesso - Ismaele






I due Papi è un film che funziona per la finezza dei dialoghi, sovente costellati di humour, e per le performance dei suoi attori. Se il maquillage crea una prodigiosa somiglianza, è l'arte di Anthony Hopkins e Jonathan Pryce ad aggiungere un tocco inusitato ai rispettivi personaggi. Hopkins interpreta con precisione emozionale un ruolo cerebrale, Pryce assume con empatia e semplicità la quota 'simpatia' della coppia. Scambi e repliche appartengono senz'altro al regno della finzione ma ugualmente aderiscono ai personaggi e suonano autentici. I dubbi di due uomini sul peso della loro missione e sulla loro capacità di svolgere un ruolo chiave in un contesto di cambiamento sociale e di rimessa in discussione delle posizioni della Chiesa, acquistano una nuova luce.
Girato in décor naturali e riscostruiti, perché il Vaticano non fa entrare nessuno tra le sue mura, il film gioca con gli spazi e coi brani musicali (dagli Abba a Mercedes Sosa, passando per la musica classica tedesca), dimostrando che la lezione sonora e inventiva di 
Paolo Sorrentino (The Young Pope) non è passata invano. Ma nello sguardo dell'autore brasiliano sedimenta pure la crisi di potere, collettiva e intima, di Habemus Papam. La forza drammatica di un Papa in preda al dubbio è appannaggio questa volta di Anthony Hopkins, che la statura di attore eccezionale predispone all''incarico' e a quella sua forma passiva e ultima di resistenza. Perché I due Papi non è (solo) un film sul Papa, i Papi, la Chiesa e la religione. È soprattutto un film di uomini e sulla difficoltà di essere uomini.

uno straordinario “match” di bravura fra un graffiante Anthony Hopkins, un Ratzinger anziano, solo e amareggiato nel pieno dello scandalo 'Vatileaks' , e un bonario e allegro Jonathan Pryce, un cardinale Bergoglio che non vede l’ora di tornare nel caos della vita cittadina fra i suoi amati poveri. Certo, non mancano le semplificazioni e le “licenze poetiche”. La scelta drammaturgica, infatti, è quella di una iniziale contrapposizione fra i capitani di due squadre in una Chiesa divisa: il conservatore da una parte e l’innovatore dall’altra, il burbero e il simpatico, l’irremovibile tedesco e il rivoluzionario sudamericano. Nella realtà, come sappiamo, le cose non stanno così, basta leggere gli scritti ricchi di umanità di Ratzinger, mentre Bergoglio non è mai uscito dai canoni della Chiesa nel suo sacerdozio.
Ma l’escamotage cinematografico, attraverso due “caratteri” contrapposti, è atto a rendere ancora più eclatante nel film il colpo di scena delle dimissioni di Benedetto XVI, che diventa, con un ribaltone, il vero “rivoluzionario”. Ambedue sono dipinti con profonda simpatia: mentre Benedetto XVI suona al pianoforte musica classica di rara eleganza e passa la serata a guardare alla tv Il commissario Rex, ogni volta che entra in scena Bergoglio attacca una hit pop come Dancing Queen degli Abba, o un tango argentino appassionato. Ma questi sono i “cotillon” con cui il regista rende immediato e popolare il tratteggio dei due caratteri attraverso una regia vivace che ben presto affonda negli angoli più reconditi dell’anima dei due uomini e nei pesi che gravano sui loro pensieri. Sotto gli affreschi di una Cappella Sistina ricostruita in modo strepitoso, a grandezza naturale a Cinecittà, il confronto si fa sempre più denso e il legame spirituale sempre più profondo. Entrambi mettono a nudo i dubbi e le fragilità di due apparenti fallimenti…

…Bergoglio, que es evidentemente el personaje con el que se busca la mayor identificación, es mostrado en medio de todos sus conflictos espirituales y morales, y Mereilles acierta particularmente al no evitar el todavía controvertido suceso de su pasado que lo vio en una suerte de colaboración indirecta con la dictadura argentina de los ’70. Esta es probablemente la secuencia más intensa de la cinta, así como una que remite a otros momentos similares del cine latinoamericano debido a su ambientación y a su puesta en escena.
De todos modos, ¿cómo no sentir cariño en la pantalla por un Papa que, como aparece aquí retratado -porque Mereilles ha admitido que no todo lo que muestra es cierto-, adora el futbol, tararea ‘Dancing Queen’, cuestiona la construcción de muros, se enfurece por el encubrimiento de casos de pedofilia, aboga por los refugiados del mundo entero, baila tango en el Vaticano y se arrepiente de no haberse opuesto a los militares cuando le tocó hacerlo?
Todo esto es llamativo, ciertamente. Pero no hay que dejar tampoco que una película nos impida ver que Bergoglio sigue siendo un hombre profundamente religioso que reprueba el aborto y el matrimonio entre personas del mismo sexo y que, recientemente, fue acusado de encubrir esos mismos casos de abuso sexual que prometió poner al descubierto.

…Contudo, são Jonathan Pryce e Anthony Hopkins que recompensam nosso investimento emocional. Se este se revela com o antipático distanciamento a que estávamos habituados durante seu pontificado, encarnada por tiques e maneirismos característicos do ex-Hannibal Lecter, aquele está em uma de suas melhores composições, instigando o desejo de estar em sua companhia por sua sabedoria e, mais importante, facilidade de comunicá-la. E Meirelles sabe que está diante de atuações grandiosas, a ponto de abusar de primeiríssimos que, limitados a enquadrar seu semblante, ciente de que não precisamos de distrações senão conferir suas performances. Com seus símbolos intrigantes, como a cortina que, se parece as asas de um anjo detrás de Bergoglio, é tratada como um estorvo por Ratzinger, e ideias complexas manifestadas em diálogos simples e eficazes – “bancos imploram por desregulação como tigres para sair de suas jaulas” -, “Dois Papas” é agradável e interessante, embora reprise a mesma covardia por que seu protagonista se penitencia, na forma casual com que emudece o problema mais importante enfrentado pela Igreja Católica…

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