qui interpreta uno strano scienziato che anziche gli alieni cerca di restare in contatto con i morti umani, gli alieni siamo noi, è evidente.
un film normale per la prima parte, poi il film cresce e alla fine ti commuovi.
bravissimi anche i bambini, naturalmente.
è estate, ma qualche cinema ancora lo programma.
buona visione - Ismaele
…Nel deserto del Nevada,
abbandonato da uomini e alieni, Paola Randi trasloca un professore muto e senza
nome, fedele a un amore di cui chiede ragione alle stelle. La risposta è sempre
la stessa e si centra sull'impossibilità di dimenticare chi non c'è più. La
rielaborazione del lutto esige tempo e lo scienziato di Valerio Mastandrea ha
deciso di prenderselo tutto, cronicizzando il dolore fino allo spegnimento del
sentimento vitale. Aspettare ogni maledetto giorno un segnale dall'universo
dona il senso della durata del lutto, ascoltare ogni notte in laboratorio la
stessa traccia registrata sulla segreteria telefonica misura la forza della
fissazione mortale. Fermo sulla scomparsa, provato dall'assenza e avido di
nutrire la pena, il professore è un sopravvissuto che nel mondo vede solo un
pretesto a una nuova variazione sul tema unico e inestinguibile del dolore…
…Ne scaturisce un film gradevole, forse un po'
lezioso, avvalorato dall'ottima performance di Valerio Mastandrea e di Clemence
Poesy, irresistibile nel suo ruolo di organizzatrice di matrimoni spaziali e
buffa, coloratissima procacciatrice di cibo in pieno deserto.
Esilarante la soluzione gonfiabile della casa che
accoglie i bambini, come pure l'alloggio dalle pareti mobili dello scienziato.
Non sempre indovinati i momenti e i vezzi attribuiti ai due fratelli, un po'
troppo caricaturali nella loro sin troppo esibita napoletanità.
Ma il coraggio di dirigere un film decisamente fuori
dei nostri più scontati canoni, è un valore che va riconosciuto e messo in
risalto in capo a questo piccolo ambizioso tenero film.
…è un film sul ritrovare se stessi, sul contrasto tra la realtà e
l'immaginazione (il credere fermo del piccolo ed esuberante Tito di poter
parlare con la foto del papà scomparso), ma soprattutto si sviluppa non con
troppa freschezza ma coerenza la narrazione sul ritrovamento del rapporto
familiare e sopratutto un film che prova a riflettere sui mezzi per elaborare
un lutto, e si concede anche un finale che lascia qualche attimo di commozione.
…Il risultato è un film
semplice, lineare, capace di far ridere e piangere allo stesso tempo,
senza mai scadere nel banale o nel melenso. Una sorta di risposta nostrana a
pellicole come Contact, Interstellar, Arrival, che punta su autenticità e
freschezza per veicolare il suo messaggio.
Se Valerio
Mastandrea è una garanzia, e risulta tenero e credibile nel ruolo di uno
stralunato e geniale professore, gli esordienti Luca Esposito e Chiara
Stella Riccio sono una piacevole sorpresa, che fa compiere il salto
di qualità al film. I due giovani attori non mostrano alcun timore
reverenziale, creando con il veterano Mastandrea un’ottima alchimia.
Importante
il contributo di Gianfelice Imparato, soprattutto nel rendere toccante e
magico il finale, che omaggia chiaramente “Incontri ravvicinati del terzo tipo”
di Steven Spielberg, e porta lo spettatore, anche il più cinico, a credere
almeno un pochino in “cose dell’altro mondo”.
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