lunedì 18 giugno 2018

A Quiet Passion - Terence Davies

Cynthia Nixon (bravissima) è Emily Dickinson, la poetessa che chiedeva il permesso al padre (Keith Carradine) per poter scrivere di notte.
è una ribelle, riconosce solo l'autorità del padre, ma non sempre.
muore a 56 anni, lasciando parole bellissime (qui si possono leggere tutte)
nel film succede tutto, anche se sembra che niente succeda.
il piccolo mondo di Emily Dickinson è la sua famiglia, e poco altro.
e dalla sua finestra vede tutto il mondo.
Terence Davies è bravissimo come sempre (come tutti gli attori), quando si entra in un suo film non bisogna avere fretta, poi si sarà ricompensati.
A Quiet Passion è del 2016, arriva in sala, miracolosamente, dopo due anni, per i miei gusti è un film da non perdere.

scrive Emily Dickinson:

Una parola muore quando è detta
Una parola muore
quando è detta
Dice qualcuno −
Io dico che proprio
Quel giorno
Comincia a vivere.

Qui la recensione di un altro gran film di Terence Davies





dice Terence Davies:
«Nel film c’è più di una componente autobiografica; io sono il più giovane di dieci fratelli di una famiglia cattolica di Liverpool, e quando ho scoperto la mia omosessualità (in un’epoca in cui era addirittura un reato) pregavo ardentemente di poter essere come tutti gli altri, senza trarne alcun conforto. Come Emily Dickinson nella vita sono sempre stato una persona che “sta al di fuori”, osserva gli eventi piuttosto che viverli».

Vita di Emily Dickinson, la signorina che dalla sua stanza di Amherst, New England profondo, ha cavato fuori quei pezzi di poesia che sappiamo. Prevalentemente vestita di bianco. C’era da temere il santino, invece ne è venuto fuori uno dei migliori biopic da parecchio tempo a questa parte. Merito di una sceneggiatura non genuflessa di fronte al mito, con dialoghi acuminati e urticanti, con perfino qua e là un andamento da sophisticated comedy assai witty. Un film scritto e diretto da Terence Davies, un maestro vero (do you remember Voci lontane, sempre presenti?) che ormai davo per perso dopo aver visto nel novembre 2015 a Torino il suo deludente Sunset Song. Invece qui miracolo. Non sbaglia niente, ritrova la purezza e il rigore del suo cinema, quella propensione al tableaux vivants però percorsi da fremiti vitali, mai ingessati, mai ossificati. Con in più movimenti sinuosi di macchina che non gli ricordavo (c’è perfino una carrellata circolare – si potrà dire? – da urlo).
Emily Dickinson vien presentata nel suo talento, ma anche nella sua durezza e asperità di carattere, nella sua intransigenza verso se stessa e gli altri che con il tempo peggiorerà, e che non risparmierà nemmeno le persone a lei più care, il padre, la madre, la sorella, il fratello. Mai prona alle convenzione, con nessuna voglia di darsi alla carriera di moglie e madre, e difatti mai si sposerà. Uno di quei rari film che alla smaltata confezione sanno unire una narrazione complessa e avvincente, e personaggi che vivono di vita vera... 

"A Quiet Passion" non è un film rivoluzionario anche se è realizzato con cura e in maniera composta, descrivendo con accortezza il personaggio della Dickinson senza scadere nelle ovvietà. Inoltre è un'opera che permette anche una riflessione sulla filmografia di Terence Davies: il regista di Liverpool non solo ha inserito in questo lavoro le sue tematiche ricorrenti come il senso di colpa o la guerra (in questo caso quella di secessione, evocata da una serie di immagini che ritraggono i caduti in battaglia), ma raccontando i Dickinson ha realizzato un quadro familiare diversissimo da quelli che sono apparsi finora nel suo cinema. Infatti se la famiglia nel suo cinema è stata soprattutto il luogo dei conflitti, qui è quello dell'accoglienza, malgrado non manchino momenti di confronto anche acceso. Intellettuale gay che ha scelto di vivere da single, convinto di non riuscire a trovare un compagno, Davies si è dedicato interamente al proprio lavoro, trovando probabilmente nella vicenda della Dickinson degli aspetti in comune con la propria poetica e sensibilità, ma anche degli spunti per realizzare una sorta di opera che sia al tempo stesso contigua e complementare a quanto realizzato finora.

Mientras en su primera parte disfrutamos de lo mejor de la película- la Emily joven- donde cada secuencia es digna de admiración e incluso nos saca alguna sonrisa en su segunda mitad- a partir de un trágico suceso- todo se vuelve gris y dramático, descubrimos a la Emily amargada y triste, un ser huraño que no quiere salir de su habitación y decide cortar con la sociedad aislándose en su mundo.
Lo que a veces hace crear secuencias muy bellas, otras veces-sobre todo en su tramo final-hace que caigamos en la desesperación ante tanto drama que nos muestra con unos diálogos sacados de los textos de la autora que por muy bellos que suenen en la literatura no siempre es compatible con el idioma cinematográfico…

A Quiet Passion tenta il colpaccio. Davies è un esperto di ossimori e nature morte (“Distant Voices, Still Lives” docet) e l’idea di portare sullo schermo una vita scevra di eventi come quella di Dickinson, poetessa reclusa, ben si attaglia al suo stile trattenuto e struggente. Sfida vinta solo in parte. Tralasciando la recitazione, impeccabile, la pellicola è lenta nel sedurre lo spettatore con soluzioni visive, movimenti di macchina, dissolvenze incrociate. I dialoghi, al contrario, sono sovraccarichi e difficili da metabolizzare. Come se i primi minuti dei “Misteri del giardino di Compton House” valessero per l’intera durata film: wit, wit, wit. In più, le poesie. A volte arriva la zampata, molte altre un dialogo brillante fa dimenticare il precedente come un chiodo scaccia chiodo sintomo di scarsa armonia drammatica. Si ha l’impressione di vedere un libro senza potersi soffermare sulla pagina. Una scena, almeno una, è esilarante. Quella del tè pomeridiano con l’acqua (vedere per credere). Il resto del film è un viaggio nella psiche di Emily, e nella morte. Le immagini più riuscite filmano la malattia, il rantolo, l’ultimo respiro. Qui Davies torna ai livelli di raffinata umanità che l’hanno fatto conoscere trent’anni or sono…

È ammirevole come un autore riesca ad essere coerente con se stesso nonostante il passare del tempo e delle mode. Si ha l’impressione che Terence Davies abbia girato A quiet passion esattamente come avrebbe fatto trent’anni fa: sceneggiatura accuratamente letteraria, ambientazione invariabilmente nel passato (che nei suoi film va dall’oleografico Ottocento fino ai non meno crepuscolari anni Cinquanta), piani sequenza con predilezione per i movimenti laterali o circolari, e in sottofondo la voce fuoricampo, che narra senza spiegare nulla, che preferisce aggiungere una sensazione piuttosto che una spiegazione, che viene anche lei dal passato, come voce lontana sempre presente…

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