al massimo si può raccontare una storia e sostenere tutti i/le whistleblower del mondo.
l'agente Bolkovac (Rachel Weisz) scopre cose che mai avrebbe immaginato, cose terribili.
e resti senza parole, dopo aver visto questo film necessario, che continuano a esistere dappertutto tutti i giorni.
intanto Pangloss, maestro di Candido, ripete che viviamo nel migliore dei mondi possibili.
buona visione - Ismaele
QUI il film completo, in italiano
…Il whistleblower è colui o colei che
riferisce, in pubblico o ai propri superiori, di attività illegali commesse in
un'istituzione governativa oppure in una compagnia privata o pubblica che sia.
Si tratta di una figura protetta dalla legislazione americana sin dal 1863. In
questo specifico caso la società definita come Democra è in realtà la DynCorp
International che ha continuato ad operare per il governo statunitense sia in
Iraq che in Afghanistan. Ciò che però procura uno sconcerto ancora maggiore è
che in tutto ciò fossero coinvolti uomini delle Nazioni Unite a diversi
livelli. Il senso di impotenza di una donna che vuole proteggere altre donne
dalla perversione maschile (contro la quale gli stessi soggetti istituzionali
dovrebbero lottare) emerge con grande forza da un film che si basa su fatti
realmente accaduti (si veda il blog della vera Bolkovac).
Ci sono scene che toccano nel profondo per un motivo molto semplice: al cinema e in televisione abbiamo già assistito più volte alle atrocità commesse durante quel conflitto. Si aveva però l'impressione di poterle quasi chirurgicamente separare da noi e dal nostro vissuto. Erano i serbi, i bosniaci, i croati a trasformarsi in belve feroci contro esseri indifesi. Qui ci viene invece detto (con la forza del cinema) che non è andata solo così, che chi è andato con la missione di pacificare è rimasto invece (in alcuni casi ovviamente) a perpetrare il crimine. Ci sono film necessari e The Whistleblower è uno di questi. È forse per questo motivo che una distribuzione a volte miope non lo ha fatto uscire nelle sale del nostro Paese.
Ci sono scene che toccano nel profondo per un motivo molto semplice: al cinema e in televisione abbiamo già assistito più volte alle atrocità commesse durante quel conflitto. Si aveva però l'impressione di poterle quasi chirurgicamente separare da noi e dal nostro vissuto. Erano i serbi, i bosniaci, i croati a trasformarsi in belve feroci contro esseri indifesi. Qui ci viene invece detto (con la forza del cinema) che non è andata solo così, che chi è andato con la missione di pacificare è rimasto invece (in alcuni casi ovviamente) a perpetrare il crimine. Ci sono film necessari e The Whistleblower è uno di questi. È forse per questo motivo che una distribuzione a volte miope non lo ha fatto uscire nelle sale del nostro Paese.
...Film molto forte,
tra l’altro tratto da una storia vera, a tratti emotivamente sconvolgente, che
fa riflettere parecchio sui controsensi della vita (gli uomini di una missione
di pace che si macchiano di atrocità immonde), sull’omertà imperante (nessuno è
disposto a rischiare niente per salvare davvero delle vite), ma anche sulla
volontà che può portare il singolo a fare cose che una gran corporazione non
può conseguire.
Gran merito per la riuscita del progetto va sicuramente alla brava, e sempre tenace, Rachel Weisz, ormai abituata ad interpretare donne forti (vedasi anche “Agorà” e “The constant gardener”), regalando alle stesse sfumature umane che raramente si vedono in circolazione tutte insieme.
Per il resto l’opera regala momenti di tensione drammatica, soprattutto emotiva, la costruzione è lineare, ma asciutta e senza scene inutili, la confezione non brilla più di tanto (va poco oltre a quella di un tv movie), mentre il finale mi è sembrato poco incisivo (almeno non ai livelli a cui avrebbe potuto ambire), per quanto poi i titoli di coda a seguire facciano dimenticare velocemente tutto il resto, nel loro essere incontestabili e detestabili per il report di quanto accaduto in seguito (in sintesi i colpevoli si son salvati tutti la pelle).
Insomma rimane un film da vedere per tanti buoni motivi contenutistici (tra gli altri, anche l’ombra lunga del lato oscuro del potere), mentre il resto non spicca (Weisz a parte ovviamente), ma già così rimane a prescindere una visione obbligatoria per ricordarci di quanto possa contare l’impegno del singolo e di quanti fatti incredibilmente inquietanti si verifichino nel nostro mondo del benessere.
Gran merito per la riuscita del progetto va sicuramente alla brava, e sempre tenace, Rachel Weisz, ormai abituata ad interpretare donne forti (vedasi anche “Agorà” e “The constant gardener”), regalando alle stesse sfumature umane che raramente si vedono in circolazione tutte insieme.
Per il resto l’opera regala momenti di tensione drammatica, soprattutto emotiva, la costruzione è lineare, ma asciutta e senza scene inutili, la confezione non brilla più di tanto (va poco oltre a quella di un tv movie), mentre il finale mi è sembrato poco incisivo (almeno non ai livelli a cui avrebbe potuto ambire), per quanto poi i titoli di coda a seguire facciano dimenticare velocemente tutto il resto, nel loro essere incontestabili e detestabili per il report di quanto accaduto in seguito (in sintesi i colpevoli si son salvati tutti la pelle).
Insomma rimane un film da vedere per tanti buoni motivi contenutistici (tra gli altri, anche l’ombra lunga del lato oscuro del potere), mentre il resto non spicca (Weisz a parte ovviamente), ma già così rimane a prescindere una visione obbligatoria per ricordarci di quanto possa contare l’impegno del singolo e di quanti fatti incredibilmente inquietanti si verifichino nel nostro mondo del benessere.
…A Kathryn, sola e impotente, non resta che sedersi davanti al
computer e scrivere:
Al capo del personale
Commissario capo in Bosnia
"Non
leggete se siete deboli di stomaco o avete la coscienza sporca. Sono un agente
di polizia obbligata a fare rapporto sui crimini. Ho ricevuto denunce da donne
che descrivevano le violenze fisiche psicologiche e le torture emotive. Quando
arrivano in Bosnia queste ragazze vengono vendute e obbligate a fornire prestazioni
sessuali. La loro clientela è costituita da forze speciali, polizia
internazionale, polizia locale e impiegati internazionali. Peggio ancora, sono
diventati trafficanti loro stessi. E’ ora che ognuno di voi realizzi che questa
è una seria organizzazione criminale con enormi profitti. Noi siamo una forza
di pace che è venuta per proteggere degli innocenti. Ma adesso li sfruttano nel
peggiore modo possibile. Potremmo essere accusati di pensare con i nostri cuori
invece che con le nostre teste. Ma manterremo la nostra umanità."
…La
Weisz está muy bien como Bolkovac, una mujer valerosa pero también humana, con
defectos y con inseguridades, que le dan una dimensión al personaje (si hubiera
sido una heroína de ficción, posiblemente el balance habría sido diferente) y
la hacen empática al espectador. Y es importante que lo consiga, porque es en
los hombros de la actriz donde recae el peso de la cinta y es algo muy
delicado, puesto que podría caer en exageraciones y Weisz siempre mantiene su
presencia e interpetación bajo control, muy al estilo de Meryl Streep en Silkwood (de
Mike Nichols, que tenía una temática similar). Un reparto internacional
acompaña a Weisz: Monica Belluci (totalmente desprovista de su aura sexy como
una burócrata oficiosa y odiosa), David Strathairn y la monumental Vanessa
Redgrave como Madeleine Reece, el principal soporte de Bolkovac.
La
cinta es ágil e inteligente. Se deja ver muy bien, y es un trabajo que invita a
enterarse más acerca de la horripilante realidad del tráfico de personas. Su
realización es aceptable y funciona, si bien, en manos de un director más
avezado, hubiera fluido mejor (uno se pregunta qué habría hecho Paul
Greengrass, por ejemplo), pero cumple bien su cometido y deja perfilar una
actuación excelente por parte de la Weisz, que es una de las mejores actrices
de su generación, en activo hoy en dia.
…The film's director and co-writer, Larysa Kondracki,
infuses the film with an atmosphere of pervading male menace, which, after all,
is based on facts and court findings. In wartime, the rape of civilians is
often considered one of the spoils, and no doubt it is a morale-booster for
troops who feel in danger. It is also a cruel blow against enemies — but these
girls are not enemies but simply and pathetically victims.
The male world in which Bolkovac moves contains many men who regard
her as a sex object, and see sexual aggression as an expression of their
masculinity. In this boys' club, it is expected that members will go along,
participate or turn a blind eye. There is unspecified but clearly sensed danger
if they don't. On one hand, they can party and enjoy sex. On the other, they
can lose their jobs, their salaries, their pensions and perhaps their lives.
For 20 years the news has reported from time to time of crimes
alleged by employees of paid defense contractors. These cases rarely seem to
result in change, and the stories continue. We can only guess what may be going
unreported. "The Whistleblower" offers chilling evidence of why that
seems to be so.
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