sabato 19 maggio 2018

Dogman – Matteo Garrone

film scuro, anche quando è giorno, in un pezzo di terra colonizzato dagli umani, per vincere l'oscar della grande bruttezza.
per fortuna il film è davvero bello.
e per fortuna Garrone evita la violenza senza limiti insita nella storia, violenza che in quel quartiere si vede e si respira, anche senza volerlo, la lascia immaginare, ognuno veda la dose che può sopportare.
Marcello sembra uno uomo buono, senza troppe qualità, in realtà è un prodotto di quel luogo, di quelle situazioni, anche lui è coinvolto.
vuole essere amato, amico di tutti, ma certe volte bisogna scegliere da che parte stare, arriva quel giorno che bisogna fare qualcosa, e non si fa la cosa giusta (e nemmeno la meno sbagliata), e tutto il sorriso e l'ottimismo della volontà di Marcello si incrina, e va in pezzi.
resta poi la vendetta, per chiudere i conti, senza pietà, quando il tappo salta succede tutto, e anche di più.
Marcello è stato sposato, il tempo di avere una bambina, la luce dei suoi occhi, la ama ed è riamato, unici momenti di grande bellezza.
il film è pieno di individui brutti sporchi e cattivi, ci sono dei momenti in cui sembra essere un film di Claudio Caligari (è un complimento, s'intende),
Marcello ama i cani, i migliori amici dell'uomo, il contrario non è sempre vero, nessuna violenza sui cani è presente nel film, si tranquillizzino gli animalisti.
Marcello potrà finalmente farsi un negozio nuovo, dopo la vittoria al festival di Cannes, i cani saranno contenti.
è un gran film da non perdere, adesso al cinema.




qui Marcello Fonte si racconta, prima di vincere la Palma d’oro a Cannes

qui parla con la Palma d’oro in mano


come quasi sempre nel cinema di Garrone, il livello recitativo è straordinario. E pochi come questo regista sanno prendere ragazzi e uomini di strada (penso a Fonte -quasi al debutto- al protagonista di Reality o ai ragazzi di Gomorra) e farli diventare animali da cinema impressionanti.
Sono almeno altri due i punti di forza di questo film.
Il primo è la straordinaria scelta e relativo uso delle location, con questo spettrale "stabilimento" balneare, la piazzetta grigia e informe e la serie di negozi vecchi e laidi.
E' molto particolare la scelta di Garrone di darci questa immagine molto settantina ma ambientare poi il film sicuramente negli anni 2000 (vedi gli euro o internet) anche se espropriati di alcune sue caratteristiche quasi inscindibili come i telefonini.
L'altro punto di forza è in una fotografia magnifica, tutta sulla scala dei grigi e dei colori spenti, una specie di grana post-apocalittica in cui non troviamo mai, in nessun colore, in nessun cielo, in nessun luogo una possibile stilla di vita o vitalità…

Quella di Marcello è un'implosione che non pareggia i conti ma nutre la piramide di soprusi che si erge invisibile all'interno di un quartiere piallato dall'imbarbarimento: perché in questo universo orizzontale ad elevarsi sono solo le palazzine abusive, mai le persone. Il modo in cui i personaggi attraversano questi spazi immondi, come le vele di Scampia in Gomorra o l'ecomostro litoraneo de L'imbalsamatore, è l'essenza del cinema di Garrone, che relaziona l'uomo con un ambiente non più pensato per gli esseri umani, ma diventato labirinto per osservazioni entomologiche. 
Altrettanto importante è l'attenzione allo sguardo, tanto quello mite e dolente di Marcello quanto quello, ottuso e pieno di paura, di Simone. Come irreprensibilmente luminosa è l'interpretazione di Marcello Fonte nei panni del canaro - dimensioni da fantino e leggerezza da acrobata circense - è opaca e devastante quella di un irriconoscibile e gigantesco Edoardo Pesce nei panni di Simone: un pitbull che è l'esatto prodotto del suo addestramento e ha la gravitas dei sogni andati a male. 
Garrone riesce nel miracolo di costruire una narrazione disperante disintossicandola dalla volgarità dei talk show, e restituendo dignità ferita a tutti personaggi

da qui

…Mezz’ora di cinema della crudeltà e della minaccia, cinema etologico più che antropologico, dove a surriscaldare la temperatura emotiva e il grado di abiezione arriva Simoncino detto Simone, corpo e faccia pestata da pugile che non ce l’ha fatta, e adesso svoltato in piccolo criminale di zona, in sistematico sopraffatore dei deboli, in ottusa macchina produttrice seriale di violenze e soprusi. E la sua vittima preferita è il mite ma non innocente dogman Marcello, che gli procura la coca di cui è dipendente senza peraltro essere da lui pagato. Rapporto asimmetrico che è anche confronto-scontro di due virilità opposte, quella fragile di Marcello e quella prevaricatrice di Simoncino. Per una buona mezz’ora il film promette grandi cose, e già si immagina quanto di esplosivo uscirà da quella relazione tra incube e succube, tra carnefice e vittima (non priva di analogie con un’altra coppia maschile garroniana, quella del capolavorissimo L’imbalsamatore)…


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