giovedì 17 maggio 2018

Vivere (Ikiru) – Akira Kurosawa

come allora, ai tempi del film, la burocrazia comanda, ciascuno è un ingranaggio di una macchina impersonale, e nessuna si chiede più cosa può fare, si accontenta di essere una rotella dell'ingranaggio, non si fa più domande, non sa più sognare la possibilità di un'alternativa.
Vivere è un film senza scadenza, e tutti lo possono capire.
e se al soggetto si aggiunge una sceneggiatura perfetta e una regia di un autore che sta nell'Olimpo dei registi, ecco perché non si può non vedere questo film.
ma se sei contento con i film a colori e solo quelli, se hai voglia di ridere, quando guardi un film, di rilassarti, di ingannare il tempo, il consiglio è di lasciar perdere Vivere.
per i pochi altri, buona visione - Ismaele

QUI il film completo in italiano








I saw "Ikiru" first in 1960 or 1961. I went to the movie because it was playing in a campus film series and only cost a quarter. I sat enveloped in the story of Watanabe for 2 1/2 hours, and wrote about it in a class where the essay topic was Socrates' statement, "the unexamined life is not worth living."' Over the years I have seen "Ikiru" every five years or so, and each time it has moved me, and made me think. And the older I get, the less Watanabe seems like a pathetic old man, and the more he seems like every one of us.

Vivere è un amarissimo ritratto di umanità realizzato da Akira Kurosawa. Il film è l’ immagine delle nostra piccolezza nel mondo, nello scorrere inesorabile ed indifferente delle nostre vite. Lo stupendo Watanabe prova a ritagliarsi un pezzo di immortalità, facendo per la prima volta nella sua vita qualcosa di significativo. È un eroe moderno, il personaggio interpretato da Takashi Shimura che usa come armi i sorrisi e la buona educazione con la disperazione di chi oramai non ha più nulla. Watanabe sa già che presto perderà la sua vita e vuole provare a darle il senso estremo. Ha provato riempire gli ultimi istanti con uno sfrenato edonismo ma non ha provato piacere e ha compreso come il trascorrere un’ esistenza sopra le righe cavalcando un’ illusoria felicità non sia in realtà un modo di vivere meno grigio rispetto al suo. Nella sua semplicità Watanabe vuole regalare agli altri piccoli istanti di felicità, che per lui si rappresenta perfettamente nell’ immagine di un parco, con tanti bambini che giocano. Cinque mesi dopo il protagonista muore e tutti si sono dimenticati di lui. Se il presente è destinato a personaggi più importanti, anche l’ eternità non è destinata agli uomini come Watanabe. Ma lui, andandosene su un’ altalena, in pace con tutto.. lui forse è uno dei pochi uomini a sapere quale sia il sapore della felicità. Que viva Watanabe.

Secondo molti Ikiru è il capolavoro di Akira Kurosawa. Indiscutibilmente è anche e soprattutto il capolavoro di Takashi Shimura, protagonista, co-protagonista o caratterista in tutte le opere del maestro.
Nato col nome di Koji Shimura da famiglia samurai legata al clan dei Tosa, disse di lui lo stesso Kurosawa: "era un leader anche se non sembrava, e questa era la sua forza". A suo agio indifferentemente nei panni di un carismatico samurai o di un medico ubriacone, di un saggio consigliere o dell'abate di un monastero, Takashi Shimura ha percorso assieme ad Akira Kurosawa una traiettoria che va dagli anni 40 agli 80: nato nel 1905, scomparve nel 1982 poco dopo la sua ultima apparizione in Kagemusha.
A cavallo degli anni quaranta e cinquanta le sue interpretazioni più memorabili, tra le quali Ikiru rimane indimenticabile. Meticoloso ed attento ad ogni particolare, Shimura era reduce da una appendicite che gli aveva dato un aspetto emaciato, che Kurosawa volle mantenere, e somatizzò talmente il suo personaggio da terminare le riprese con un'ulcera allo stomaco. Studiò attentamente la postura assunta nel tempo dai malati terminali di cancro intestinale, e ne riproduce nel film anche il caratteristico tono di voce in falsetto: era solito dire che la voce è uno dei componenti più importanti nella costruzione di un personaggio, e per ogni circostanza adottava un tono diverso. Segnaliamo che nella versione italiana Shimura è doppiato, e benissimo, da Mimmo Palmara, in un certo senso un samurai anche lui: raggiunse la notorietà nel periodo dei film "peplum", che narravano le avventure di eroi mitologici come Ercole o di pura fantasia come Maciste, interpretando nerboruti antagonisti, poi intraprese una brillante carriera di doppiatore.
Kurosawa spesso nei suoi film d'epoca mostra come il samurai sia pronto a morire in ogni momento, vivendo ogni attimo come se potesse essere l'ultimo della sua vita. In questo che è il più osannato ma forse tra i meno visti dei suoi film di ambientazione moderna mostra invece come l'uomo contemporaneo sia impreparato non solo a morire, ma anche a vivere. Solo un immenso Takashi Shimura, con una recitazione sommessa quanto forte - non per niente era anche lui un samurai - poteva permettere al Maestro di portare credibilmente sullo schermo la sua storia…

Soffermiamoci brevemente su quella che a mio parere è la caratteristica più rivoluzionaria di Vivere: la gestione del tempo. Stiamo entrando in un campo minato, in quanto per spiegare a fondo il meccanismo utilizzato dal regista per giocare col tempo cinematografico dovrei fare spoiler, ma vi GARANTISCO che nulla di ciò accadrà. Nella gestione dei tempi narrativi esistono due tecniche che permettono all’autore di scollarsi dal presente e modificare il tempo della narrazione. Queste tecniche permettono di narrare avvenimenti precedenti o successivi al tempo presente. Nella pratica queste sono costituite rispettivamente dall’analessi e dalla prolessi, meglio conosciute col nome di flashback flashforward. Ma questo lo sappiamo tutti. La peculiarità rivoluzionaria di Vivere nasce invece dal genio di Kurosawa. Egli mescola flashback e flashforward unendoli poi al tempo presente ed ottenendo una narrazione che risulta essere scollegata da qualsiasi quadro temporale. Semplicemente ad un certo punto il regista decide di far trascendere la propria opera da ogni dimensione temporale; ed è questo che rende Vivere un’allegoria cinematografica. Se non vi sono chiari il funzionamento e la portata di tale rivoluzione non ho altre spiegazioni per voi, affrettatevi a vedere il film e capirete di cosa sto parlando. Un’ultima cosa: il film è del 1952…

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