Mathieu Amalric, Marion Cotillard e Charlotte Gainsbourg sono tre attori
straordinari e vederli insieme nello stesso film è un regalo che ci
fa Arnaud Desplechin.Ismaël scrive una storia e cerca di riuscire a
chiuderla, ma non riesce, intanto due donne lo circondano, Carlotta con la sua
assenza, finché dura, e Sylvia, astrofisica, due amori per Ismaël, e non
deve scegliere.
il film è girato a Roubaix, la città del regista, coincidenza?chi è il regista, Ismaël o Arnaud?
un film che merita, pieno di citazioni (al posto giusto).
il film è girato a Roubaix, la città del regista, coincidenza?chi è il regista, Ismaël o Arnaud?
un film che merita, pieno di citazioni (al posto giusto).
buona visione - Ismaele
…Il limite maggiore di Les Fantômes d’Ismaël è che la sua
plurinarrazione, la costruzione multifocale e a labirinto che non funziona
sempre, anzi quasi mai, fratturando il film secondo linee di faglia che
separano e fanno collidere una storia con l’altra. Funziona molto bene la parte
più melodrammatica, quella di Ismaël alle prese con le sue due donne, Cotillard
la ritornante e Gaisnbourg che l’ha riportata a galla dopo tanto penare. La
macchina fluida e pudica – c’è sempre una distanza di rispetto con i personaggi
– manovrata da Desplechin coglie ogni sfumatura, tutto è credibile, dubbi,
angosce, tormenti tremiti e fremiti, e grazie a Dio dialoghi belli e di massima
naturalezza anche in una materia perigliosa e a rischio costante di kitsch come
questa. Con un continuo retrogusto pirandelliano su chi sia davvero la Donna
Riapparsa (siamo un po’ dalle parti dell’Ignota di Come tu mi vuoi, e questi pirandellismi Desplechin li
sa maneggiare assai meglio del Derek Cianfrance di La luce sugli oceani).
Hitchock abbonda in un nugolo di citazioni, e se le paure di Sylvie di fronte a
Colei-che-è-tornata sono puro Rebecca la prima moglie,
la doppia vita di Carlotta non può che ricordarci Vertigo. Si gioca ancora tra realtà e rappresentazione
nella storia di Ivan che si fa film, confondendo volutamente, soprattutto
all’inizio, vita e set. Con un Desplechin che si avventura, nel raccontare le
giravolte esistenzial-professionali di Ivan, in una spy story che però resta
aperta, e non saldata al resto del film, che non trova una conclusione e non dà
risposte, frustrando lo spettatore. Ma in questo strambo, sghembo film c’è
troppo di bello perché lo si liquidi – con la solita supponenza da festival –
come una bufala. Film complicato perché volutamente, e voluttuosamente,
anarchico e irregolare. Mathieu Amalric è da tempo l’attore feticcio di
Desplechin, e non poteva che essere lui Ismaël, quasi un alter ego del regista.
Il suo, se certi paragoni son leciti, Antoine Doisnel. Riferimenti alle
appartenenze religiose dei personaggi, come spesso in Desplechin, attento a
tracciare le sue geografie umane tenendone conto, ed è tra i pochissini con una
tale sensibilità. E se Sylvie, il personaggio di Charlotte Gainsbourg, si
dichiara protestante, Carlotta si dice ebrea ‘rinnegata’ (e portava al collo
una stella di Davide la Emmanuelle Devos di Racconto di Natale).
…Desplechin si specchia, non teme le sabbie mobili
dell’autoreferenzialità, ragiona sulla sua vita, sulla sua arte. Come i noir
degli anni Quaranta/Cinquanta, I fantasmi d’Ismael è una seduta
psicanalitica, è la messa in scena di processi labirintici, di meccanismi che
non possono essere completamente decriptati. Desplechin scrive e prova a dare
forma alla battaglia della ragione e dei sensi. È Ismaël alla prese coi fili e
le prospettive, con quadri che dovrebbero restituire il tutto, il senso
della vita e del cinema.
I fantasmi d’Ismael è intricato e leggiadro.
È passionale e disperato.
È spassoso e dispersivo.
Alti e bassi, con improvvise fiammate. Cinema vivissimo, che nutre e si nutre del talento e dei corpi di Mathieu Amalric, Marion Cotillard e Charlotte Gainsbourg.
Cinema che si nutre della stessa vita che insegue.
I fantasmi d’Ismael è intricato e leggiadro.
È passionale e disperato.
È spassoso e dispersivo.
Alti e bassi, con improvvise fiammate. Cinema vivissimo, che nutre e si nutre del talento e dei corpi di Mathieu Amalric, Marion Cotillard e Charlotte Gainsbourg.
Cinema che si nutre della stessa vita che insegue.
I fantasmi d’Ismael è
un piccolo paradosso cinematografico. Come Ismaël, Desplechin è intrappolato,
si è perso tra i mille fili che ha cercato di riordinare. I fantasmi d’Ismael è
un film su questa impasse, ma è proprio la (caotica) messa in scena dell’impasse ad
alimentare la vivida fiamma della vita. Quella stessa vita che ha guidato i
vari personaggi, come la donna che visse due volte Carlotta, come l’uomo che sapeva troppo Ivan.
Ancora, ancora, ancora. Lo dice Ismaël, lo dice Amalric, lo dice Desplechin. Ancora è la chiave di lettura de I fantasmi d’Ismael, di questo cinema che non smette di cercare, di indagare, di insinuarsi attraverso la finzione o il documentario nelle pieghe della vita, e quindi del cinema stesso. Imperfetto, senza dubbio. Ma vivo e pulsante come gli occhi di Ismaël/Amalric, di un personaggio e del suo interprete. Finzione e realtà. Ancora fantasmi, ricordi, amori che tornano e che se ne vanno. Ancora.
Ancora, ancora, ancora. Lo dice Ismaël, lo dice Amalric, lo dice Desplechin. Ancora è la chiave di lettura de I fantasmi d’Ismael, di questo cinema che non smette di cercare, di indagare, di insinuarsi attraverso la finzione o il documentario nelle pieghe della vita, e quindi del cinema stesso. Imperfetto, senza dubbio. Ma vivo e pulsante come gli occhi di Ismaël/Amalric, di un personaggio e del suo interprete. Finzione e realtà. Ancora fantasmi, ricordi, amori che tornano e che se ne vanno. Ancora.
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