lunedì 4 settembre 2017

Per il re e per la patria (King and Country) - Joseph Losey

straordinari attori, nelle piovose trincee inglesi, durante la prima guerra mondiale.
il nemico non si vede, è una guerra interna, un processo contro un soldato che ha provato a tornare a casa.
l'umanità è bandita, le punizioni devono essere d'esempio per tutti, Hamp è il capro espiatorio. 
l'unica cosa buona di quella guerra è che ha fatto pensare, e sono nati tanti film contro quella guerra di merda.
non perdetevi questo film, un piccolo capolavoro sconosciuto che merita molto - Ismaele





Caratteristica di questo film è la ricostruzione in studio delle trincee, il che serve a conferire al film un carattere claustrofobico ove gli spazi angusti delle trincee, resi ancora più tali dalla tecnica usata dal regista, servono a dare una impressione di accrescimento del disagio fisico e mentale dei soldati, disagio di cui è innanzitutto vittima Hamp.
Orizzonti di gloria era la storia di tre soldati mandati davanti al plotone di esecuzione per diserzione, sorteggiati o prescelti in base a logiche perverse, a rappresentare ciascuno il proprio battaglione. Questo film si concentra invece su una storia più privata e su un dramma personalissimo.
Attraverso una cupa fotografia in bianco e nero, a rendere ancora più claustrofobiche le atmosfere, Losey, lontanissimo da ogni forma retorica, lancia il suo grido contro la guerra e le sue perversioni, attraverso il personaggio interpretato dall’eccellente Dirk Bogarde, che afferma “tutti abbiamo perso”. Si perché la guerra non produce né vincitori né vinti, ma solo anime irreparabilmente sconfitte e scosse.
Il ritmo serrato che si impone il regista, i movimenti di macchina da presa ben studiati, sono tutti elementi non casuali né di stile esterno alla storia, ma al contrario strettamente funzionali alla ricreazione di quella atmosfera cupa che il film vuole assumere come proprio connotato…

Il film colpisce innanzitutto visivamente: l'atmosfera è angosciante, l'ambientazione claustrofobica, non ci sono scene di guerra, la vicenda si svolge interamente nella trincea, sotto la pioggia incessante e in un vero e proprio mare di fango. I soldati che vivono in trincea sembrano rassegnati, alienati a tal punto da sfiorare il grottesco (scena del processo al topo),
cosi come il protagonista, disertore quasi per caso e non per una scelta pienamente consapevole. 
L'aspetto che distingue maggiormente questo film però é la maggiore connotazione politica della sua denuncia. Nel film di Kubrick c'é chi tra le gerarchie militari aderisce alle logiche e alle regole "marziali", dando l'impressione di giocare piacevolmente a fare la guerra, e che quindi più o meno direttamente viene identificato come il portatore del male contro cui puntare il dito. In questo film invece gli ufficiali che compongono il tribunale giudicante e condannano il disertore sembrano costretti a farlo, pur comprendendone le motivazioni; sono essi stessi rassegnati e prigionieri della realtà come i soldati semplici. L'invettiva allora si indirizza verso chi ha scelto di fare la guerra, chi ha permesso che tutto ciò accadesse: non è il puntiglio di un generale o la ferrea applicazione del codice marziale che giustizia il disertore ma la patria, o chi nel nome di questa lo ha convinto (costretto) a combattere.
Un capolavoro del cinema ingiustamente dimenticato!

Losey racchiude il suo film fra immagini reali di fotografie d'epoca: allo scheletro del soldato si sovrappone il profilo di Hamp, in un' evidente anticipazione del destino ineluttabile che lo attende. Ancor prima l'enfasi marmorea di un imponente monumento londinese è destinata ad essere contraddetta dal degrado umano e morale che sta per emergere dal fango delle trincee.
La profondità di campo e l'angustia di una trincea ricostruita in studio assegnano al film una dimensione teatrale che accentua la sensazione claustrofobica di costrizione in uno spazio ristretto (non si va quasi mai oltre la figura interna), un senso di soffocante oppressione (incentivata dalla pioggia continua, dallo sprofondare nel fango e dalle ininterrotte esplosioni di sottofondo) che suggerisce l'idea di un' impossibile fuoriuscita, di un copione dall'esito scontato.
In questo luogo di abbrutimento e spersonalizzazione uomini e animali si confondono sino all'identificazione: al processo reale a Hamp si abbina la parodia del processo al topo inscenata dai suoi commilitoni ed al suo corpo esanime succede l'immagine fotografica di un cavallo morto nel fango (con un procedimento simmetrico e speculare al montaggio d'apertura).
…Losey's gripping film, shot in black and white, focuses on the hypocrisy of society regarding military matters, and uses an academic debate on the morality of war in its attempt to see through the veils of society that sends its young to war and fails to take responsibility for the consequence of its action. 
It won the British Academy Award for Best Picture of 1964, while Courtenay won the Best Actor Award at the Venice Film Festival. It's more friendly to a stage production than cinema, which is not necessarily a bad thing. What it has going for it, are the splendid performances by the stars and the nobility of its humanitarian argument.

… Losey also had a fondness for sloppy symbolism that has also dated badly: the meaning of the mock rat trial is more than a bit hackneyed and only reiterates the obvious animalism underlying the procedural structure, and combined with the later scene when they play with Hamp, comes close to confirming accidentally the officers’ dismissal of their men as coarse, lesser beings requiring severe treatment. In many ways, the drama is rather broader and less affecting than the generic but altogether stranger The Damned, and Losey’s gift for communicating dread through elision more fully realised in the subsequent Accident (1967). The inevitable Christ imagery that collects around Hamp as he takes communion prior to being pumped full of morphine by Webb is equally one-dimensional. The desperate humanity of the soldiers, finally, feels a bit contrived.
The film, in essence, belongs to Courtenay and Bogarde, particularly the latter: if Hamp’s a slightly too passive and muted a character for an actor of Courtenay’s innate intelligence to really wrap himself around, Bogarde is in his element as Hargreaves—haunted, angry, but dutiful and disciplined beyond a doubt. The final scene is horridly memorable as the stupefied Hamp, not finished off by the firing squad composed of his friends, who all aim away from him, topples into the mud, and Hargreaves takes on the job of delivering the final bullet, cradling the soldier like a baby and shooting him in the mouth, as if fulfilling a contract of care between the two men. Who’s getting off lightest here becomes, at last, a rather moot point.

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