giovedì 3 novembre 2016

La ragazza senza nome - Luc Dardenne, Jean-Pierre Dardenne

Jenny (interpretata dalla straordinaria Adèle Haenel, che non solo interpreta, ma è Jenny) ci appare come una giovane dottoressa in carriera, brillante e determinata.
fino a che il caso fa esplodere tutte le certezze, e una nella vita deve scegliere.
i grandi (non solo per l'età) fratelli Dardenne disegnano un racconto morale, etica, professione, segreto professionale, indagini nel profondo delle persone, e della società intera, si intrecciano, nessuno può ritenersi assolto.
le cose succedono, Jenny ha un imperativo morale, è medico, conosce la sofferenza, il dolore umano, scopre che esiste anche una sofferenza interiore, lei l'assume, se ne fa carico.
Jenny renderà il mondo migliore, ogni decisione, ogni scelta sono sempre politiche, il suo mestiere non è solo cerotti e antibiotici, è un mestiere fatto di rapporti umani, e anche di abbracci.
è un film per tutti, parla a tutti, io lo farei vedere ai giovani medici, e agli studenti di medicina, potrebbe fargli solo del bene, fare venire dubbi, domande, interrogativi, turbamenti è una benedizione per tutti.  
è solo in una cinquantina di sale, ma voi cercatelo, e buona visione - Ismaele





…Questo film, perfino sbeffeggiato a Cannes e liquidato come un qualsiasi gialluccio, è invece perfettamente dardenniano, all'altezza della magistrale carriera dei due belgi. Non conta tanto l’inchiesta, e nemmeno quanto verrà scoperto, conta la profonda moralità che spinge Jenny ad agire. Credo sia stato il film più sottovalutato e peggio compreso di tutto il concorso, tant'è che i Dardenne non si son portati a casa nemmeno un premio minore, il che è una (brutta) notizia. Sconfitti da un altro gran signore del cinema pro-umiliati e offesi, Ken Loach. Sarà anche per la fredda accoglienza al festival di maggio che i due fratelli hanno deciso per questa uscita italiana di rimontare La ragazza senza nome e tagliarne sette minuti. Basterà a convogliare in sala il pubblico del cosiddetto cinema di qualità? Stiamo a vedere. Un film dei Dardenne, anche quando non all'altezza dei loro capolavori, resta pur sempre roba di prima qualità da non perdere. Meravigliosa Adèle Haenel, oggi una delle migliori attrici oggi in circolazione. E poi, gli immancabli attori feticcio dei fratelli belgi: Jérémie Renier, Fabrizio Rongione, Olivier Gourmet.

…sguardo laicamente partecipe che i fratelli belgi riservano a una società in cui l'individuo è sempre più solo dinanzi alle proprie aporie esistenziali. Jenny ha scelto di essere colei che offre aiuto al prossimo sul piano più delicato, quello della salute. Ma è anche colei che pretende, da chi potrebbe diventare un collega, il distacco, indispensabile a suo avviso per esercitare la professione di medico. Quel distacco che invece non riesce a interporre tra sé e quel corpo abbandonato senza nome nell'esercitare la decisamente più complessa professione di essere umano…

...La ragazza senza nome è troppo debitore dei meccanismi del giallo. Resta però l’esempio onesto di un cinema umanista che si rifiuta di intrattenere e in cui anche il rigore formale, mai estetizzante, è al servizio di quell’alterità posta aldilà dello schermo con cui il film vuole entrare in una relazione adulta. Quello spettatore anonimo del quale i Dardenne cercano volto e nome.

…La ricerca della verità si dipana come un percorso a tappe, per stazioni in successione, con prove e ostacoli che portano la protagonista a calarsi nelle profondità quotidiane e materiali della vita delle persone. Se in una dimensione seriale, che accoglie di frequente narrazioni simili, l’inchiesta su di sé e sugli altri si sarebbe frammentata e ripetuta di puntata in puntata, nel film dei fratelli Dardenne, l’azione e l’agnizione sono tutte concentrate in meno di due ore, nelle quali vediamo la dottoressa sporcarsi le mani nude al contatto di piedi sozzi e putrescenti, accettare caffè annacquati, dolcetti di cattiva qualità, rispondere a chiamate in piena notte come probabilmente non aveva mai fatto fino ad allora: la ricerca della verità su quella morte le apre gli occhi sulle molte vite che il suo lavoro le permette di incrociare e lei si dischiude a ciascuna di esse come allargando lo sguardo su qualcosa che prima di allora si impediva di vedere. Il suo mestiere assume allora un senso tragico e nuovo: farsi carico dell’immensa e dispendiosa responsabilità di un vivere che tende inesorabilmente verso la morte ma che prima di arrivarci deve darsi modo di attraversare un po’ di bene, sfiorare un po’ di verità.

…Il femminismo dei Dardenne non finirà mai di stupirmi per le sfumature che i due cineasti belgi sono capaci di aggiungere ogni volta. Jenny è un’affascinante solitaria, dedita al suo essere medico in maniera assoluta, pervasa da una purezza che non la abbandona mai. Com'è bello vederla dispensare cure premurosamente e professionalmente, affrontare con timore e coraggio gli imprevisti del suo mestiere (che sia la gestione di reazioni violente, o crisi di astinenza, o riconoscenze emozionanti), ‘vivere di poco’, di se stessa. E come si irradiano attorno a lei, nel prisma dell’umanità, tutti coloro che la incrociano e la attraversano, portandoci più vicino nella comprensione dei valori che stiamo smarrendo, della solidarietà che sta morendo… Il minimalismo formale e sostanziale dei Dardenne, sottratto al superfluo-superficiale tecnico e narrativo, è carico di una densità espressiva straordinaria, che eleva-svela le contraddizioni, le qualità, le bassezze dei protagonisti su cui accentra l’attenzione. Con i Dardenne ci riconosciamo uomini e donne uguali.

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