inizia come una qualunque soffiata/confessione a un agente dell'FBI e piano piano diventa un'altra cosa, a metà fra I soliti sospetti e un giro sulle montagne russe.
la sceneggiatura è inquietante e perfetta, e non ti stacchi fino all'ultima immagine.
grande Matthew McConaughey, ma gli altri non sono da meno.
non leggete la trama e non perdetevelo, sarà una bellissima sorpresa - Ismaele
la sceneggiatura è inquietante e perfetta, e non ti stacchi fino all'ultima immagine.
grande Matthew McConaughey, ma gli altri non sono da meno.
non leggete la trama e non perdetevelo, sarà una bellissima sorpresa - Ismaele
Paxton,
noto attore spesso non protagonista (Boxing Helena, 1993; Terminator, 1984; Titanic, 1997; True
Lies, 1994; Twister, 1996; Vertical
Limit, 1996), si mette dietro la telecamera per
dirigere questo thriller a tinte forti che sa un po' di horror (con spolverate
di gotico moderno) e un po' di psycho-thriller. Nonostante il poco azzeccato
titolo italiano (strano, vero?!) e la trama sopra riportata che sembra
raccontare qualcosa di non originale, Paxton e Brent Hanley (alla
sceneggiatura) riescono a dipingere un quadro dell'America rurale, puritana,
isolata, in modo sobrio, un po' noiosetto potrebbero dire alcuni, ma comunque
convincente ed inquietante. Nonostante tutte le uccisioni e le violenze siano
off-screen, cosa che rimarca l'appartenenza di tale pellicola più al genere
thriller che a quello horror, l'inquietudine sprigionata dalla storia, che si
svolge in poche e limitate locations, è notevole. Una certa lentezza del film,
quindi, è forse più specchio di una chiusura mentale dei protagonisti, di un
ambiente culturalmente asfittico, piuttosto che un difetto di produzione. Oltre
alle dinamiche differenti che scuotono le menti dei due bambini, è interessante
notare come i deliri del padre, omicida eppure nel medesimo tempo così
incessantemente buono e comprensivo, facciano venire dei dubbi anche allo
spettatore rispetto alla sua pazzia; per la qual cosa si spera che Mr. Meiks
abbia in un modo od in un altro ragione e non sia solamente un serial killer. E
questo è un punto a favore per la pellicola…
… He loves his children. He is only
following God's instructions: "This is our job now, son. We've got to do
this." When the older son, terrified and convinced his father has gone
mad, says he'll report him to the police, his father explains, "If you do
that, son, I'll die. The angel was clear on this." The pressure that the
children are under is unbearable, and tragic, and warps their entire lives.
"Frailty" is an
extraordinary work, concealing in its depths not only unexpected story turns
but also implications, hidden at first, that make it even deeper and more sad.
It is the first film directed by the actor Bill Paxton, who also plays the father and succeeds in
making 'Dad' not a villain but a sincere man lost within his delusions. Matthew McConaughey plays
one of his sons as a grown man, and Powers Boothe is
the FBI agent who is investigating the "God's Hand" serial murders in
Texas when the son comes to him one night, with the body of his brother parked
outside in a stolen ambulance…
Capita raramente di
assistere ad un esordio in cabina di regia intenso ed emozionante come quello
dell'attore Bill Paxton con il suo Frailty, opera prima che attraversa gli esili margini dei
generi cinematografici per poi adagiarsi lentamente negli spazi immobili di
quel che rimane del miglior cinema d'autore. Una deriva dell'occhio che inizia
fin dalle prime inquadrature, incorniciate in interminabili flashback e
scandite da una voce – off che lascia crescere tensione ed inquietudine,
immergendo lo spettatore nelle pratiche di un oscuro ménage familiare, in una
"piccola bottega degli orrori" dove si rincorrono apparizioni di un
angelo sterminatore, un'incredibile missione di purificazione sociale ed una
serie interminabile di corpi smembrati a colpi d'accetta. Eppure Frailty non è un horror né un thriller e rimarrà deluso chi si
aspetta sequenze ad alta gradazione di adrenalina: qui l'orrore è un germe, un
batterio che si insidia nei vicoli e negli anfratti più bui della quotidianità
corrodendone dall'interno riti e strutture dell'ordinario, in un gioco al
massacro che sembra non risparmiare nessuno. Quasi una partita a scacchi che
Paxton conduce magistralmente costruendo un set squadrato fra il roseto e la
cantina di una modesta fattoria della campagna yankee, affogato sui volti dei
protagonisti ma in costante tensione con la voce della memoria di un
"futuro anteriore" dove apparenza e realtà si sovrappongono
continuamente. Fino alle sequenze finali che rileggono il flusso narrativo
capovolgendone senso e significato in un detour narrativo degno di film come The Others di Amenábar o Il sesto senso di Shyamalan…
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