domenica 13 novembre 2016

Frailty (Frailty - Nessuno è al sicuro) - Bill Paxton

inizia come una qualunque soffiata/confessione a un agente dell'FBI e piano piano diventa un'altra cosa, a metà fra I soliti sospetti e un giro sulle montagne russe.
la sceneggiatura è inquietante e perfetta, e non ti stacchi fino all'ultima immagine.
grande Matthew McConaughey, ma gli altri non sono da meno.
non leggete la trama e non perdetevelo, sarà una bellissima sorpresa - Ismaele







Paxton, noto attore spesso non protagonista (Boxing Helena, 1993; Terminator, 1984; Titanic, 1997; True Lies, 1994; Twister, 1996; Vertical Limit, 1996), si mette dietro la telecamera per dirigere questo thriller a tinte forti che sa un po' di horror (con spolverate di gotico moderno) e un po' di psycho-thriller. Nonostante il poco azzeccato titolo italiano (strano, vero?!) e la trama sopra riportata che sembra raccontare qualcosa di non originale, Paxton e Brent Hanley (alla sceneggiatura) riescono a dipingere un quadro dell'America rurale, puritana, isolata, in modo sobrio, un po' noiosetto potrebbero dire alcuni, ma comunque convincente ed inquietante. Nonostante tutte le uccisioni e le violenze siano off-screen, cosa che rimarca l'appartenenza di tale pellicola più al genere thriller che a quello horror, l'inquietudine sprigionata dalla storia, che si svolge in poche e limitate locations, è notevole. Una certa lentezza del film, quindi, è forse più specchio di una chiusura mentale dei protagonisti, di un ambiente culturalmente asfittico, piuttosto che un difetto di produzione. Oltre alle dinamiche differenti che scuotono le menti dei due bambini, è interessante notare come i deliri del padre, omicida eppure nel medesimo tempo così incessantemente buono e comprensivo, facciano venire dei dubbi anche allo spettatore rispetto alla sua pazzia; per la qual cosa si spera che Mr. Meiks abbia in un modo od in un altro ragione e non sia solamente un serial killer. E questo è un punto a favore per la pellicola…

He loves his children. He is only following God's instructions: "This is our job now, son. We've got to do this." When the older son, terrified and convinced his father has gone mad, says he'll report him to the police, his father explains, "If you do that, son, I'll die. The angel was clear on this." The pressure that the children are under is unbearable, and tragic, and warps their entire lives.
"Frailty" is an extraordinary work, concealing in its depths not only unexpected story turns but also implications, hidden at first, that make it even deeper and more sad. It is the first film directed by the actor Bill Paxton, who also plays the father and succeeds in making 'Dad' not a villain but a sincere man lost within his delusions. Matthew McConaughey plays one of his sons as a grown man, and Powers Boothe is the FBI agent who is investigating the "God's Hand" serial murders in Texas when the son comes to him one night, with the body of his brother parked outside in a stolen ambulance…

Capita raramente di assistere ad un esordio in cabina di regia intenso ed emozionante come quello dell'attore Bill Paxton con il suo Frailty, opera prima che attraversa gli esili margini dei generi cinematografici per poi adagiarsi lentamente negli spazi immobili di quel che rimane del miglior cinema d'autore. Una deriva dell'occhio che inizia fin dalle prime inquadrature, incorniciate in interminabili flashback e scandite da una voce – off che lascia crescere tensione ed inquietudine, immergendo lo spettatore nelle pratiche di un oscuro ménage familiare, in una "piccola bottega degli orrori" dove si rincorrono apparizioni di un angelo sterminatore, un'incredibile missione di purificazione sociale ed una serie interminabile di corpi smembrati a colpi d'accetta. Eppure Frailty non è un horror né un thriller e rimarrà deluso chi si aspetta sequenze ad alta gradazione di adrenalina: qui l'orrore è un germe, un batterio che si insidia nei vicoli e negli anfratti più bui della quotidianità corrodendone dall'interno riti e strutture dell'ordinario, in un gioco al massacro che sembra non risparmiare nessuno. Quasi una partita a scacchi che Paxton conduce magistralmente costruendo un set squadrato fra il roseto e la cantina di una modesta fattoria della campagna yankee, affogato sui volti dei protagonisti ma in costante tensione con la voce della memoria di un "futuro anteriore" dove apparenza e realtà si sovrappongono continuamente. Fino alle sequenze finali che rileggono il flusso narrativo capovolgendone senso e significato in un detour narrativo degno di film come The Others di Amenábar o Il sesto senso di Shyamalan…

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