sceneggiatura
del bravissimo Drew Goddard
(già regista di un film grandissimo, qui), il film è girato in Giordania.
cose folli, come i teloni di plastica, non inficiano la bellezza del film, il botanico Mark Watney è un Robinson senza Venerdì.
poi è un'americanata, ben fatta, attori bravissimi, gli statiunitensi sono un popolo unito, multietnico, loro colonizzano, come negli western, e meno male che non c'è nessun marziano da sterminare.
e tutto è bene quel che finisce bene, solidarietà, ottimismo e forza di volontà vincono su tutto.
poi ti chiedi quanti sforzi si fanno per salvare un uomo, e come è facile dannarne milioni, e distruggere il mondo.
fatta la tara di questi aspetti ideologici, il film è pieno di trovate, momenti in cui si ride, e il potente di turno (qui la Nasa) viene ridicolizzato da qualcuno che non conta niente, ma poi fa andare avanti il mondo, la burocrazia ha rituali e tempi che non risolvono niente, ma coprono con un tappeto di parole e non verità, quindi menzogne, la realtà.
e poi appare qualcuno che usa la fantasia e risolve i problemi, come il bambino, mutatis mutandis, che scopre che l'imperatore è nudo.
poi è un'americanata, ben fatta, attori bravissimi, gli statiunitensi sono un popolo unito, multietnico, loro colonizzano, come negli western, e meno male che non c'è nessun marziano da sterminare.
e tutto è bene quel che finisce bene, solidarietà, ottimismo e forza di volontà vincono su tutto.
poi ti chiedi quanti sforzi si fanno per salvare un uomo, e come è facile dannarne milioni, e distruggere il mondo.
fatta la tara di questi aspetti ideologici, il film è pieno di trovate, momenti in cui si ride, e il potente di turno (qui la Nasa) viene ridicolizzato da qualcuno che non conta niente, ma poi fa andare avanti il mondo, la burocrazia ha rituali e tempi che non risolvono niente, ma coprono con un tappeto di parole e non verità, quindi menzogne, la realtà.
e poi appare qualcuno che usa la fantasia e risolve i problemi, come il bambino, mutatis mutandis, che scopre che l'imperatore è nudo.
il mondo cambia, i russi non vengono nominati, i cinesi sono i nemici/amici, avversari/alleati dello spazio, e Matt Demon costa sempre un sacco di soldi al contribuente statunitense (meno male per loro che se li stampano da soli, i dollari).
si perde nel deserto, si perde in guerra, si perde nello spazio, e non è la prima volta, non perdetelo di vista - Ismaele
… The Martian è una figata senza sosta. Onore a Scott,
al suo team di effetti speciali e al talentoso direttore della fotografia
Dariusz Wolski, che hanno girato in Giordania per simulare il Pianeta Rosso.
Bella anche l’idea di costringere l’annoiato Watney ad affidarsi solo a una compilation
di disco music lasciata dal suo comandante. Alcune cose sono davvero
indimenticabili. Dopo quasi due anni in solitudine (pensate a Castaway o al più
recente Gravity) con qualche imprecazione per sfogare la propria frustrazione,
Watney rischia di perdere le speranze. Fortunatamente Damon, un buon attore dal
magnetismo che trovate solo nelle vere star, vi terrà incollato al film. Sarete
sempre al suo fianco.
…la lunghezza (2
ore e 21 minuti) e le lungaggini, la stessa scelta - teoricamente suicida - di
dar luogo a una interminabile “prova d’attore” del legnosissimo Matt Damon,
sono altrettanti perfetti correlativi – stilistici e oggettivi – del tema
centrale della pellicola, ovverosia la totale flessibilizzazione della forza
lavoro, con particolare attenzione alla realtà del lavoro straordinario.
Non solo questo
problema è espressamente sottolineato (“Ci costerà una fortuna in
straordinari!” esclamano alla NASA, non appena si accorgono di aver dimenticato
Matt Damon su Marte); non solo l’unico personaggio davvero “geniale” del film,
il nerd interpretato da Donald Glover, è costantemente a pezzi per l’assoluta mancanza
di riposo (nella prima scena in cui appare non fa altro che cascare a terra per
il sonno, e più avanti lo si vede letteralmente “attaccato” al computer
d’ordinanza); ma addirittura gli altri 5 astronauti – e i loro cari sulla
Terra! – non battono ciglio di fronte alla prospettiva di
restare nello spazio per mesi e mesi più del dovuto, pur di assecondare il
piano propagandistico e rischiosissimo portato avanti da Sean Bean (che in
quanto neolib “prestato” al governo alla fine
non ha problemi a dimettersi dalla NASA, di contro al direttore che è un
burocrate “puro”, con il volto prudente e perdente di Jeff Daniels); e la
stessa modalità con cui Bean istiga l’ammutinamento della ciurma dell’Ares 3,
ovvero un messaggio segreto inviato hackerando la casella di posta elettronica
della moglie di uno degli astronauti, segnala l’abbattimento del confine tra
ambito e orario lavorativo e dimensione privata.
Ed è proprio in
base allo slogan “Lavorare di Più/Ma Non Lavorare Tutti” (vedi le folle di
sfaccendati che seguono passo passo le vicende dell’ Ares 3 dai maxischermi di
New York, Londra e Pechino) che va inquadrato lo stesso tema della
colonizzazione dello spazio, per come lo affronta The Martian. Non si tratta
tanto di arare un suolo vergine e da fertilizzare, in cerca di un’alternativa
alla Terra oramai invivibile: “Su questo pianeta non cresce un cazzo” chiarisce
subito il botanico Damon a proposito di Marte. Qui si tratta piuttosto di
accumulare nuovi rapporti di classe; la precondizione per ritrovare la profittabilità
perduta è una rinnovata espropriazione dei lavoratori, ovvero l’azzeramento dei
diritti acquisiti per rendere flessibile la prestazione d’opera: espropriazione
che, con un “effetto fionda” (altro correlativo messo in bocca a Donald Glover,
ma che - rispetto a quello immaginato dall’astrofisico del film - funziona in
senso di marcia inverso: da Marte verso la Terra) parte dall’assoluta
disponibilità lavorativa dei coloni (Matt Damon, stakanovista del capitalismo
suo malgrado, all’inizio del film si trova di fronte alla prospettiva di dover
prolungare di quattro anni la missione rispetto al
contratto di ingaggio) e arriva fino alla NASA, mobilitandone 24x7 il personale
caffeina-dipendente…
…la riuscitissima
esplorazione delle energie che innervano la personalità del carattere cui (è
proprio il caso di dirlo) Matt Damon presta non solo il suo versatile
talento, bensì la carne stessa in tutta la sua cruda fisicità. Si tratta di un
uomo dalla spiccata propensione a non soggiacere ad alcuna avversità gli si
presenti.
Le
sue armi migliori sono i nervi saldi, la laurea in botanica, la capacità di
ironizzare caparbiamente sullo sventuratissimo reale che lo circonda e lo
penetra nel profondo, il desiderio irriducibile di tornare a casa a
riabbracciare l’umanità.
E
tutto questo emerge con tangibile consistenza grazie alla maiuscola performance
dell’attore Premio Oscar, alla sceneggiatura intelligente e
stimolante, senz’alcuna ricaduta in eccessivi tecnicismi o stucchevolezze, alla
regia che fonde sapientemente momenti di puro terrore, divertimento, arcano
spettacolo, senza mai tradire la centralità tutta umana della vicenda, senza
concedere vesti pacchianamente eroiche ad alcun personaggio…
…Divertente, meno pachidermico del romanzo da cui è tratto e
bello dall’inizio alla fine nonostante i 140 minuti di durata, Sopravvissuto –
The Martian è tra le cose migliori fatte da Ridley Scott negli ultimi 15 anni e
il merito va anche allo script di Andrew Goddard, abile nel dribblare derive
rischiose (patriottismo, pipponi scientifici) e nel consegnarci un nuovo
Robinson Crusoe con un mix di leggerezza, avventura, dramma e thrilling
impensabile dopo lo script imbarazzante di World War Z. E alla fine, anche se
non ci sono i piani sequenza di Gravity e i totem filosofici e cosmici di
Interstellar sono lontani anni luce, anche questa fantascienza ha una sua
profonda (e godibilissima) dignità…
…la tecnologia viene infatti messa da
parte per un più coriaceo umanesimo, mentre a salvare la situazione, come nei
classici del genere (uno su tutti: Jurassic Park), è l’outsider, giovane,
apparentemente sprovveduto e intento a fare calcoli notturni con i polpastrelli
ancora intrisi di cheese burger o altro junk food di ordinanza. Se però il deus
ex machina appare piuttosto accessorio e tutto sommato sostituibile con
qualsiasi altra figura attanziale a disposizione della fantasia dello
sceneggiatore, è proprio il discorso sul corpo, sull’uomo e la sua coltura
delle patate a rivelarsi qui particolarmente interessante. Non solo per
risolvere la faccenda è dunque necessaria una progressiva spoliazione
tecnologica della navicella, che deve perdere reattori, alettoni, strumenti di
comando, fino a ridursi, di fatto, nel solo corpo umano lanciato nello spazio,
ma l’individuo nel film di Scott è di fatto un superuomo armato di poteri
fitologici: la nuova frontiera del pioniere del vecchio west.
Nulla di nuovo, certo. Ma dopo tutto, mettendo da parte le spiegazioni scientifiche che qui non ci competono, in fondo se diamo retta all’etimologia il film di Scott funziona proprio come un ri-generatore di isotopi (iso – topos = stesso posto) preleva elementi preesistenti, li cambia un po’ di valore e li posiziona per bene. Magari non è arte e non salva la vita a nessuno, ma con i calcoli giusti può sempre funzionare.
Nulla di nuovo, certo. Ma dopo tutto, mettendo da parte le spiegazioni scientifiche che qui non ci competono, in fondo se diamo retta all’etimologia il film di Scott funziona proprio come un ri-generatore di isotopi (iso – topos = stesso posto) preleva elementi preesistenti, li cambia un po’ di valore e li posiziona per bene. Magari non è arte e non salva la vita a nessuno, ma con i calcoli giusti può sempre funzionare.
Mi hai riconciliato con questo film caro Francesco , ma in questi ultimi tempi si navigava molto nello spazio a livello cinematografico.
RispondiEliminaPremetto che non l'ho visto e non sono una fanatica di Damon, ma dopo la tua esauriente descrizione , penso che non lo perderò..
Un abbraccio serale piovoso!
non è il più bel film dell'anno, ma cose buone ce ne sono :)
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