distribuzione straordinaria, questa settimana addirittura 4 (quattro) sale, qualcuno dirà che è sempre meglio che due sale (spero per non piangere).
i film di Ascanio Celestini, come il suo teatro, sono storie di piccoli lillipuziani contro giganti, a volte indefinibili, come il Potere, la Storia, il Caso, la (S)Fortuna.
i lillipuziani cercano di vivere, o anche solo di sopravvivere, faticosamente, sbagliando, a volte, resistendo.
Zygmunt Bauman li chiamerebbe scarti umani, i dimenticati o trascurati dalla Storia.
non è un film perfetto, ma è un film aspro, spigoloso, vivo.
prodotto (anche) dai fratelli Dardenne, una garanzia, no?
guardatelo, se ve lo fanno guardare - Ismaele
i film di Ascanio Celestini, come il suo teatro, sono storie di piccoli lillipuziani contro giganti, a volte indefinibili, come il Potere, la Storia, il Caso, la (S)Fortuna.
i lillipuziani cercano di vivere, o anche solo di sopravvivere, faticosamente, sbagliando, a volte, resistendo.
Zygmunt Bauman li chiamerebbe scarti umani, i dimenticati o trascurati dalla Storia.
non è un film perfetto, ma è un film aspro, spigoloso, vivo.
prodotto (anche) dai fratelli Dardenne, una garanzia, no?
guardatelo, se ve lo fanno guardare - Ismaele
…L’obiettivo primario di Celestini è
analizzare l’incoerenza e le paure dell’animo umano, costituite nel film dai
numerosi tentativi dei protagonisti di cercare il prossimo, ma al contempo di
respingerlo, ossessionati da un timore tanto invisibile quanto potente. Tale
concetto è incarnato alla perfezione da Nicola, il quale afferma più volte di
voler smettere di bere, ma anche da Sofia, che sogna di trasferirsi in Spagna
oppure da il Concellino, che aspira a costruirsi una vita normale e una
carriera lavorativa.
In Viva la sposa l’essere umano è
contraddistinto dal “voglio, ma non posso”, colto così nella sua totale
contraddittorietà, in una marea di buoni propositi che alla fine non riuscirà a
mantenere.
Ciascuno dei personaggi vaga alla
ricerca di un posto dove stare al sicuro, di un’ancora di salvataggio a cui
aggrapparsi per non annaspare nelle sabbie mobili che secerne la vita
quotidiana, sia che si tratti di un quartiere degradato sia di uno squallido e
sudicio bar di periferia.
Viva la sposa dunque vi
accompagnerà dolcemente mano nella mano nella poliedricità emotiva della
società italiana. Se volete compiere questo viaggio non esitate a farlo.
…A fare da bussola e da chiave di lettura è la
battuta pronunciata da Nicola/Ascanio in apertura e che ribalta il finale del
Pinocchio collodiano. L’essere umano è buffo, meglio il burattino. Perché
l’essere umano celestiniano è fragile e contraddittorio. Cerca il prossimo ma
al contempo lo teme. Fa propositi che poi non mantiene e cerca di sopravvivere
ai margini del luogo dove la finzione si fa arte (Cinecittà). Anche vivendo al
limite della legalità o addirittura superandolo cercando una bellezza che è negata
sia dagli esterni che dagli interni, siano essi un’abitazione/ricovero
degradata o un bar di periferia ultimo approdo di chi vorrebbe raggiungere un
porto sicuro. Magari con in mano una bottiglia di vino con un fiocco rosso.
…Tutto da buttare quindi? Non
proprio. Piace, ad esempio, la scelta di Celestini di prediligere
geografie urbane inusuali, inquadrando con affettuosi movimenti di macchina
quell’affascinante mix di degrado periferico e arte di strada che è oggi il
Quadraro. Ma è un po’ poco per salvare il film dalla
bocciatura. Stupisce semmai, alla luce della risibilità del risultato
finale, l’intervento in fase di produzione di un nome altisonante come quello
dei fratelli Dardenne. Stupisce invece molto meno che Viva la
sposa approdi a Venezia
in una delle sezioni collaterali (Giornate degli Autori) anziché essere
presentato in Concorso, a differenza di quanto accaduto cinque anni fa al ben
più riuscito La pecora nera.
…Siamo sempre nel mondo dei Centri
Sociali romani, dei quartieri post-pasoliniani, dei baretti, delle cene da
mamma la domenica, delle mignotte e dei pappa, della tristezza di non saper
uscire per sempre dal proprio mondo, ma almeno Ascanio Celestini racconta un
mondo che conosce alla perfezione con amore e dolore senza inventarsi un altro
mestiere o altre storie lontane da lui.
Credo che
il bollino produttivo dei Dardenne abbia dato al film un maggior vigore
realistico e gli abbia tolto quel po’ di teatralità da Centro Sociale che in un
film non funziona benissimo. Probabilmente gli ha anche dato un suono perfetto
che la gran parte dei film italiani non hanno. Il resto lo hanno fatto gli
attori e questo quartiere meraviglioso che sullo schermo sembra qualcosa di
completamente nuovo
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