lunedì 12 ottobre 2015

La vita è facile ad occhi chiusi (Vivir es fácil con los ojos cerrados) – David Trueba

arriva finalmente al cinema, solo in una ventina di sale, per non disturbare troppo.
è un film del 2013, aveva vinto diversi premi Goya nel 2014, ne avevo letto bene, e siccome pensavo che non l’avrebbero mai portato da noi, l’ho visto qualche mese fa, in spagnolo. avevo scritto che è
“uno di quei film che non sembrano chissà che, ma le apparenze ingannano.
siamo negli anni '60, Antonio (uno straordinario Javier Cámara) è un professore d'inglese, e insegna la lingua con le canzoni dei Beatles, e quando i Beatles arrivano in Spagna a girare delle scene di un film, come fa Antonio a non andare a parlare con John Lennon?
il viaggio in 850 (il modello dell'auto, non il numero dei viaggiatori)  si arricchisce di due ragazzini, in fuga, autostoppisti, Belén e Juanjo.
se avete imparato l'inglese con le canzoni dei Beatles e a casa avevate una 850 questo è un film imprescindibile, altrimenti è solo un gran bel film, cercatelo (meglio in spagnolo, se non lo capite esistono i sottotitoli), non potrà non piacervi” (qui).
sono andato a vederlo al cinema, e confermo parola per parola quello che avevo già scritto, aggiungo che la musica è di Pat Metheny e Charlie Haden.
è uno di qui film che ti fanno uscire dal cinema col sorriso, ogni tanto non fa male, no?
cercatelo e godetene tutti - Ismaele



Arrivando sulla linea di confine, nel bel mezzo del deserto, il rocambolesco faccia a faccia tra il protagonista e le guardie a difesa del set ci catapulta nella simpatica parentesi di un western movie improvvisato e latente.  È qui che incontriamo lo sguardo del regista, scacciando la patina opaca all’orizzonte: eroi anonimi che combattono contro mulini immobili, il volto della povertà e dell’ignoranza, il desiderio di invertire la rotta percorrendo dapprima brevi tracciati; raggiungere il cambiamento partendo dal basso. Dalla desolante bellezza del sud andaluso. Un liberatorio “Help” riecheggia sulla via del ritorno riempendo il vuoto lasciato dal frettoloso addio dei personaggi che da soli hanno trasportato il peso della libertà dei padri e dei loro figli.

A interpretare l'insegnante d'inglese fan dei Beatles, oggi ottantenne, è il solito impeccabile Javier Cámara, volto pefetto per un film in equilibrio tra la favola e la rievocazione storica, tra la reazione orgogliosa e una ottimistica e ingenua fiducia nel prossimo. Solo alcune delle anime di questo anomalo Road Movie, di un viaggio che porta su strade poco battute. Tra i campi di fragole di Almeria per esempio, provincia andalusa famosa per essersi prestata come set di tanti film, anche western, anche italiani.

Qui si svolge l'apice della vicenda, ed emerge la carica didattica della storia, ma è durante il lungo viaggio del protagonista, e dei suoi due improvvisati compagni, che si costruisce il rapporto tra loro, e con noi. E che prende corpo la capacità del film di attrarre il pubblico. Cámara domina la scena dall'inizio alla fine, ma le figure che Trueba gli mette accanto, arricchendo la storia vera originale, diventano l'occasione per parlare di una parte poco felice della storia nazionale…

Certi film fanno dei giri incredibili per tornare al punto di partenza. La vita è facile ad occhi chiusi sembra un film italiano degli anni ’90, cinema quasi da Salvatores con un po’ del dolceamaro intellettuale della prima Fandango, invece è spagnolo. Uscito dal nostro paese, scritto e realizzato in Spagna, ci arriva con una cartellonistica che sembra gridare cinema italiano…

…Il film prende la can­zone di Len­non e ce la rigira sotto forma di domanda silen­ziosa: era dav­vero facile vivere a occhi chiusi sotto la dit­ta­tura fran­chi­sta? Era l’unico modo? Oppure, come dice David Trueba «i veri eroi sociali sono sem­pre per­sone comuni capaci di supe­rare aspet­ta­tivi e limiti», come accade al goffo e occhia­luto pro­fes­sore nel finale del film? E se Fran­ci­sco Franco, pic­colo di sta­tura, fosse l’energumeno bru­tale che, vigliacco come un fasci­sta, bul­leg­gia Jua­njo, l’inerme ado­le­scente capellone?
Il film apre con Help e chiude con Stra­w­berry Fields Forever, «le uni­che can­zoni sin­cere che ho scritto», dice Len­non a Wen­ner. Par­lano di soli­tu­dine, di biso­gno di aiuto, dell’essere diverso, o un pazzo o un genio. Il prof è entu­sia­sta, tenero e imbra­nato come un fan ado­le­scente, e quando lo bec­cano con una foto ero­tica nella borsa, si giu­sti­fica con la stessa rispo­sta dell’allievo a cui l’ha seque­strata. Non ha figli né fidan­zata: come Len­non, «non c’è nes­suno sul suo albero». Non è un genio, ma è inte­gro e gene­roso. Forse cre­sce pro­prio dopo aver incon­trato il suo idolo, a cui asso­mi­glia anche per gli occhiali che Len­non ha ini­ziato a por­tare sul set del film di Lester, nella Terra delle Fra­gole…

la colonna sonora di La vita è facile ad occhi chiusi ci sbalordisce, perché è insolita, diversa dai principali generi di musica per film ai quali siamo abituati. La composizione è stata affidata all’incredibile chitarrista jazz Pat Metheny, che ha ricevuto il Premio Goya 2014 per la Miglior colonna sonora (ma La vita è facile ad occhi chiusi se ne è portati a casa altri cinque): un riconoscimento, quindi, della scelta di abbandonare la strada principale per percorrere un sentiero meno battuto. Perché, in effetti, la musica di La vita è facile ad occhi chiusi non ci stupisce solo per la quasi totale assenza dei Beatles, ma per la sua semplicità ed esiguità: il film è accompagnato infatti solamente dalla chitarra acustica di Pat Metheny, che ha composto le musiche originali insieme al famoso contrabbassista jazzCharlie Haden (scomparso nell’estate del 2014)…

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