domenica 13 aprile 2014

Katyn - Andrzej Wajda

non ha avuto una grande distribuzione, in Italia, anche se in Polonia l’hanno visto in tre milioni di spettatori.
Wajda (il dio del cinema lo conservi attivo, come De Oliveira va bene) racconta una storia scomoda per 50 anni, fino a che la verità è diventata pubblica e riconosciuta.
la storia è quella di uno sterminio (per mano della NKVD, polizia segreta sovietica) di
almeno ventimila militari, che erano anche intellettuali, e sarebbero stati difficili da addomesticare, e dell’attesa e della ricerca della verità da parte dei familiari delle vittime.
bravissimi attori per un piccolo capolavoro per non indifferenti. 
da non perdere - Ismaele
    
QUI il film completo, con sottotitoli in inglese




Importante e imperdibile, perché rievoca una pagina di storia del Novecento polacco se possibile ancora più infame delle molte, troppe pur spaventose di quegli anni Quaranta di guerra d’Europa. Ed è quel massacro di Katyn in cui, nel 1940, i sovietici invasori del paese fecero fuori 22mila ufficiali dell’esercito polacco fatti prigionieri, per tagliare la testa a una possibile, potenziale resistenza armata. La messa a morte per fucilazione in serie voluta e progettata a Mosca, ma che poi – a guerra finita, a Polonia annessa all’impero del socialismo reale – venne attribuita da Mosca ai tedeschi, onde stornare da sé l’odio popolare e scaricarlo sui già odiati, et pour cause!, nazisti. Aggiungendo l’inganno, la riscrittura falsificante della storia, all’orrore. Ce n’è voluto, perché nella Polonia ancora sovietizzata e poi della ritrovata libertà e sovranità, fosse spezzata la depistante versione ufficiale del massacro e fosse dissepolto e restituito il vero…

Gli esseri umani, le loro storie, non possono cambiare la Storia: la loro unica possibilità, eliminate quelle del compimento personale o dell'attiva partecipazione agli eventi, è la testimonianza, come Andrzej, o la comprensione, come quella della moglie. A patto che dimentichino o tacciano ciò che hanno visto o saputo, oppure che muoiano.  Anche cinematograficamente, l'unico ruolo possibile ai personaggi è lasciare tracce per un futuro indefinito, senza sperare per se stessi nè per la propria lotta. Da questo punto di vista Katyn è una dichiarazione di impotenza, ma di impotenza non superficiale e rinunciataria. Se da una parte il suo compito è quello di raccontare una verità che ancora non era stata abbastanza raccontata, dall'altra il film sembra dimostrare l'impossibilità di raccontare con gli strumenti della narrazione un evento di questa portata, di farci spettacolo, di intrattenere. Sono storie nate morte, significati che si perdono nella sofferenza prima di aver assolto il loro compito di illuminazione. In un film doppio, che prova a raccontare contemporaneamente la Storia e le vicende degli umani che ne fanno parte in qualità di pedine, la prima ha il totale sopravvento. 
E allora Wajda fa un passo indietro, e negli ultimi minuti del suo film abdica dalla parola e dalla narrazione comunemente intesa, e lascia defluire le immagini in un orrore senza spiegazioni né significati, dove lentamente le parole, le domande su che senso abbia ciò che accade, si spengono, e rimangono le immagini nude della tragedia e del massacro. Il finale di Katyn rinuncia a cercare o a dare senso, e semplicemente mostra il metodico processo di eliminazione degli esseri umani. Rimane qualche preghiera e qualche sparuto simbolo religioso in mezzo al sangue e ai cadaveri coperti di calce e terra, poi le stesse immagini scompaiono e l'ultimo minuto è nero, accompagnato dall'Agnus Dei di Penderecki. Nello spegnersi del cinema, in quella che sembra una resa agli eventi, si trova invece per la prima volta un segno di acquisita consapevolezza, nel momento in cui Katyn smette di essere spiegazione tramite narrazione, e diventa finalmente tentativo di testimonianza pura

… Wajda has directed an intensely moving film - as good as, if not better than, the films about wartime Polish resistance that made his reputation in the 1950s. No doubt, this is in part because his own father was one of the murdered officers - but more crucially, perhaps, because he also lived through the period of Stalinist reconstruction of Poland, a period that imposed on him its own complex demands of how to survive without sacrificing the truth. Thus there is no caricature, no simplification. The film possesses an objectivity that does not sacrifice commitment to onesidedness.
It is beautifully filmed, with an astonishing use of muted browns and greens to convey the atmosphere and extraordinary performances from the actors. The music by Penderecki, one of Poland's leading composers, matches the mood perfectly. And the film's climax is extraordinarily gripping, not least because it suggests that the truth cannot be buried forever.

Esta ambiciosa película afrontaba en sus estructuras tres principales retos. El primero, histórico, por sacar a relucir el monstruoso crimen de Estado de la KGB (policía secreta soviética), al aprobar Stalin y su gobierno el asesinato, en el bosque de Katyn, de gran parte de la oficialidad del ejército polaco, hecha prisionera a traición, en una guerra no declarada. El segundo reto, artístico, por la dificultad de mostrar estéticamente un acontecimiento inicuo, manipulado ante la opinión mundial. Atribuido primero por los soviets al ejército alemán que lo identificó, ocultado luego al tribunal internacional de crímenes de guerra en Nuremberg con flagrante violación de la justicia y de la historia. El tercer desafío, era de orden más sentimental, pues uno de los oficiales asesinados fue el capitán Jakub Wajda, padre del director del film, entonces muchacho de 13 años. Este debió huir con su madre a Cracovia y ocultar su parentesco, no sólo ante los ocupantes, alemanes y rusos, sino también luego, ante el gobierno comunista polaco. El más famoso de los actuales realizadores de la escuela de Lodz, ha debido esperar más de medio siglo, para reivindicar la memoria del padre y llenar un vacío tabuizado de la historia patria y del cine polaco…

In 1940, some 15,000 officers of the Polish army were rounded up, transported in sealed buses to a forest named Katyn, shot in the back of their heads by the Russian KGB and buried in mass graves. That is the simple truth. When the nation was occupied by both the Nazis and Soviets, their deaths were masked in silence. Then the Nazis dug up the graves and blamed the deaths on the Soviets. After the defeat of Hitler and the Soviet occupation of Poland, history was rewritten and the official version blamed the massacre on the Nazis.
One of the officers murdered that day was Jakub Wajda, whose son Andrzej would become a leading Polish film director, and one of the chroniclers of the Solidarity movement. Now 82, Andrzej has evoked what happened that day and how it infected Polish society for 50 years. Reflect that everyone in Poland knew the truth of the massacre, but to lie about it became an official requirement under the Soviet-controlled regime. Thus, in some cases, to gain immunity or advancement in postwar Poland required parents and children, brothers and sisters of the dead to remain silent about their fates…
continua qui 

6 commenti:

  1. dovrei rivederlo, lo ricordo a malappena :)

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    1. se si conosce qualcosa in più del massacro di Katyn (http://stanlec.blogspot.it/2014/04/13-aprile1943-scoperta-del-massacro-di.html) il film è ancora più forte, vedrai...

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  2. Film fantastico. Avrei voluto pubblicare tre o quattro post su altrettanti film di Wajda ma non ho più a disposizione il tempo che avevo qualche anno fa. Ma questo film merita davvero. Spero ddi poterlo rivedere.

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    1. Wajda è un monumento, e tutto quello che fa mi piace, i film minori sono solo molto belli, gli altri capolavori.

      il cinema polacco mi sembra in salute splendida, hanno qualcuno a cui ispirarsi, foese

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  3. L'ho visto e lo rivedrei. Me lo ricordo asciutto e incisivo, e allo stesso tempo agghiacciante, nella sequenza finale col ritmo dei colpi di pistola, l'esecuzione uno per uno di tutte quelle migliaia di persone.

    resta da capire una cosa: perché i polacchi, i tedeschi, i francesi, gli olandesi, han fatto film che, più o meno riusciti, hanno fatto i conti con le nefandezze della loro storia del XX secolo, gli italiani invece forse ancora no.

    PS
    mi piace tutto quel che è polacco, è un Paese bello da visitare e conoscere.

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    1. noi siamo brava gente, noi abbiamo fatto le nefandezze con più umanità, noi perdoniamo, noi rimuoviamo, noi dimentichiamo.

      ps:
      pensa che l'altro blog mio ha il nome di Stanislaw Jerzy Lec :)

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